Nel 2024 si tengono elezioni in 76 paesi che coinvolgono circa la metà della popolazione globale, a partire da India, Stati Uniti e Unione europea. Può essere l’anno che stravolgerà gli equilibri geopolitici.
L’anno che sta arrivando può essere davvero in grado di cambiare il volto politico della Terra. Per la prima volta nella storia, infatti, nell’arco del 2024 si terranno elezioni in ben 76 Paesi, per un totale di 2 miliardi di elettori che decideranno i destini di ben 4 miliardi di persone. E in alcuni casi saranno elezioni dal peso geopolitico enorme, capaci di sconvolgere tutti gli equilibri attuali, come la nostra Unione europea, gli Stati Uniti, l’immensa India e perfino la piccola Taiwan. C’è un “però”: secondo il Democracy index 2022 redatto dall’Economist, nella metà dei paesi al voto non vige un sistema democratico compiuto (l’Economist definisce tali quelli che soddisfano i requisiti di pluralismo, trasparenza dei processi elettorali, rispetto delle libertà civili, regolare funzionamento del governo,
sufficiente partecipazione politica e presenza di una vera cultura politica) e le elezioni non saranno un vero esercizio di libertà e democrazia, bensì una sorta di farsa.
Elezioni 2024, un giro del mondo in ordine cronologico
Andando al contrario, dove non si vota è l’Ucraina, anche se si sarebbe dovuto: la scadenza del mandato di Volodymyr Zelensky era prevista nel 2024, ma la legge marziale in vigore dall’inizio dell’invasione russa consente di rimandare le elezioni 2024 che, oggettivamente, sarebbe stato complicato organizzare. Di seguito invece abbiamo elencato le elezioni 2024 più importanti tra quelle previste in 76 paesi, compresi quelli dell’Unione europea. L’ordine che abbiamo scelto, però, è cronologico, con qualche correzione ragionata.
1. Taiwan, c’è in gioco il rischio di un’invasione militare
Si parte proprio dalle elezioni presidenziali e legislative di Taiwan, che si tengono il 13 gennaio e definiscono il prossimo capo di stato e il parlamento dell’isola, che la Cina considera una provincia ribelle. Queste elezioni saranno cruciali per il futuro di Taiwan, con la minaccia di un’eventuale invasione militare da parte di Pechino, che da qualche anno spinge per la riunificazione, il sostegno degli Stati Uniti e di altri paesi democratici, la difesa della sovranità e della democrazia e lo sviluppo economico e sociale. Le (pericolose) ripercussioni delle elezioni andranno dunque ben oltre i confini della piccola Taiwan, e soprattutto nelle relazioni Usa-Cina: sia che dovesse vincere il Partito progressista democratico, vicino agli Usa e indipendentista, sia che invece prevalga il Kuomintang, più filo-cinese. Qualche chance di dialogo in più in caso di vittoria del Partito popolare, che mira a trovare un equilibro tra indipendenza e ‘controllo’ cinese.
2. India, Bangladesh e Pakistan: miriadi di persone al voto
Tutti i Paesi più grandi del subcontinente indiano vanno alle urne nel 2024, per un totale di quasi 2 miliardi di abitanti.
A gennaio è il turno del Bangladesh, scrigno di multinazionali che sfruttano la manodopera locale a basso, bassissimo costo: il paese è governato da un regime autoritario da oltre tre decenni, mentre il Partito nazionalista lotta per difendere i diritti dei lavoratori, ma i suoi leader siano per lo più incarcerati o in esilio.
In Pakistan si torna al voto l’8 febbraio dopo la deposizione del presidente uscente Imran Khan per corruzione. Un elemento di tensione potrebbe essere rappresentato dal movimento separatista del Belucistan.
In India si vota in primavera, per eleggere i membri della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento. L’obiettivo del primo ministro Narendra Modi, grande amico della premier italiana Giorgia Meloni con la quale condivide una impronta nazionalista e relazioni nel campo della difesa e della transizione energetica, è continuare il percorso di scivolamento del paese verso il nazionalismo e la teocrazia hindu, e addirittura cambiare il nome da India (di stampo colonialista) al sanscrito Bharat, mentre il peso politico, economico e ‘inquinante” del paese meriterebbe una visione più illuminata.
Il selfie pubblicato su Instagram da Giorgia Meloni dalla #COP28 insieme al Presidente indiano Modi ha superato ogni record della politica italiana sui social, con circa 1,7 milioni di like, dovuti in gran parte all'interesse della popolazione indiana per il legame di simpatia… pic.twitter.com/4ufeE5jtYR
3. Russia (e Bielorussia), le uniche elezioni 2024 di cui si conosce già il vincitore
Le elezioni presidenziali russe si tengono il 17 marzo e vedranno il presidente Vladimir Putin candidarsi per un sesto mandato, dopo aver modificato la costituzione nel 2020 per poter restare al potere fino al 2036. Queste elezioni sono rilevanti, almeno sulla carta, per il futuro della Russia, con le sfide interne ed esterne che il paese deve affrontare, come il prosieguo della guerra in Ucraina, la repressione dell’opposizione, la crisi economica, la tensione con l’Occidente e il coinvolgimento in vari conflitti regionali. Ma la vittoria di Putin, in una sistema democratico solo in apparenza, non è in discussione. Diverso è il discorso per gli equilibri di potere interni al partito.
Lo stesso dicasi per la Bielorussia di Alexander Lukashenko, praticamente satellite di Mosca, al voto il 24 febbraio: secondo il Consiglio europeo attualmente quasi 1.500 prigionieri politici sono in carcere in condizioni spaventose, esposti a maltrattamenti e torture e senza accesso ai servizi sanitari essenziali, il che lascia immaginare il contesto in cui si svolgeranno le elezioni.
Leak in Russia: Central Election Commission has been issued benchmarks for the March 2024 'election' which Putin will 'win': – Record turnout of around 75%. (For reference, actual turnout in Russia's elections is estimated at 20-25%) – Putin's vote share will be 80-85%. pic.twitter.com/EQycLYiuDI
4. Portogallo, Belgio e Austria votano anche per il parlamento nazionale
I cittadini di questi tre paesi europei andranno al voto due volte quest’anno, un bel primato: per le politiche nazionali e per il rinnovo del Parlamento europeo (che vediamo tra poco).
Il Portogallo, paese tra i più avviati verso la transizione green, vota prima delle Europee, il 10 marzo, e quindi potrebbe fungere da exit poll per tutto il Vecchio continente. Il caso di Lisbona è paradossale: il premier Antonio Costa si è dimesso perché coinvolto in uno scandalo di corruzione, poi si è scoperto che l’indagato non era lui ma il ministro dell’Economia, suo omonimo. In ogni caso, il Partito socialista deve vedersela con il Partito socialdemocratico, di centrodestra, e altri partiti minori.
Il Belgio vota a giugno, in contemporanea con le elezioni europee, per cercare di risolvere una instabilità cronica che vede il cuore dell’Europa unita, divisa in tre comunità linguistiche e governato da una coalizione di sette partiti. Instabilità che nel 2021 ha portato il paese a subire persino una condanna per inazione climatica.
Le elezioni legislative in Austria invece si tengono entro l’autunno e, viceversa, potrebbero essere influenzate dai risultati delle elezioni europee: elle più recente tornate amministrative, diverse regioni austriache hanno registrato un avanzamento dell’estrema destra, che potrebbe avere buon gioco soprattutto se da Bruxelles dovesse uscire un europarlamento più conservatore di quello uscente.
5. Regno Unito, elezioni 2024: le prime dopo la Brexit
Le elezioni generali britanniche, le prime dopo la Brexit e dopo un duplice ribaltone al 10 di Downing Street, storica residenza ufficiale del primo ministro inglese, dovrebbero tenersi in primavera e hanno lo scopo di definire il nuovo governo del Regno Unito che ha lasciato l’Unione nel 2020. Queste elezioni sono importanti per il futuro del paese, con la questione dell’unità nazionale, la gestione delle conseguenze della crisi in cui economica e politica dovuta alla combinazione di Brexit e pandemia che è costata il posto prima a Boris Johnson e poi a Liz Truss, prima dell’arrivo dell’attuale primo ministro Rishi Sunak.
On my way home to Yorkshire, I got the opportunity to thank just a few of the amazing people who keep this country going.
6. L’Unione europea vota per il parlamento: c’è in gioco il futuro della transizione ecologica
Ed eccoci a noi: le elezioni per il Parlamento europeo si svolgono dal 6 al 9 giugno 2024 e hanno lo scopo di definire la nuova composizione dell’assemblea legislativa di Strasburgo che rappresenta oltre 450 milioni di persone. I cinque anni di Ursula von der Leyen rimagono storici per la portata degli eventi sopportati e supportati: la prima volta dell’addio di un paese membro, la pandemia e l’imponente piano di ripresa rappresentato dal Next Generation Eu (in Italia lo chiamiamo Pnrr), la sospensione delle regole di stabilità e crescita, la spinta verso la transizione green e l’indipendenza dal gas russo accelerata dalla guerra in Ucraina, l’avvio delle procedure di allargamento ai Balcani, alla Georgia, all’Ucraina stessa. Queste elezioni saranno decisive per il destino dell’integrazione europea, con la sfida tra le forze pro-europee e quelle euroscettiche e sovraniste, che puntano a cambiare o addirittura distruggere il progetto comunitario. Un vero punto di svolta globale.
7. Messico, una sfida tutta al femminile
Le elezioni presidenziali messicane si tengono il 2 luglio 2024 per scegliere il successore di Andrés Manuel López Obrador, noto come Amlo, che per legge non può ricandidarsi. Le principali forze politiche sono il Movimento di rigenerazione nazionale, di sinistra, guidato da Claudia Sheinbaum, ex sindaco di Città del Messico, e il Partito d’Azione Nazionale, di destra, guidato da Xochtil Galvez: due donne, di cui una di origine indigena. Le elezioni del Messico, al tempo stesso il più grande produttore di automobili e di prodotti agricoli del continente americano, hanno un impatto notevole sui rapporti con gli Stati Uniti in termini di relazioni industriali, ma anche di migrazioni e di lotta al traffico di stupefacenti: il Messico è una di quelle democrazie imperfette che ha bisogno di compiere quello step ulteriore per diventare un vero riferimento per la stabilità di tutta la regione.
8. Iran e Venezuela, quando votare vuol dire subire
Così diverse, così lontane, ma accomunate da una certezza: quelle del 2024 sono elezioni che non cambieranno le sorti di questi paesi nonostante la crisi economica e sociale del paese sudamericano e le grandissime proteste di piazza che ci sono verificate nell’ultimo anno in Iran, al grido di Donna, vita, libertà, dal giorno dell’uccisione di Mahsa Amini, colpevole di non aver indossato in modo corretto il velo, l’hijab, sul capo. Si vota il 1 marzo, ma il processo per una vera democrazia, in questi paesi, è ancora lungo e non passa esclusivamente per il diritto al voto.
A dicembre tocca al Venezuela, dove il sogno socialista dell’ex presidente Hugo Chávez è scivolato nell’incubo rappresentato dal governo di Nicolás Maduro, esce da anni di crisi economica gravissima, appena alleviata dai ritrovati rapporti con i vicini Brasile e Colombia (dopo le vittorie di due presidenti socialisti) e da un ritrovato potere petrolifero, è un paese dove le opposizioni sono perseguitate e dove un recente referendum ha sancito unilateralmente l’annessione della vicina Guyana Esequibo: gli esempi ucraini della Crimea e del Donbass dovrebbero insegnare che quando le cose vanno in un certo modo, il rischio è che finiscano peggio.
9. Stati Uniti, le uniche elezioni davvero in bilico e che tengono col fiato sospeso tutto il mondo
La tradizione e il futuro della democrazia: le presidenziali statunitensi si tengono il 5 novembre e che sono quelle che più influenzeranno le relazioni internazionali a partire dal 2025. Il presidente uscente Joe Biden, democratico, non conosce ancora ufficialmente il suo sfidante repubblicano: dovrebbe essere l’ex presidente Donald Trump, ma ora sta affrontando sentenze che rischiano di tenerlo lontano dai giochi e quindi dalla candidatura dopo la condanna per l’assalto a Capitol Hill del gennaio 2021: il rischio per il tycoon è che altre corti giungano alla stessa conclusione di Colorado e Maine. Altrimenti Trump sarebbe già il favorito per un secondo mandato che stravolgerebbe le politiche statunitensi in vari campi, per esempio in termini di sostegno all’Ucraina e di lotta contro la crisi climatica, un tema in cuiTrump è oltre il limite del negazionismo.
Il Maine squalifica Trump dalle primarie 2024. Sulla base del 14mo emendamento della Costituzione #ANSAhttps://t.co/rT9eRHBeWA
È il continente delle democrazie mancate, secondo il Democracy index, ma nonostante questo nel 2024 si vota in molti paesi chiave: la Tunisia, al voto per la prima volta dall’auto-colpo di stato di Kaïs Saïed che ha sciolto il Parlamento, l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, il Sudafrica, il Sud Sudan (a dicembre, o almeno così ha promesso l’esercito), e ancora in Algeria, Ciad, Ghana, Mauritania, Mauritius, Mozambico, Namibia, Ruanda. Non si voterà invece in Mali: qui, dopo il colpo di Stato del 2021, le elezioni sono state rinviate a data da destinarsi. In tutto, parliamo di 340 milioni di persone, e di paesi strategici dal punto di vista geopolitico (l’Egitto, così coinvolto nel conflitto in Medio Oriente, la Tunisia e l’Algeria per il loro di ponte tra Europa e Africa) o economico, come il Sud Africa che rappresenta una delle principali economie mondiali emergenti, senza contare le conseguenze su migrazioni e diritti umani: eventi dunque da non sottovalutare.
Conclusioni: incastri decisivi per il futuro del clima e delle guerre?
In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, un singolo risultato elettorale ne può influenzare altri, e può influenzare i rapporti tra potenze e tra intere regioni del mondo: da qui la scelta di tenere un ordine (più o meno) cronologico. Di certo gli appuntamenti fondamentali saranno quelli europei e statunitensi: se l’Unione Europea in questi 5 anni si è dimostrata leader nella spinta verso la transizione ecologica ma piuttosto debole nella gestione delle crisi internazionali (vedi le guerre scoppiate proprio alle porte del continente), l’impatto della politica estera degli Stati Uniti è da sempre fortissimo in ogni angolo del pianeta: molto del futuro del mondo, dunque dipende da come si incastreranno i risultati di queste due enormi tornate elettorali, e dai rapporti che Usa e Ue sapranno instaurare con tutti gli altri attori internazionali.
Il Partito della Libertà (Fpö) ha ottenuto il miglior risultato di sempre, contemporaneo al tonfo di conservatori, socialdemocratici e verdi. Tuttavia per l’Fpö non sarà facile formare un governo.
È il day after delle elezioni europee. In Italia bene Fratelli d’Italia, ma anche il Partito Democratico. In Europa l’ondata nera c’è stata, ma meno incisiva del previsto.
L’intelligenza artificiale e la digitalizzazione non sono una priorità per i partiti candidati alle europee, tra proposte confuse, dichiarazioni di intenti e programmi che non ne fanno menzione.
In vista delle elezioni dell’8-9 giugno, è utile capire meglio com’è organizzato il Parlamento europeo, di cosa si occupa e come si è evoluto nel tempo.
Alle elezioni europee del 2024 gli studenti fuorisede potranno votare senza dover affrontare lunghi viaggi. Una misura sperimentale, con alcuni limiti.