Elezioni in Brasile, si avvicina la sfida tra Lula e Bolsonaro. Record di candidati indigeni

Lula e Bolsonaro si contendono le elezioni brasiliane del 2 ottobre 2022. In gioco c’è anche il futuro della foresta amazzonica e dei popoli indigeni.

  • Domenica 2 ottobre si terranno le elezioni in Brasile.
  • I principali contendenti sono il presidente in carica Jair Bolsonaro e il suo sfidante Lula, già presidente dal 2003 al 2011.
  • I candidati indigeni sono ben 181, un record storico.

“Sei il presidente che ha guidato il governo più corrotto nella storia del Brasile”. “Hai distrutto il Brasile e continui a distruggerlo”. Sono volati stracci durante il primo confronto televisivo tra i candidati alle elezioni brasiliane, in programma domenica 2 ottobre. Soprattutto tra i due principali contendenti, il presidente in carica Jair Bolsonaro e il suo sfidante Lula (Luiz Inácio Lula da Silva), già presidente dal 2003 al 2011. Il sondaggio più recente presentato dall’agenzia Datafolha vede Lula in vantaggio con il 45 per cento delle intenzioni di voto, contro il 34 per cento (in crescita) di Bolsonaro. Minoritarie le intenzioni di voto per gli altri nove candidati alla presidenza.

La tensione è alta, così come la posta in gioco, in un paese che, a partire dall’inizio del 2020, ha perso 680mila persone per la Covid-19 e più di tre milioni di ettari di foresta tropicale primaria (conteggio da cui manca ancora il 2022). Un paese in cui l’economia sta vivendo un bel rimbalzo, anche grazie all’aumento dei prezzi delle materie prime che vengono esportate. I cittadini però ne beneficiano solo in misura molto marginale, schiacciati dall’inflazione e divisi da profonde disuguaglianze. Facciamo quindi il punto sui candidati alle elezioni brasiliane.

Il ritorno di Lula

Il candidato di sinistra Lula spera in un ritorno, dopo due mandati da presidente e 580 giorni trascorsi in carcere. La sua carriera politica è stata infatti bruscamente interrotta dall’operazione Autolavaggio, una vastissima indagine per riciclaggio di denaro e corruzione. Condannato nel 2017 a nove anni per aver accettato denaro dalla società petrolifera Petrobras, poi aumentati a tredici in appello, è tornato in libertà nel 2019 dopo l’annullamento di tutte le sentenze. Durante questa lunga e controversa vicenda giudiziaria, si è sempre dichiarato vittima di una persecuzione politica.

“Siamo pronti non solo a vincere le elezioni del 2 ottobre, ma anche a ricostruire e trasformare il Brasile”, ha dichiarato Lula a un evento di lancio della campagna elettorale. Nel concreto, il suo Partido dos trabalhadores (Pt) punta sul credito per le imprese, sull’adeguamento del salario minimo, sul ripristino di programmi come Minha casa minha vida (per agevolare l’acquisto della prima casa) e Luz para todos (per portare l’elettricità da fonti rinnovabili nelle aree rurali). Così Lula vuole porsi in continuità con i suoi precedenti governi, fortemente focalizzati sulla lotta contro la povertà. Il numero di persone che soffrivano la fame in Brasile è calato di 10 milioni di unità in vent’anni, tra il 1992 e il 2013.

Parlando ai giornalisti, il candidato di sinistra ha promesso anche di “porre fine all’estrazione illegale di oro e combattere seriamente contro la deforestazione”, impedendo che gli alberi vengano abbattuti per fare spazio a pascoli e piantagioni di soia. E di restituire i giusti poteri ad autorità di monitoraggio come l’Istituto brasiliano dell’ambiente e delle risorse naturali (Ibama), indebolite negli ultimi quattro anni.

lula ex presidente brasile
Luiz Inácio Lula da Silva è stato presidente del Brasile dal 2003 al 2011 © Victor Moriyama/Getty Images

L’eredità di Jair Bolsonaro

Anche il presidente in carica prova a conquistare la fiducia delle fasce più povere della popolazione, promettendo sussidi in denaro alle famiglie bisognose. Famiglie che in questi mesi si sono trovate molto in difficoltà per la perdita di valore del denaro; a ciò si aggiunge il pesante bilancio sanitario e sociale di una pandemia che lo stesso Jair Bolsonaro ha cercato a lungo di minimizzare. È stato invece un periodo d’oro per le potenti lobby dell’agribusiness, apertamente sostenute dal governo anche a costo di allentare visibilmente le tutele previste per la foresta amazzonica, il polmone verde del pianeta.

Il Time fa notare quanto Bolsonaro in carica si sia mostrato molto accentratore, emettendo a più riprese decreti che bypassavano il Congresso e cercando di mettere a tacere le critiche. Quando la Corte suprema ha bloccato alcune sue iniziative, ha invitato i suoi sostenitori a scendere in piazza. Situazioni delicate, in un paese che dal 1964 al 1985 è stato retto da una dittatura militare. E non è detto che Jair Bolsonaro sia pronto ad accettare i risultati della tornata elettorale, visto che più volte ha parlato apertamente di rischio brogli nel sistema di voto elettronico, pur senza prove.

bolsonaro brasile
Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro © Buda Mendes/Getty Images

Come funzionano le elezioni brasiliane

A differenza dell’Italia, il Brasile è una repubblica presidenziale in cui il capo del governo è anche capo di stato. Se il 2 ottobre nessun candidato otterrà più del 50 per cento dei voti, i cittadini torneranno alle urne il 30 ottobre per il ballottaggio. Il vincitore resterà in carica per quattro anni.

Alle elezioni brasiliane si vota anche per il Congresso nazionale, cioè l’organo legislativo del paese, l’equivalente del nostro Parlamento. È suddiviso in due. La Câmara dos Deputados ha un numero di membri proporzionale a quello della popolazione e verrà completamente rinnovata. Il Senato invece ha tre seggi per ciascuno degli stati federati: quelli in palio il 2 ottobre sono 27 su 81.

I cittadini sono chiamati anche a eleggere i nuovi governatori dei 27 stati federati.

Il voto si svolge in modalità elettronica. È obbligatorio per i cittadini di età compresa tra i 18 e i 69 anni, mentre è facoltativo per i giovani di 16 e 17 anni, per gli over 70 e gli analfabeti.

181 candidati alle elezioni brasiliane sono indigeni

Prima ancora di conoscerne l’esito, le elezioni brasiliane del 2022 hanno già segnato un record: quello per il maggior numero di candidati indigeni ai seggi in Parlamento. Sono ben 181, il 36 per cento in più rispetto alla tornata elettorale del 2018. Molti di loro non avevano mai militato all’interno di un partito. Un’improvvisa ondata di impegno per la politica che suona come un segnale, dopo quattro anni n cui l’amministrazione guidata da Bolsonaro ha sferzato attacchi a più riprese ai diritti dei popoli nativi. A tal punto che l’Articolazione dei popoli indigeni del Brasile (Apib) si è addirittura rivolta alla Corte penale internazionale, per accusarlo di genocidio ed ecocidio. C’è anche una candidata indigena alla vicepresidenza: si tratta di Künã Yporã Tremembé che milita al fianco di Vera Lúcia Salgado per il Partito socialista unificato dei lavoratori (Partido socialista dos trabalhadores unificado), di ispirazione trotzkista.

“C’è la necessità di avere una rappresentanza politica indigena nel congresso nazionale. Non possiamo permettere che qualcun altro parli in nostra vece”, ha dichiarato a LifeGate Vanda Ortega, trentacinquenne di etnia Witoto. Educatrice e infermiera, vive nello stato di Amazonas, nel Parque das tribos di Manaus, la prima comunità indigena riconosciuta in Brasile in contesto urbano. Lì la conoscono tutti perché, fin dallo scoppio della pandemia, è andata di casa in casa ad assistere chi aveva bisogno di farmaci o di mascherine.

Anche Ortega è alla sua prima esperienza politica e ha deciso di candidarsi per Lula. Finora, soltanto due persone indigene hanno ottenuto un seggio al Congresso brasiliano: nel 1982 Mário Juruna, del popolo Xavante, e nel 2018 Joênia Wapichana, eletta nello stato di Roraima. D’altra parte, al censimento del 2010 solo lo 0,5 per cento della popolazione si è identificato come indigeno: una percentuale nettamente sottostimata rispetto al dato reale, figlio anche di decenni di sradicamento e rimozione dell’identità dei popoli nativi.

Anche gli elettori dello stato di Amazonas, coperto per la maggior parte dalla foresta amazzonica, nel 2018 si sono espressi a favore di Bolsonaro e hanno eletto al Congresso otto uomini, quattro dei quali provenienti dal mondo dell’agribusiness. “Se sarò scelta, sarà una grande sfida”, promette Ortega. “Andremo a occupare uno spazio che non è pensato per le donne, soprattutto indigene”.

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