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Elezioni in Nicaragua. Vince Ortega con più del 70 per cento dei voti
Il 6 novembre si sono tenute le elezioni in Nicaragua. Gli elettori erano chiamati a scegliere il presidente e il vicepresidente del paese, i membri dell’assemblea nazionale e i rappresentanti nicaraguensi del Parlamento centroamericano, un’organizzazione internazionale volta all’integrazione tra i paesi dell’America centrale. Il presidente in carica Daniel Ortega, leader del Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln), insieme
Il 6 novembre si sono tenute le elezioni in Nicaragua. Gli elettori erano chiamati a scegliere il presidente e il vicepresidente del paese, i membri dell’assemblea nazionale e i rappresentanti nicaraguensi del Parlamento centroamericano, un’organizzazione internazionale volta all’integrazione tra i paesi dell’America centrale. Il presidente in carica Daniel Ortega, leader del Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln), insieme al suo vice nonché moglie Rosario Murillo ha ottenuto il 72 per cento dei voti, con circa i due terzi delle schede scrutinate.
I risultati erano piuttosto prevedibili visto che Ortega non avevano una vera concorrenza. Nel 2014 la costituzione è stata cambiata per permettere un numero illimitato di mandati presidenziali e a giugno di quest’anno la Corte suprema ha preso la decisione controversa di escludere dalle elezioni Eduardo Montealegre, leader dell’opposizione e del Partito liberale indipendente (Pli) e ormai ex rivale del presidente in carica Daniel Ortega.
L’illusione della democrazia in Nicaragua
Le procedure elettorali in Nicaragua sono state ampiamente criticate in passato sia dalle organizzazioni della società civile che dalla comunità internazionale. L’assenza di trasparenza e l’aumento graduale del controllo del partito di Ortega sulle istituzioni democratiche hanno minato le ambizioni democratiche del paese in molte occasioni. La credibilità delle elezioni è diminuita a causa di irregolarità diventate abituali, come i ritardi non giustificati nella registrazione degli elettori, le liste dei votanti non aggiornate (ad esempio, nelle elezioni del 2011 il 71 per cento dei registri includeva nomi di persone decedute), e la rappresentanza sproporzionata negli organi elettorali.
Si è persino arrivati a ricorrere a vie giudiziarie per escludere i gruppi dell’opposizione dalle procedure elettorali, come nel caso di Yatama, il principale partito indigeno che nel 2000 era stato escluso illegalmente dalle elezioni municipali. Inoltre, a giugno Ortega ha annunciato che il Nicaragua non accetterà osservatori internazionali per controllare le elezioni. “Osservatori svergognati. Qui si ferma la vostra osservazione! Andate a osservare altri paesi se volete”, ha affermato.
Le basi instabili della popolarità di Daniel Ortega
Secondo gli osservatori la popolarità di Ortega e del suo partito può essere attribuita soprattutto agli sviluppi sociali ed economici del paese: livelli di povertà più bassi e un migliore accesso all’istruzione e ai servizi sociali. Le organizzazioni della società civile sottolineano, però, che questo sviluppo non è stato raggiunto in tutto il paese. Più del 60 per cento delle aree rurali registrano, infatti, livelli di povertà estrema, con le popolazioni indigene e i gruppi afroamericani tra le fasce più colpite. Va anche segnalato che l’andamento dello sviluppo è stato messo in discussione per il fatto che la crescita economica del paese è notevolmente più lenta del resto della regione e che il Nicaragua ha il prodotto interno lordo più basso di tutta l’America centrale.
Una storia che si ripete
L’abuso di potere “vanta” una lunga tradizione in Nicaragua. Il paese è stato assoggettato alla dittatura ereditaria della famiglia Somosa dal 1927 al 1979, per poi essere devastato da una guerra civile sanguinosa tra i sandinisti di sinistra, che deposero la dittatura dei Somosa, e i ribelli controrivoluzionari, i contras. Il Nicaragua ha cominciato a ritrovare la sua stabilità dopo le prime elezioni democratiche nel 1984 e alla conseguente istituzionalizzazione degli strumenti della democrazia, in particolare grazie alla riforma del 1987 che estendeva il controllo legislativo al sistema politico. Dopo che i sandinisti guidati da Ortega hanno perso il potere nelle prime elezioni davvero democratiche nel 1990 a favore di Violetta Barrios de Chamorro, il primo presidente donna delle Americhe, il partito ha comunque mantenuto una presenza significativa nella legislatura e dal 2006 ha la più grande rappresentanza al governo con Ortega come presidente. Paradossalmente il Fsln, entrato nella scena politica lottando contro la dittatura, è la stessa forza politica che oggi sta mettendo a dura prova il consolidamento della democrazia.
I risultati delle elezioni imminenti sembrano già decisi. Il dubbio, però, è se la storia possa ripetersi in un susseguirsi di scoraggianti déjà vu.
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