L’estensione dell’orario di apertura delle urne non incrementa l’affluenza, rafforzando l’idea secondo cui i cittadini rifiutano il regime rimanendo a casa.
Come da previsioni, alle elezioni in Iran ha vinto l’astensione. Al momento della chiusura dei seggi la sera dell’1 marzo, i primi dati resi pubblici, e non ancora ufficiali, confermano che l’affluenza a livello nazionale si è fermata al 40,6 per cento. A nulla è servito aumentare di due ore l’apertura dei seggi, l’affluenza è ai minimi storici. L’establishment sperava di superare il 42,5 per cento di affluenza registrato nel 2020, che fino a quel momento è stato il dato più basso mai registrato. Emblematico il caso della capitale Teheran, dove l’affluenza, sempre secondo i primi dati diffusi, si è fermata al 27 per cento dopo dieci ore di votazione.
Il regime iraniano aveva puntato molto su superamento del dato dell’affluenza del 2020, poiché ritiene che una forte dimostrazione di impegno politico avrebbe allontanato l’accusa di aver esaurito la propria legittimità o di non essere in grado di soddisfare le esigenze fondamentali del popolo iraniano in termini di progresso economico e libertà personale.
La popolazione, quindi, sembra aver risposto positivamente alla chiamata di boicottaggio da parte delle opposizioni, che addirittura rivendicano come una vittoria l’astensionismo dell’ex presidente ultraconservatore Mohammad Khatami, e dei gruppi giovanili, che continuano a portare avanti gli ideali delle proteste iniziate nel settembre 2022.
I conservatori hanno ottenuto la maggioranza alle elezioni
Lo spoglio dei voti per l’assegnazione dei 290 seggi al Parlamento e degli 88 membri dell’Assemblea degli esperti è continuato tutto il weekend. Secondo i risultati preliminari a ottenere la maggioranza dei seggi in entrambe le istituzioni sono state le coalizioni ultraconservatrici.
Tra i candidati alle elezioni, sono arrivati per primi gli ultraconservatori Mahmoud Nabavian e Hamid Reza, seguiti da Amir Hossein Sabeti, 35enne conduttore della televisione di Stato, per la prima volta eletto in Parlamento. L’ex speaker parlamentare Mohammad Bagher Ghalibaf si è classificato solo al quarto posto.
Il Presidente Ebrahim Raisi ha facilmente rinnovato il suo posto all’Assemblea degli Esperti per la terza volta, assicurandosi più dell’82 per cento dei voti nella provincia del Khorasan meridionale, situata nell’Iran orientale.
Il declino di Khamenei?
Due tendenze significative caratterizzano le elezioni orchestrate del 2024 in Iran: la notevole rilevanza dei voti non validi o nulli e le lotte interne tra le fazioni vincenti fedeli a Khamenei.
Gli ultraconservatori non si sono presentati in un’unica coalizione, ma hanno schierato molteplici liste, i cui rappresentanti eserciteranno una notevole influenza nella gestione del Parlamento. I conflitti interni tra le fazioni pro-Khamenei sono esacerbati dall’assenza di politici più moderati, ai quali è stato impedito di concorrere alle elezioni.
Il numero senza precedenti di schede bianche e le lotte intestine tra gli ultraconservatori sottolineano il venir meno dell’influenza di Khamenei sui suoi sostenitori. Anche se dai voti, con gli ultraconservatori che detengono di fatto in mano le due istituzioni, sembrerebbe che Khamenei sia uscito vincitore dalle urne, l’affluenza così bassa e il boicottaggio, anche da parte di personalità ultraconservatrici come Khatami, sono un campanello d’allarme per la Guida Suprema.
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