- Le elezioni pakistane sono state vinte dai sostenitori di Imran Khan, che si trova in prigione.
- Secondo e terzo posto per la Lega musulmana del Pakistan e il Partito popolare del Pakistan, i partiti delle due dinastie politiche che hanno guidato per anni il paese.
- Centrale sarà il ruolo dell’esercito, che ha sempre influenzato direttamente o indirettamente la politica della nazione asiatica.
I risultati delle tumultuose elezioni in Pakistan dei giorni scorsi, caratterizzate dall’interruzione della connessione internet e da diversi attacchi terroristici nella provincia del Belucistan che hanno causato almeno 50 vittime, sono stati annunciati domenica 11 febbraio. I vincitori sono i sostenitori dell’ex primo ministro Imran Khan che, in questo momento, si trova in carcere. Si tratta di candidati del Movimento per la giustizia del Pakistan (Pti), che si sono dovuti presentare come indipendenti, dopo che il partito è stato dichiarato illegale a seguito di una sentenza della Corte Suprema.
Secondo diversi osservatori, la sentenza è puramente politica, volta ad evitare a Khan e al suo partito di presentarsi e vincere le elezioni. Eppure i candidati indipendenti hanno ottenuto una sorprendente vittoria, conquistando 101 seggi. Di questi, 93 sono andati a candidati sostenuti da Khan. Al secondo e al terzo posto sono arrivati i due storici partiti pakistani: la Lega musulmana del Pakistan (Pml-N), il partito dell’altro ex primo ministro Nawaz Sharif, che ha ottenuto 73 seggi ed era dato come favorito e il Partito popolare del Pakistan (Ppp), che ha ottenuto 54 seggi.
La complessa politica pakistana
La politica pakistana è dominata da due dinastie politiche: la famiglia Butto, legata al Partito popolare del Pakistan e la famiglia Sharif, della Lega musulmana. Shehbaz Sharif, il primo ministro uscente, è il fratello minore dell’ex capo del governo Nawaz Sharif, colui che avrebbe dovuto essere il candidato favorito alle elezioni dello scorso 8 febbraio. Nell’aprile del 2022 è stato nominato primo ministro in seguito alla perdita della fiducia parlamentare del governo Khan.
Per la prima volta, nel 2022 il Pml-N e il Ppp si sono coalizzati con l’obiettivo di escludere dal potere Khan che, dalla sua prima elezione, è stato considerato un outsider. L’unione di questi due partiti ha rappresentato un tentativo di ritorno al vecchio Pakistan, dominato appunto dalle due famiglie. In molti, però, sostengono che il ribaltamento di Khan rappresenti il risultato della volontà dell’esercito di un cambio di leadership.
Chi è Imran Khan
Anche se non si è potuto candidare alle elezioni, trovandosi in carcere, Imran Khan continua ad esercitare potere e a dividere il Pakistan. Per una parte dei 240 milioni di abitanti, è un eroe anti-establishment. Per i suoi oppositori, è un uomo avido di potere e corrotto.
Khan è un ex giocatore di cricket che, nel 1996, ha fondato il suo partito, il Movimento per la giustizia del Pakistan (Pakistan Tehreek-e-Insaf, Pti). Per gli analisti, il suo battesimo politico avvenne nel 2011 quando portò in piazza a Lahore circa 100mila persone. Quando è stato eletto primo ministro nel luglio 2018, ha coltivato a lungo un’immagine di riformatore e ha ampliato il suo fascino grazie alla promessa di combattere la corruzione e sistemare l’economia in difficoltà. Dopo appena quattro anni, è stato cacciato dall’incarico dagli oppositori in parlamento, diventando così il primo primo ministro nella storia del Pakistan a essere estromesso con un voto di sfiducia.
Al momento ci sono circa 170 cause legali contro Khan, che le ha definite un tentativo politicamente motivato di tenerlo lontano dalle urne. E l’impossibilità di presentarsi alle elezioni si è concretizzata inzialmente con il primo arresto, nel maggio del 2023, poi revocato poiché giudicato illegale, e poi con il suo fermo nell’agosto del 2023 quando è stato giudicato colpevole di non aver dichiarato i dettagli di alcuni regali ricevuti durante il suo incarico. In tali occasioni, i suoi sostenitori sono scesi in piazza, anche con proteste violente, sia per l’arresto sia per il caro energia. E hanno invocato l’intervento dell’esercito.
Il ruolo dell’esercito
Quest’ultimo è sempre stato protagonista nella storia del Pakistan. A partire dall’indipendenza, in seguito alla Partizione con l’India nel 1947, i militari hanno avuto un ruolo determinante nella scelta dei primi ministri del paese, ma soprattutto hanno governato in maniera diretta il Pakistan per 34 anni, in seguito a tre colpi di Stato. Non a caso, diversi leader politici in passato hanno raggiunto il potere solo grazie al supporto dell’esercito.
Secondo numerosi analisti, l’esercito ha avuto un ruolo cruciale anche all’emergere e, successivamente, alla caduta di Imran Khan. Dopo il supporto iniziale, i militari si aspettavano da Khan una serie di obiettivi che non sono stati raggiunti. In primo luogo, la gestione dell’economia pakistana che, negli ultimi anni, ha registrato un crollo. In secondo luogo, e forse quello più importante, la gestione della politica estera.
Il Pakistan è uno degli alleati più importanti degli Stati Uniti nella regione. Khan ha mantenuto una posizione anti-India, ma soprattutto anti-occidentale durante i quattro anni in cui è stato al potere. Si è avvicinato sempre di più a Pechino, ma soprattutto a Mosca. In particolare, ha visitato Putin a Mosca nel giorno in cui la Russia ha avviato l’invasione dell’Ucraina, il 25 febbraio 2022.
Quel viaggio ha radicato l’idea che Khan stesse seguendo la sua visione di politica estera, una direzione in contraddizione rispetto a quella dell’esercito. Un lento abbandono dell’alleato statunitense in favore di Cina e Russia non è accettabile per l’apparato militare pakistano e tale situazione è stata utile alle opposizioni per capitalizzare il momento e far cadere Khan. Per queste ragioni, in particolare per il legame tra i militari e Washington, Khan ha accusato gli Stati Uniti di cospirare contro di lui.
Il post elezioni in Pakistan
Le elezioni hanno consegnato un mandato, tra l’altro, piano di interrogativi sulla correttezza del clima in cui si sono svolte, con accuse di gravi manipolazioni e contestazioni sull’accuratezza del conteggio dei voti che si sono protratte per tre giorni. Nessuno ha ottenuto la maggioranza parlamentare: l’interrogativo nel post elezioni è stato capire se gli indipendenti affiliati a Khan riusciranno a creare una coalizione e, soprattutto, con chi.
Per formare un governo, un partito o una coalizione hanno bisogno di una maggioranza assoluta di 134 seggi sui 266 eletti all’Assemblea nazionale. Una coalizione può essere composta da più partiti o includere anche gli indipendenti che hanno conquistato i loro seggi. Questi candidati senza bandiera possono unirsi formalmente a un partito che mira a formare un governo o stringere un’alleanza con esso, pur mantenendo la propria indipendenza.
Per tali parlamentari non sarà però semplice creare una coalizione, in primo luogo per le possibili spaccature dovute alle diverse vedute dei singoli individui che, essendo appunto indipendenti, non devono conformarsi a una linea di partito. Tuttavia, se dovessero decidere di unirsi in una coalizione con un partito, dovrebbero a quel punto aderire alla sua linea. In secondo luogo il blocco del Pti dovrebbe rinunciare all’accesso a una parte dei 70 seggi riservati alle donne e alle minoranze, che sono ripartiti proporzionalmente tra i partiti rappresentati nell’Assemblea nazionale.
Mentre Khan fa diffondere un video creato con l’intelligenza artificiale per proclamare la sua vittoria, anche Nawaz Sharif rivendica il proprio successo. E sembrerebbe che, alla fine, a spuntarla sia stato proprio Sharif. La difficoltà degli indipendenti nel coalizzarsi ha permesso ai partiti arrivati secondo e terzo, il Pml-N e il Ppp, di trovare un accordo per un governo di coalizione che escluda dall’esecutivo Khan e i suoi sostenitori. L’esecutivo sarà formato, ma potrebbe non sopravvivere a lungo. Sia per via della popolarità del Pti, che per l’impopolarità della coalizione formata dalle due dinastie pakistane.
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