Le parole “estrema destra” riempiono i titoli e le prime pagine dei principali giornali del mondo che descrivono i risultati delle elezioni politiche italiane.
La visione di Elly Schlein, segretaria del Pd, tra giustizia climatica e sociale
Chi è Elly Schlein, la nuova segretaria del Partito democratico, la prima donna e la più giovane a coprire questo incarico, tra clima e diritti.
- Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd ribaltando i pronostici.
- È l’unica leader che parla tanto di giustizia climatica quanto sociale.
- Ma la strada è lunga prima che le parole si trasformino in azioni.
Elly Schlein ha vinto le primarie del Pd, il Partito democratico, che si sono svolte domenica 26 febbraio 2023 per eleggere la nuova segreteria dopo le dimissioni di Enrico Letta in seguito ai risultati delle elezioni politiche 2022. Schlein ha prevalso sul presidente della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini con il 53,75 per cento dei voti e un’affluenza definitiva di 1.098.623 votanti. Un risultato che ha ribaltato quello uscito dai circoli che ha preceduto la consultazione aperta a tutti.
La svolta alle elezioni primarie Pd 2023
Schlein è quindi la prima segretaria, nonché la più giovane – a soli 37 anni di età – a ricoprire questa carica per il Pd e per qualsiasi partito di centrosinistra, in Italia. Una vittoria che sancisce anche l’arrivo a un ruolo di primo piano nella politica italiana di una persona che fa parte della generazione dei millennial. La prima generazione “veramente globale e, dunque, la più multietnica, multilinguistica e transculturale della storia”, come scritto in questo articolo di Gaetano Scippa. Una generazione collaborativa per definizione, perché l’unica che unisce due mondi: quello prima dell’avvento di internet e quello dei nativi digitali. Un elemento importante per la sfida che ha ora di fronte Schlein. Come dichiarato nel suo discorso di ringraziamento ora è il momento d cambiare davvero attraverso volti nuovi, ma soprattutto con un metodo e una visione rinnovata. Per Schlein bisogna mettere “al centro il contrasto a ogni forma di disuguaglianza, il contrasto alla precarietà per un lavoro di qualità, per un lavoro dignitoso e anche per affrontare con massima urgenza e serietà l’emergenza climatica”. A tal proposito, ha proseguito affermando che “saremo al fianco di chi lotta per la giustizia climatica, accanto a quella sociale. Perché non abbiamo più molto tempo per invertire la rotta, perché il giorno in cui abbiamo già consumato tutte le risorse che il pianeta è in grado di rigenerare arriva sempre prima” e per il resto dell’anno “siamo a debito con il pianeta e con le prossime generazioni”.
La sua vittoria fa sì che l’Italia sia il secondo paese in Europa che vede due donne – oltre a lei la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia – alla guida dei due principali partiti. L’unico altro paese è la Finlandia, con Sanna Marin e Riikka Purra. Una sfida non facile per la nuova segretaria perché alla guida di un partito che negli ultimi anni si è scontrato e spezzato più volte. A partire dalla segreteria di Matteo Renzi che poi ha fondato un nuovo partito posizionato al centro nel panorama politico italiano.
Elly Schlein: vita, carriera e futuro
Elly Schlein, all’anagrafe Elena Ethel, è nata in Svizzera nel 1985, da madre italiana e padre americano. Suo papà è il politologo Melvin Schlein e la sua famiglia fu costretta a fuggire negli Stati Uniti poiché perseguitata in Ucraina in quanto ebrea. Sua madre, invece, è Maria Paola Viviani, una docente universitaria di diritto pubblico.
Per questo gode di tre cittadinanze: italiana, svizzera e statunitense. Ha un fratello e una sorella maggiori. La sorella Susanna è primo consigliere dell’Ambasciata d’Italia in Grecia e a dicembre 2022 ha subito un attentato intimidatorio, finito sulle prime pagine in Italia e non solo, dopo che la sua auto è stata data alle fiamme fuori dalla sua abitazione ad Atene.
Elly Schlein si è diplomata nel 2004 a Lugano, ma poi ha deciso di riabbracciare le sue origini materne scegliendo di frequentare l’università in Italia, in particolare a Bologna dove si è laureata in giurisprudenza nel 2011 con due tesi: una sulla criminalizzazione e la sovra-rappresentazione dei migranti in carcere; l’altra sui diritti dello straniero nella giurisprudenza costituzionale. Il suo amore per la politica, come molti della sua generazione, è sbocciato nel 2008 quando Barack Obama vince le primarie del Partito democratico degli Stati Uniti e diventa candidato alle elezioni presidenziali. È il momento in cui Schlein decide di partire per Chicago e diventare volontaria della campagna elettorale di Obama, quella del celebre slogan “Yes, we can”: sì, possiamo. Un’esperienza decisiva che porterà il primo afroamericano alla guida degli Stati Uniti. E non è un caso che, dopo uno dei periodi più bui per il Pd, ovvero quello del 2013 e dei 101 franchi tiratori che hanno affossato la candidatura di Romano Prodi a presidente della Repubblica, lascia il Pd e si unisce a Pippo Civati nel lancio di Possibile (a proposito di Obama).
La carriera politica prende il volo nel 2014
Nel frattempo la sua carriera politica si arricchisce di tasselli importanti come l’elezione a europarlamentare nel 2014. In generale, come si legge nella sua biografia, “lavora prevalentemente a temi su cui si è impegnata in campagna elettorale: diritti, immigrazione, giustizia fiscale, conversione ecologica, lotta contro la corruzione e le mafie”. Nel 2016 Schlein viene nominata relatrice per il gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) sulla riforma del regolamento di Dublino, la norma che determina quale stato dell’Unione europea è competente a esaminare una domanda di asilo presentata da persone migranti che arrivano sul territorio europeo.
Dopo due anni il Parlamento europeo approva una proposta di riforma che prevede “la cancellazione del criterio del primo paese di ingresso per sostituirlo con un meccanismo di ricollocamento automatico e permanente”. Una riforma ancora in discussione e ancora attuale specie per l’incapacità mostrata da Bruxelles di evitare tragedie come quella del naufragio che si è verificato al largo delle coste calabresi, vicino a Crotone, che ha causato decine di morti e avvenuto proprio nel giorno delle primarie del Pd.
La sua visione per la giustizia climatica e sociale
Nel 2020 diventa vicepresidente della regione Emilia-Romagna, con delega al contrasto alle diseguaglianze e transizione ecologica, guidata proprio dal suo sfidante alla segreteria del Pd: Stefano Bonaccini, che aveva inizialmente prevalso tra le votazioni degli iscritti e nei congressi dei circoli perché uomo che affonda le sue radici nella sinistra istituzionale e che rappresentava uno schieramento più solido, almeno in apparenza, nonostante anni di scelte moderate. Mentre gli elettori – la “base”, in gergo politico – hanno scelto la candidatura che garantiva, almeno sulla carta, un cambiamento più netto.
Nella mozione congressuale presentata da Schlein per dare nuova vita al Partito democratico e candidarsi alla segreteria si legge, subito all’inizio, che la giustizia sociale e quella climatica “sono inscindibili, così come diritti sociali e diritti civili”. Poi però Schlein si sofferma per un intero paragrafo su questo argomento cercando di porre l’accento su come il cambiamento non debba spaventare, al contrario debba essere accolto per farsi trovare pronti di fronte alla transizione: “Affrontare l’emergenza climatica attraverso una vera conversione ecologica dell’economia e della società è la più grande responsabilità che abbiamo verso le prossime generazioni. Diseguaglianze e clima sono profondamente interconnessi. È il momento di agire con coraggio e coerenza. I prossimi dieci anni saranno decisivi e richiederanno una trasformazione economica, sociale e del nostro stile di vita senza precedenti. La conversione ecologica è una sfida epocale e come tutti i cambiamenti, porta con sé straordinarie opportunità di sviluppo ma anche la preoccupazione di dover cambiare abitudini consolidate, la paura di perdere posti di lavoro. Per questo, abbiamo bisogno di una Legge sul clima, che accompagni ogni settore economico ad abbattere le emissioni garantendo che la conversione ecologica sia equa e inclusiva, conveniente per tutte e tutti. Investire sulle fonti rinnovabili è decisivo per ridurre le emissioni ma ci rende anche indipendenti dal punto di vista energetico e taglia le bollette, perché i costi di produzione oggi sono di gran lunga inferiori a quelli da petrolio e gas”.
E chiarisce anche quale sia la strada da abbandonare o da evitare a tutti i costi per portare a termine la transizione energetica: “Bisogna contrastare la scelta del governo di continuare a puntare su nuove trivellazioni. Il nucleare non è la strada da seguire, perché ha tempi e costi di industrializzazione incompatibili con gli obiettivi europei di decarbonizzazione. È necessario invece facilitare la produzione da rinnovabili, sostenere fortemente le comunità energetiche affinché ve ne sia almeno una in ogni comune d’Italia, puntare sull’efficienza energetica per diminuire il consumo di energia delle imprese e delle famiglie. Dobbiamo mettere in campo nuove politiche industriali che puntino sull’innovazione e la riconversione dei settori più direttamente investiti dal processo di decarbonizzazione, dall’automotive ai sistemi produttivi dove è più difficile ridurre le emissioni. Abbiamo bisogno di un grande investimento sulle competenze e i saperi che possono realizzare questa trasformazione, di ammortizzatori sociali e politiche attive che aiutino i lavoratori e le lavoratrici a riqualificarsi e a riprofessionalizzarsi”.
Prima di oggi, infine, nella carriera politica di Schlein c’è stata l’elezione a deputata alle ultime elezioni. Una carriera puntellata di eccellenza, dunque, e che ora la mette di fronte alla sfida forse più grande. Quella di rinnovare il fronte progressista italiano. E per questo ha subito chiesto aiuto al suo staff, ma anche alle persone che l’hanno votata perché c’è bisogno di “cambiamento così profondo del partito e del paese” che la sua elezione non basta: “È un cambiamento che funziona soltanto se ciascuna e ciascuno di noi ci mette un pezzo di sé per generare il cambiamento”.
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