Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.
Con queste emissioni, il nostro futuro è ipotecato
Le emissioni di gas serra continuano a crescere senza sosta e senza paura. Perché i primi a essere incoscienti e a sfidare il clima siamo noi.
- La concentrazione della CO2 in atmosfera è aumentata dell’11,4 per cento in 20 anni.
- Questo significa che anche la temperatura resterà alta per “diversi decenni”.
- E anche gli ecosistemi ci stanno abbandonando perché non ce la fanno più ad assorbire anidride carbonica.
L’ultima volta che la concentrazione delle emissioni di gas serra in atmosfera è stata pari a quella che stiamo sperimentando oggi, l’evoluzione dell’essere umano era agli albori. Parliamo di un periodo compreso tra i 5 e i 6 milioni di anni fa. La temperatura media globale era tra i 2 e i 3 gradi Celsius più alta e il livello dei mari era tra i 10 e i 20 metri superiore a quello di oggi. Insomma, era decisamente un altro pianeta. Un mondo che ha impiegato milioni di anni per trasformarsi e diventare ciò che era fino a poco tempo fa: quel mondo perfetto che ha permesso a noi, gemma dell’evoluzione, di diventare ciò che siamo. Questa è stata, in estrema sintesi e per immagini, la conclusione dell’ultimo bollettino sulle emissioni di gas serra dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Un bollettino annuale che ormai ha raggiunto toccato quota 20 edizioni.
+11,4% di CO2 in atmosfera in soli 20 anni
Oggi la concentrazione dell’anidride carbonica (CO2) in atmosfera è pari a 420 parti per milione (ppm). La prima volta che l’Omm pubblicò il report, nel 2004, era di 377,1 ppm. Si tratta di un aumento di 42,9 ppm, pari all’11,4 per cento. Cosa significa tutto questo? In breve, due cose: la prima è che il nostro futuro è stato ormai, tecnicamente, ipotecato. Vista la persistenza che i gas serra – guidati dalla CO2, ma a cui vanno aggiunti anche il metano e l’ossido di diazoto – hanno in atmosfera, è scientificamente assodato che le temperature delle varie aree geografiche più “colpite” dal riscaldamento (i cosiddetti hotspot, come il Mediterraneo e l’Artico) e, più in generale, la temperatura media globale aumenteranno a prescindere da cosa faremo oggi. Se anche domani ci svegliassimo in un mondo senza più emissioni, l’attuale concentrazione in atmosfera di CO2 e metano è tale che la maggiore temperatura che già stiamo sperimentando (di 1,5 gradi più alta rispetto alla media del periodo pre-industriale che va dal 1850 al 1900) rimarrà tale per “diversi decenni”, dicono i meteorologi.
E questo, va precisato, non significa che dobbiamo sentirci sollevati dalle responsabilità, non significa che dobbiamo smettere di agire (fermo restando che si sta facendo molto poco visto che le emissioni continuano a crescere) perché “ogni parte per milione e ogni decimo di grado di aumento della temperatura ha un impatto reale sulle nostre vite e sul nostro pianeta”, come ricorda Celeste Saulo, segretaria generale dell’Omm. E quindi ogni sforzo, anche il più piccolo e apparentemente insignificante può salvare vite ed evitare danni. Nel 2023 – in particolare – l’aumento della concentrazione di CO2 è stato di 2,3 ppm. È il dodicesimo anno consecutivo che riusciamo a sforare i 2 ppm di aumento in soli 12. È tantissimo. Per passare da 418 a 420 ppm abbiamo riversato in atmosfera 57,1 miliardi di tonnellate (gigatonnellate) di gas serra. Ne bastano mille (miliardi) per far aumentare la temperatura media globale di 0,45 gradi secondo i calcoli dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici.
E gli ecosistemi ci stanno dicendo che non ce la fanno più
La seconda cosa che ci dice questo nuovo bollettino dell’Omm è che il rischio che stiamo correndo andando avanti così è quello di finire dentro a un circolo vizioso. Un circolo dove anche gli ecosistemi rischiano di trasformarsi da alleati a concausa (la principale causa siamo noi con la cementificazione e l’utilizzo di carbone, petrolio e gas) di un clima più caldo. Gli incendi, infatti, sempre più vasti ed estremi rilasciano in atmosfera enormi quantità di CO2. Basti pensare a incendi come il Park Fire che ha spazzato via quasi 180mila ettari di vegetazione in California in due mesi – tra luglio e settembre 2024. Persino gli oceani, da sempre pozzi incredibili di anidride carbonica stanno iniziando a rallentare nella loro opera di assorbimento, lasciando così che ancora più CO2 resti in atmosfera, accelerando ulteriormente il riscaldamento globale.
Anche in questo caso c’è un dato incredibile che ci fa capire cosa stiamo facendo al clima della Terra. È quello legato al forzante radiativo (radiative forcing) dei gas serra che, dal 1990 a oggi, è aumentato del 51,5 per cento. Si tratta del valore che ci fa capire quanto si è rafforzata la capacità dei gas serra di aumentare la temperatura dell’atmosfera. E questa è la grandezza più importante.
Ogni parte per milione e ogni decimo di grado di aumento della temperatura ha un impatto reale sulle nostre vite e sul nostro pianeta.
Di quanto dobbiamo abbassare le emissioni per avere qualche chance
Legando questi dati a quelli del rapporto pubblicato pochi giorni fa dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, il quadro oscuro alla vigilia della Cop29 di Baku è completo. L’Emissions gap, questo il suo nome, ci ricordava quanto rapidamente dobbiamo ridurre le emissioni per cercare di rimanere dentro ai limiti che la scienza (1,5 gradi) e la politica (ben al di sotto dei 2 gradi) si erano dati all’epoca dell’Accordo di Parigi del 2015. Ovvero del 42 per cento da qui al 2030 se vogliamo rimanere entro il grado e mezzo; del 28 per cento se vogliamo restare entro i 2 gradi. Riduzione calcolata rispetto ai livelli di emissioni che si registravano nell’ormai lontanissimo 1990. Di questo passo infatti stiamo andando in rotta di collisione verso un aumento della temperatura media globale di oltre 3 gradi, nello scenario peggiore. Nel migliore siamo intorno ai 2,5 gradi. Questo significa che le promesse, ma soprattutto le politiche adottate dai governi di tutto il mondo non sono neanche lontanamente sufficienti per raggiungere gli obiettivi del trattato internazionale sul clima. E a questo punto la domanda sorge spontanea: è ora di dire addio all’Accordo di Parigi?
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