Approvato il testo sulla finanza climatica. Al sud del mondo la promessa di 300 miliardi di dollari all’anno: molto meno del necessario.
Cosa dice il controverso regolamento europeo sulle emissioni di CO2
Approvato un regolamento che vincola gli stati membri dell’Ue a diminuire le emissioni di CO2. Ma i Verdi attaccano: “Ci si allontana dagli obiettivi”.
Il Parlamento europeo, dopo aver dibattuto sulla decisione degli Stati Uniti di abbandonare l’Accordo di Parigi, ha votato nella giornata del 14 giugno un regolamento nel quale vengono approvati gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 che la stessa Ue si è fissata, rendendoli al contempo vincolanti.
Ciascuno stato dovrà seguire un piano di riduzione delle emissioni di CO2
Le nuove misure permetteranno, secondo gli eurodeputati che hanno votato il testo, “di tradurre in obiettivi nazionali gli impegni assunti a livello internazionale”. Prima del summit nella capitale francese, infatti, l’Unione europea (come le altre nazioni partecipanti) aveva depositato i propri Indc, ovvero le promesse di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra necessarie per salvaguardare il clima globale. Ora, con la nuova risoluzione, vengono precisati i valori che ciascun paese membro dovrà centrare per consentire all’Ue nel suo complesso di ridurre le proprie emissioni del 40 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. L’Italia, ad esempio, dovrà riuscire a garantire una contrazione del 33 per cento.
“Ciascuno stato membro dovrà seguire un piano, che sarà calcolato a partire dal 2018 e non dal 2020 come proposto inizialmente dalla Commissione europea”, ha precisato inoltre il Parlamento europeo, sottolineando che in questo modo si eviterà che qualche governo “furbo” approfitti del tempo a disposizione per aumentare le emissioni prima di passare alla fase di contenimento.
Juncker: “Donald Trump abdica di fronte al processo di salvataggio del Pianeta”
I calcoli derivanti dagli impegni assunti da tutto il mondo, tuttavia, dicono che sulla base degli attuali Indc non si riuscirà a mantenere l’aumento della temperatura media globale entro i due gradi centigradi, entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali, come previsto dall’Accordo di Parigi. L’aggiornamento di tali “promesse” è dunque fondamentale. È per questo che il Parlamento europeo ha voluto aggiungere un ulteriore obiettivo di lungo termine: ridurre le emissioni di CO2 dell’80%, entro il 2050, rispetto al valore registrato nel 2005.
“I cambiamenti climatici – ha spiegato Antonio Tajani, presidente dell’assemblea – rappresentano una delle più importanti sfide mondiali dei nostri tempi. Contrastandoli, l’Unione europea crea nuovo opportunità per i suoi cittadini e le sue industrie. La decisione dell’amministrazione americana è semplicemente sbagliata”. Il presidente della Commissione di Bruxelles Jean-Claude Juncker ha inoltre dichiarato che “la retromarcia degli Stati Uniti è molto più di una semplice brutta notizia. È l’abdicazione rispetto all’azione comune destinata a salvaguardare il destino del nostro Pianeta”. “Questo voto rappresenta un segnale molto chiaro per Donald Trump”, gli ha fatto eco l’eurodeputato Gerben-Jan Gerbrandy, secondo il quale la decisione del Parlamento europeo è “forte e ambiziosa, nonché approvata quasi all’unanimità”. Hanno votato a favore del regolamento, infatti, 534 eurodeputati. Solo 88 si sono detti contrari, mentre 56 si sono astenuti (sul testo dovrà in ogni caso pronunciarsi anche il Consiglio dell’Unione europea).
I Verdi, però, non ci stanno: “Misure insufficienti”
Non tutti però, sono usciti sorridendo dall’emiciclo di Strasburgo. È il caso dei deputati Verdi, che si sono detti decisamente delusi dal regolamento. “Il voto ha dimostrato ancora una volta l’esistenza di un divario tra le parole, sempre molto belle, e le azioni concrete, del tutto insufficienti”, si legge in un comunicato. Yannick Jadot, portavoce del gruppo parlamentare ha attaccato: “Dopo la reazione quasi unanime di sdegno rispetto alle decisioni di Donald Trump, mi aspettavo uno sforzo più ambizioso. Quello approvato è un compromesso che allontana l’Europa dagli obiettivi dell’Accordo di Parigi”.
In particolare, in un lungo comunicato i deputati ecologisti hanno spiegato che il nuovo regolamento non coprirà circa il 40 per cento delle emissioni europee. In particolare quelle provenienti dai settori dell’industria e dell’energia, che anziché sottostare alle nuove regole si baseranno ancora sul vecchio mercato delle emissioni (Emission trading system, Ets) che ha dimostrato ampiamente di non funzionare.
Inoltre, nel testo sono state riprese alcune proposte che erano presenti nel testo originario presentato dalla Commissione europea il 20 luglio 2016 e che successivamente erano state emendate. Ciò vale in particolare per quanto riguarda le emissioni del settore forestale. Ma nel mirino ci sono anche altre clausole di “flessibilità” concesse ad esempio alle economie europee meno forti dell’Ue. In definitiva, tutto ciò implica secondo i Verdi che uno degli obiettivi di riduzione delle emissioni (che punta ad un calo del 30 per cento entro il 2020, rispetto ai livelli del 2005) non verrà centrato: “Non si andrà oltre il 23 per cento”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Mentre i negoziati alla Cop29 di Baku sono sempre più difficili, i paesi poveri e le piccole nazioni insulari sospendono le trattative.
Pubblicati i nuovi testi alla Cop29 di Baku. C’è la cifra di 1.300 miliardi di dollari, ma con un linguaggio molto vago e quindi debole.
Come costruire un nuovo multilateralismo climatico? Secondo Mark Watts, alla guida di C40, la risposta è nelle città e nel loro modo di far rete.
Pubblicate nella notte le nuove bozze di lavoro alla Cop29 di Baku, compresa quella sulla finanza climatica. Strada ancora in salita.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
La nuova edizione del Climate change performance index constata pochi passi avanti, da troppi paesi, per abbandonare le fossili. Italia 43esima.
Uno studio della rete di esperti MedECC e dell’Unione per il Mediterraneo mostra quanto il bacino sia vulnerabile di fronte al riscaldamento globale.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.