L’Italianon è riuscita a rispettare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Nel 2021, infatti, dopo l’anno “virtuoso” dipeso però solamente dal calo drastico delle attività economiche e produttive provocato dalla pandemia e dai conseguenti lockdown, il quantitativo di gas climalteranti dispersi nell’atmosfera è tornato ad aumentare. Pur se in calo del 20 per cento rispetto al 1990, grazie allo sviluppo delle rinnovabili e all’efficienza energetica, il totale è cresciuto tra il 2020 e il 2021 dell’8,5 per cento.
Emissioni di gas ad effetto serra in aumento dell’8,5 per cento
A riferirlo è l’Ispra, secondo la quale le emissioni attuali sono ancora nettamente superiori alla traiettoria che dovremmo seguire per centrare gli obiettivi climatici fissati: ben 11 milioni di tonnellate al di sopra di quanto stabilito per il 2021.
🌫 Emissioni di gas serra: trend di nuovo in crescita, complici trasporti e riscaldamento. Poco promettenti gli scenari al 2030. Online l'Inventario Nazionale Ispra delle emissioni di gas serra e di altri inquinanti.
“Una situazione che – spiega l’agenzia – secondo le stime sembra destinata a proseguire non solo nel 2022, ma anche negli anni futuri. Sono infatti poco promettenti gli scenari al 2030: è attesa una scarsa riduzione delle emissioni nei settori dei trasporti e del riscaldamento, e un disallineamento rispetto agli obiettivi stabiliti che nel 2030 potrebbe superare i 15 milioni di tonnellate”.
Le proiezioni per l’Italia indicano un trend insufficiente di qui al 2030
I dati sono contenuti nel rapporto “National Inventory Report 2023”, che fornisce una fotografia delle emissioni di gas ad effetto serra dell’Italia, specificando tra le altre cose che a causare “circa la metà delle emissioni nazionali climalteranti sono i settori della produzione di energia e dei trasporti”. Ispra precisa però che, sempre rispetto al 1990, sono calate del 37 per cento le emissioni del settore energetico, nonostante un aumento della produzione da 178,6 a 189,7 terawattora e dei consumi. Ciò grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili, la cui quota sul totale del consumo finale lordo è stata nel 2020 pari al 20 per cento.
Ciò nonostante, l’Italia non risulta ancora in linea con il trend che deve seguire per centrare gli obiettivi fissati al 2030 dalla Commissione europea. Per farlo, dovrà abbattere le emissioni totali del 43,7 per cento, rispetto ai livelli del 2005, mentre le proiezioni di Ispra indicano che il calo dovrebbe essere inferiore al 30 per cento.
Giudizio universale, la prima causa climatica contro lo Stato italiano, è inammissibile per difetto di giurisdizione. Lo dice la sentenza di primo grado.
Secondo il Wwf sono 11 i Paesi ad avere una la strategia di riduzione delle emissioni al 2050. La migliore è quella francese, mentre l’Italia non ha ancora formulato la sua proposta.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
I dati resi noti dall’Ispra parlano di un aumento del 2 per cento rispetto all’anno precedente. Metà di queste provengono dai settori della produzione di energia e dei trasporti.
Quando l’Italia firmò l’accordo per una riduzione delle emissioni di CO2 del 6,5 per cento entro il 2012 rispetto ai livelli del 1990, ci furono opposizioni fortissime soprattutto da parte dei settori più conservatori del nostro comparto industriale. Oggi siamo a meno 20 per cento: era un obiettivo possibile e lo abbiamo anche superato. Questo lo dobbiamo