Google's carbon emissions surge nearly 50% due to AI energy demand https://t.co/nkH8iYFno2
— CNBC (@CNBC) July 2, 2024
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Negli ultimi cinque anni le emissioni di Google sono aumentate di quasi il 50 per cento a causa delle intelligenze artificiali.
Le intelligenze artificiali generative continuano a interessare, a ossessionare, potremmo dire, le aziende tecnologiche, come Google, anche se rimangono aperte molte domande che potrebbero influire sul loro futuro. Tra tutte, la più pressante, è quella economica, con sempre più voci, tra cui l’influente fondo d’investimenti Sequoia, che sottolineano la mancanza di entrate economiche (a fronte di investimenti miliardari). Insomma, questi sistemi costano una fortuna e non esiste ancora un modello di business in grado di sostenerli economicamente.
Tra le voci più pesanti per le aziende, oltre a quella dei dipendenti qualificati e strapagati del settore, c’è la bolletta energetica, come Lifegate ha già raccontato. Ogni interazione con un chatbot o un’AI generativa consuma infatti una quantità d’energia notevole, che aumenta nei casi in cui gli utenti chiedono di generare un suono, una canzone, un’immagine o un video.
Moltiplichiamo il tutto per le milioni di persone che ormai hanno accesso a strumenti simili e il problema smette d’essere aziendale e comincia ad avere una dimensione sistemica, oltre che ambientale. Nel nuovo report ambientale di Google, ad esempio, l’azienda ha dichiarato di avere aumentato le sue emissioni nel corso del 2023 del tredici per cento rispetto l’anno precedente, arrivando a un totale di 14,3 milioni di tonnellate di CO2; una quantità che è aumentata del 48 per cento rispetto al 2019.
Nel report si citano altri numeri e si fanno grandi promesse ma basta questo singolo dato per dare un’idea dell’impatto avuto nel settore dalle AI generative della tecnologia che Google ha adottato, anche con servizi discussi come AI Overviews. Eppure, per molti anni, le aziende del cosiddetto Big Tech sono state le più prodighe in investimenti in energie pulite e progetti per diventare carbon free. Non più, tanto che Google è costretta ad ammettere che il suo “ambizioso piano” per diventare un’azienda a emissioni zero entro il 2030 è in pericolo: “Non sarà facile”, ammette amaramente il documento.
Un disastro, insomma, che “è stato dovuto principalmente all’aumento del consumo energetico dei data center e delle emissioni della supply chain”, continua il report. L’azienda non nasconde cosa ha determinato questo picco di consumi energetici (e quindi di emissioni), scrivendo che “la riduzione delle emissioni potrebbe diventare ardua a causa della crescente domanda di energia derivante dalla maggiore intensità di elaborazione dell’intelligenza artificiale”.
Il problema non riguarda ovviamente solo Google. Microsoft (alleata di OpenAI), Meta e Apple hanno tutte grandi progetti in questo settore, e tutte hanno avuto grandi ambizioni ambientaliste, con programmi simili a quelli di Google. Il rischio concreto è che la promessa di diventare carbon neutral entro il 2030, piuttosto comune e diffusa, venga dimenticata e disattesa, sacrificata sull’altare della corsa alle AI a tutti i costi.
La questione ambientale delle AI non si limita comunque solo all’energia che queste consumano: i data center hanno infatti bisogno di enormi quantità d’acqua, che viene usata perlopiù per il raffreddamento dei sistemi. Secondo dati citati da Npr, il data center medio consumerebbe più di un milione di litri d’acqua al giorno, o quanto un migliaio di abitazioni statunitensi.
A meno di innovazioni tecnologiche rivoluzionarie, l’intero settore è a un bivio:
Nessuna delle scelte è ottimale e all’orizzonte non si vede una terza via o una miracolosa soluzione. Insomma, forse è il momento di aggiungere il folle consumo di risorse ambientali alla lista di problemi etici, come la sistematica violazione del diritto d’autore, legati alle AI. Prima di generare una buffa immagine con MidJourney, insomma, meglio pensarci.
Questo articolo è stato corretto il 7 luglio. Le emissioni di CO2 di Google nel 2023, infatti, sono state pari a 14,3 milioni di tonnellate e non 14,3 tonnellate di CO2 come scritto inizialmente.
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