Metano, il tasso di crescita delle emissioni è da record. E non ce lo possiamo permettere

Nuovi dati confermano che i due terzi di emissioni di metano in atmosfera sono prodotte dall’uomo. L’obiettivo è ridurle del 30% entro il 2030.

  • È uscito un nuovo studio sulle emissioni di metano in atmosfera: negli ultimi cinque anni sono cresciute a un tasso record.
  • Gli esseri umani sono responsabili di due terzi delle emissioni di metano.
  • Nel 2021 è stato firmato il Global methane pledge, che prevede di ridurre le emissioni di metano del 30 per cento entro il 2030.

Nel breve termine, il gas metano è considerato la leva più efficace per rispondere alla domanda energetica, con l’obiettivo di sostenere la transizione verso le fonti rinnovabili entro il 2030. Questa strategia è stata ribadita anche da Eni, che di recente ha avviato un nuovo sito di produzione di metano, nonostante l’attuale emergenza climatica, acuita dal 2023, anno più caldo mai registrato nell’era pre-industriale (mentre il 2024 si prepara a infrangere il nuovo record). La motivazione addotta è di natura economica: il metano rappresenta una soluzione meno costosa che consente di preservare l’attuale sistema energetico, riducendo al minimo i cambiamenti. Tuttavia, il 10 settembre 2024, nuovi dati scientifici hanno sollevato forti preoccupazioni riguardo all’impatto del metano in atmosfera.

Uno studio condotto dal Global Carbon Project, un’organizzazione che cerca di quantificare le emissioni globali di gas serra e le loro cause, con il contributo di 66 istituti di ricerca ha rilevato un allarmante aumento delle concentrazioni di questo gas nell’atmosfera: dal 2007, le concentrazioni sono cresciute in modo significativo, raggiungendo un tasso di incremento record negli ultimi cinque anni, da quando le misurazioni sono iniziate negli anni ’80. Questa situazione è critica, poiché il metano è il secondo gas serra più rilevante dopo l’anidride carbonica (CO2), e contribuisce a circa un terzo del riscaldamento globale rispetto all’epoca preindustriale. I dati suggeriscono che il riscaldamento globale medio è stato di 1,2 gradi centigradi, di cui circa 0,5 attribuibili al metano, come riportato dall’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc).

Sebbene il metano abbia un ciclo di vita atmosferico più breve rispetto alla CO2, con una permanenza di circa nove anni in atmosfera, il suo potere riscaldante è di gran lunga superiore: oltre 80 volte quello della CO2 su un periodo di vent’anni, e circa 30 volte su un orizzonte di cento anni.

riscaldamento globale
Il 75 per cento dell’aumento di temperatura causato dalle emissioni del sistema alimentare è legato al metano e quindi a cibi come carne, latticini, riso © Getty Images

Ridurre le emissioni da metano è un’urgenza

Nonostante il metano sia considerato un combustibile fossile “più pulito” rispetto a carbone e petrolio, eliminare le sue emissioni atmosferiche apporterebbe benefici immediati e tangibili. Eppure, la volontà politica di perseguire questa strada appare ancora debole. Le grandi multinazionali del settore fossile, come Eni, sostengono che il gas metano sia indispensabile per compensare le carenze strutturali delle energie rinnovabili. Tali soggetti argomentano che potremo continuare a sfruttare il metano fino al 2030, data in cui si prevede un picco di utilizzo, per poi gradualmente ridurre la sua importanza a favore di fonti più pulite.

Queste proiezioni potrebbero sembrare realistiche in un contesto di stabilità climatica, ma la scienza del clima ci insegna che le condizioni atmosferiche stanno cambiando in maniera imprevedibile. L’unico dato certo è che il riscaldamento globale è in aumento, e con esso crescono anche gli eventi meteorologici estremi, la cui tempistica e intensità sono sempre più difficili da anticipare.

Ridurre le emissioni di gas serra, incluso il metano, è una necessità urgente per attenuare gli effetti del cambiamento climatico. Sebbene la CO2 abbia un impatto duraturo nell’atmosfera, è il metano che può garantire risultati immediati se affrontato subito.

Quali sono le principali fonti di emissione del metano?

Circa il 65 per cento delle emissioni globali di metano è di origine antropica (nel 2020, le attività umane hanno emesso tra 370 e 384 milioni di tonnellate di metano), derivando da attività come l’allevamento di bestiame, l’estrazione di carbone, la produzione e distribuzione di gas naturale, la coltivazione del riso e la gestione dei rifiuti organici nelle discariche. Tra queste, l’agricoltura, in particolare l’allevamento e le risaie, è responsabile del 40 per cento delle emissioni, mentre i combustibili fossili contribuiscono per il 36 per cento e le discariche per il 17 per cento. Dunque, le emissioni derivanti dai combustibili fossili hanno ormai raggiunto livelli comparabili a quelli prodotti dall’allevamento.

Il restante 35 per cento delle emissioni proviene da fonti naturali, principalmente dalla decomposizione della materia organica nelle zone umide, nei fiumi, nei laghi e nei terreni saturi d’acqua. Le zone umide tropicali sono tra i maggiori emettitori naturali, ma anche il permafrost, che si sta sciogliendo a causa del riscaldamento globale, sta cominciando a rilasciare quantità crescenti di metano.

Emissioni in linea con +3°C entro il 2100

Le emissioni di metano non controllate rappresentano una minaccia seria. Le concentrazioni atmosferiche osservate recentemente sono allineate con scenari climatici che prevedono un aumento delle temperature fino a 3 gradi centigradi entro il 2100.

Per mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 gradi, come stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015, è indispensabile ridurre drasticamente le emissioni di metano. L’obiettivo è dimezzare le emissioni di questo gas (circa del 45 per cento) entro il 2050. Si tratta di un traguardo ambizioso ma raggiungibile, dice lo studio.

Inoltre, nel settore del petrolio e del gas, poi, l’International energy agency (Iea) ha stimato che si potrebbe ridurre il 40 per cento delle emissioni senza incorrere in costi netti. Anche in agricoltura, possiamo ottenere riduzioni significative tramite l’uso di additivi per i mangimi, che riducono le emissioni prodotte dai ruminanti, e pratiche come il drenaggio intermedio delle risaie. Il metano prodotto dalle discariche, invece, può essere catturato e riutilizzato per produrre energia o calore.

Nel 2021, molti Paesi hanno firmato il Global methane pledge, impegnandosi a ridurre le emissioni di metano del 30 per cento entro il 2030. Tuttavia, nonostante questi impegni, le emissioni di metano continuano a crescere, indicando che sono necessarie azioni più coercitive per costringere i maggiori emettitori a raggiungere l’obiettivo stabilito.

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