Dopo l’era del carbone e l’era del petrolio, ora ci stiamo muovendo a velocità sostenuta verso l’era dell’elettricità. Grazie all’energia rinnovabile.
Brasile, ecco a voi il paese con più energia rinnovabile al mondo
Il Brasile continua a diversificare il suo mix energetico e si conferma uno dei paesi più promettenti in tema di energie rinnovabili e lotta alla deforestazione.
Il Brasile ha costruito il suo primo pozzo petrolifero nel 1897, nella città di Bofete. Nel 1953 nasce il gigante di gas e petrolio Petrobras al grido di “o petróleo é nosso”, il petrolio è nostro. Nel corso degli anni, però, il paese ha diversificato il suo approvvigionamento energetico. A partire dagli anni Quaranta il Brasile ha contribuito agli esperimenti nucleari americani, fornendo risorse minerarie. A metà degli anni Sessanta il governo di Brasilia ha introdotto incentivi fiscali per sostenere un programma di deforestazione per ottenere combustibile dal legno, mentre negli anni successivi ha concentrato i suoi sforzi sulle utenze idroelettriche pubbliche.
La storia energetica del Brasile
Il “miracolo brasiliano” – un periodo in cui la crescita del pil su base annua superava il 10 per cento – è terminato a causa della crisi petrolifera del 1973, quando Petrobras ha rischiato il fallimento. In quel momento il Brasile ha deciso di concentrarsi sullo sviluppo di fonti alternative di energia, in particolare l’etanolo da canna da zucchero. Nel 1982 viene costruita la centrale idroelettrica di Itaipú, che è la più grande del mondo, due anni dopo la prima centrale nucleare nello stato di Rio de Janeiro e nel 1992 ha installato le sue prime turbine eoliche.
Alla fine degli anni Novanta il Brasile ha aperto il mercato energetico, ponendo fine al monopolio di Petrobras sull’estrazione di gas e petrolio, sebbene abbia comunque mantenuto il controllo dei principali impianti energetici e dei prezzi di alcuni prodotti. Dal 2002 il governo ha stimolato lo sviluppo di energie rinnovabili attraverso il Programma di incentivi per fonti alternative di energia elettrica (Proinfa). Nel 2003, ad esempio, il Brasile ha introdotto veicoli con motore flex, veicoli innovativi in grado di utilizzare indifferentemente benzina e bioetanolo.
Nel 2007 il Brasile ha lanciato l’ambizioso National energy plan 2030 con l’obiettivo di aumentare la produzione di energia e la capacità energetica del nucleare attraverso la realizzazione di quattro nuove centrali nucleari. Per evitare di dipendere dall’idroelettrico, il paese ha continuato la sua diversificazione energetica organizzando nel 2009 la prima asta di sola energia eolica ed effettuando investimenti nelle biomasse.
Nel 2012 è stata richiesta una revisione del National energy plan 2030 per prendere in considerazione anche l’aumento delle fonti rinnovabili e delle conseguenze del disastro nucleare di Fukushima avvenuto nel 2011. Il processo di revisione è ancora in atto.
Il carbone distrugge le comunità e le loro terre
Il carbone è il combustibile fossile più diffuso in Brasile dopo petrolio e gas e copre il 5,7 per cento della matrice energetica del paese. Le riserve di carbone brasiliane (circa 32 miliardi di tonnellate) si trovano nel sud del paese, negli stati di Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paraná. Attualmente il Brasile produce 3 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep) di carbone e compensa il consumo di 13,4 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio attraverso le importazioni. Le scorte interne di carbone ammontano a circa 17 milioni di tep, mentre la produzione lorda di carbone ha generato circa 4.500 lavori diretti.
L’estrazione di carbone ha un impatto significativo sull’ambiente e sulle comunità locali. Il carbone brasiliano è caratterizzato da un elevato contenuto di metallo e, quando gli scarti da esso derivati non vengono smaltiti correttamente, contribuisce allo scolo di acque acide. Nel corso di 120 anni l’attività estrattiva non regolamentata e la mancanza di trasparenza hanno portato ad inquinare notevolmente i corsi d’acqua brasiliani e ad avere ripercussioni sui generi alimentari locali. Inoltre, l’estrazione intensiva del carbone unita a uno smaltimento dei rifiuti inappropriato ha cambiato la morfologia del territorio e aumentato l’erosione della terra e l’instabilità dei corsi d’acqua.
La produzione di carbone ha anche inciso sulla salute dei lavoratori e delle comunità locali, aumentando l’incidenza di malattie respiratorie e tumori legati al metallo. Si stima che il 30 per cento delle prestazioni mediche nelle città dello stato di Santa Catarina siano dovute a problemi respiratori. L’attività estrattiva del carbone ha avuto ripercussioni anche sulle comunità locali stesse, compromettendone l’economia basata sulla pesca in acque inquinate e causando lo spostamento delle comunità dalle terre ancestrali.
L’impatto delle concessioni di gas e petrolio sulle terre indigene
Il petrolio copre il 39,4 per cento del fabbisogno energetico del Brasile e insieme al gas provvede alla maggior parte dell’energia del paese (52,9 per cento). Circa il 90 per cento delle riserve di gas e petrolio si trovano in alto mare, offshore, soprattutto vicino allo stato di Rio de Janeiro. Nel 2014 il Brasile era il secondo produttore più grande di petrolio del Sud America, con 15 miliardi di barili di riserve accertate e con una produzione di 2,95 milioni di barili di petrolio e altri liquidi ogni giorno. L’Energy information administration (Eia) degli Stati Uniti stima che all’inizio del 2015 il Brasile possedeva 453 miliardi metri cubi di riserve accertate di gas naturale e che nel 2014 ha prodotto 32 milioni di metri cubi di gas, registrando un aumento del 13,2 per cento rispetto al 2013. Nel 2014 l’approvvigionamento energetico nazionale di gas e petrolio e derivati – considerando sia importazioni che esportazioni – ammontava a 161 milioni di barili equivalenti di petrolio, mentre il consumo ha raggiunto i 137 milioni di tep.
Secondo il gigante Petrobras il gas e il petrolio hanno un impatto positivo sulla riduzione del tasso di disoccupazione in Brasile: l’anno scorso questo settore ha creato 80mila posti di lavoro diretti e circa 320mila indiretti. Tuttavia, le perdite di petrolio più gravi che hanno coinvolto gli impianti di Petrobras che si sono verificate tra il 1975 e il 2001 hanno inquinato le acque e danneggiato la flora e la fauna marina. Inoltre, le attività di esplorazione di gas e petrolio possono influire negativamente sulle comunità locali se non viene rispettato il principio di consultazione preventiva.
È stato il caso della Vale do Jurua dove il governo brasiliano ha venduto aree protette adiacenti ai territori ancestrali di popolazioni indigene incontattate. A dicembre un tribunale ha deciso di revocare le licenze, ordinando la sospensione e cancellazione di ulteriori attività esplorative e produttive sottolineando i rischi sociali e ambientali ad esse collegati, quali i danni agli ecosistemi locali e alla vita di tutti i giorni delle comunità.
Energia nucleare: inquinamento e mancanza di sicurezza
L’energia nucleare rappresenta l’1,3 per cento dell’approvvigionamento energetico ed è prodotta in due reattori ad acqua sotto il controllo dello stato. Nel 2007 il Brasile ha lanciato il suo piano energetico ambizioso (National energy plan 2030), a conferma dell’obiettivo di aumentare la produzione energetica nazionale e raggiungere una capacità nucleare aggiuntiva di 5.345 megawatt entro il 2030. Infatti, è un terzo reattore è in costruzione, che dovrebbe entrare in funzione nel 2018 e generate circa 9mila posti di lavoro diretti.
Negli ultimi anni sono sorti diversi problemi ambientali e sociali legati alle attività estrattive, di stoccaggio e di trasporto di materiale radioattivo. A Minas Gerais, ad esempio, si trova il più grande deposito di rifiuti nucleari del paese e nel 2011 Indústrias Nucleares do Brasil è stata multata per le condizioni precarie delle sue strutture di stoccaggio. Inoltre, Greenpeace ha denunciato gli effetti ambientali della miniera di Caitité nello stato di Bahia, intorno alla quale l’acqua potabile contiene livelli di uranio sette volte superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Dagli anni Ottanta si sono stati almeno dieci incidenti radiologici in Brasile. Ad esempio nel 1986 si è verificata una perdita accidentale di circa 25mila litri di acqua radioattiva dalla centrale di Angra. Nel 2013 le ong locali hanno sottolineato la carenza di misure di sicurezza dopo che un guardiano notturno è caduto in una piscina contenente fluidi radioattivi.
Le rinnovabili? La fonte principale sono le dighe idroelettriche
Il Brasile è il paese con la più grande produzione di energie rinnovabili al mondo (39,4 per cento), rispetto alla media del 20 per cento del resto del mondo. Il paese ha adottato una politica di diversificazione dell’approvvigionamento e della produzione, diventando nel 2014 il settimo paese al mondo in termini di investimenti nella rinnovabili. Secondo i dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) il Brasile ha investito 7,6 miliardi di dollari in energia pulita, registrando un aumento del 93 per cento rispetto al 2013.
L’etanolo da canna da zucchero – un combustibile derivato dallo zucchero – è la seconda fonte di energia del paese (15,7 per cento), secondo solo al petrolio. L’energia idroelettrica, invece, è la seconda fonte di energia rinnovabile (11,5 per cento), seguita dal carbone vegetale (8,1 per cento). Il consumo di energia da zucchero di canna e derivati è di 42 milioni di tep, contro i 45 milioni da idroelettrico, per un totale approvvigionamento energetico da canna di zucchero di 48 milioni di tep e 35 milioni di tep da idroelettrico.
Le rinnovabili hanno un impatto positivo sull’occupazione del Brasile. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia atomica, ad esempio, la produzione di bioetanolo (tra agricoltura e industria) crea circa 1,5 milioni di posti di lavoro. L’energia rinnovabile in Brasile è stata caratterizzata da casi di land grabbing, deforestazione e spostamenti inadeguati che hanno colpito le comunità indigene. In alcuni casi le autorità nazionali hanno violato il principio di consenso preventivo, privando le comunità locali delle proprie terre ancestrali senza nessun tipo di consultazione precedente. Il complesso idroelettrico di Belo Monte, ad esempio, ha colpito 25mila indigeni appartenenti a 18 gruppi etnici: con l’obiettivo di produrre energia pulita e ridurre l’impatto ambientale, l’impianto rinnovabile ha in realtà compromesso la qualità dell’acqua e la biodiversità locale, alterando drasticamente la vita lungo il fiume Xingu.
Stop alla CO2, il Brasile e la Cop 21
Nel corso della Cop 21 la presidente Dilma Rousseff ha confermato l’impegno del Brasile a frenare i cambiamenti climatici e aumentare l’energia rinnovabile del 20 per cento entro il 2030. Il paese ha fissato l’obiettivo di ridurre i gas a effetto serra del 37 per cento entro il 2025 e del 43 per cento entro il 2030. Il Brasile si è impegnato a raggiungere l’obiettivo deforestazione zero entro il 2030.
Il Brasile continuerà a guidare lo sviluppo del Sud America?
Il Brasile ha il portafoglio energetico più diversificato del mondo e ha sempre investito in fonti di energia alternative nonostante la sua ricchezza di petrolio e minerali. Sembra che il paese manterrà la sua politica di diversificazione nel futuro prossimo e per soddisfare la crescente domanda nazionale di energia investirà nelle rinnovabili, nella capacità termoelettrica convenzionale, e nell’energia nucleare. Nel suo sistema energetico integrerà anche combustibili fossili per ridurre la propria dipendenza dall’idroelettrico.
Se il Brasile continua a investire nella diversificazione manterrà la sua posizione di guida come motore economico dell’America meridionale. Se il paese aumenterà gli sforzi per ridurre le emissioni ed eviterà i rischi ambientali e sociali legati allo sviluppo economico e alla produzione di energia, potrà diventare pioniere mondiale della crescita sostenibile. Al momento sembra che i suoi obiettivi per abbandonare i combustibili fossili e avere un portafoglio energetico dominato dalle rinnovabili non siano così ambiziosi, sebbene la geografia sia in suo favore.
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