L’energia mareomotrice utilizza le maree per produrre, grazie a dighe e turbine, energia elettrica. Vantaggi e sfide di una fonte ancora poco sfruttata.
L’energia mareomotrice consiste nello sfruttare la forza delle maree nelle zone costiere con forti variazioni di livello, ovvero quelle maggiormente soggette all’effetto gravitazionale provocato da due astri vicini al nostro Pianeta: la Luna e il Sole. Si tratta, dunque, di un’energia rinnovabile. Contrariamente al caso dell’idroeolico, però, non viene sfruttata l’energia cinetica delle correnti, bensì quella potenziale: si punta dunque a produrre energia grazie alla differenza di altezza di due bacini, separati da una diga.
Energia mareomotrice: cos’è e come funziona?
Quali sono le caratteristiche degli impianti
La centrale di Rance, in Bretagna (Francia), ha rappresentato il primo grande impianto per lo sfruttamento dell’energia mareomotrice al mondo, con una capacità installata di 240 megawatt. Il principio di funzionamento è semplice: in un braccio di mare nel quale è presente una grossa differenza tra bassa e alta marea, si installa un’infrastruttura capace di azionare delle turbine grazie al passaggio di un flusso d’acqua tra due bacini situati a diversi livelli. Idealmente, la marea dev’essere di 10-15 metri, ed è necessario che il fondale abbia uno strato roccioso, al fine di poter fissare le fondamenta dell’infrastruttura.
Esistono tipicamente due tipologie di impianti. Uno è costituito da un bacino “semplice”, il che implica la costruzione di una diga su un braccio di mare, dotata di passaggi per l’acqua e turbine. È il caso proprio della centrale di Rance, situata tra i comuni di La Richardais e Saint-Malo, in Francia, che può contare su una diga mobile lunga 115 metri e 24 turbine connesse a degli alternatori.
In generale, è possibile sia utilizzare l’effetto di svuotamento di un bacino che quello di riempimento, sempre nell’ottica di azionare i sistemi di produzione di energia. Ma alcuni impianti prevedono di far girare le turbine in entrambe le fasi.
Il bacino “doppio”, invece, consiste nell’aggiungere a quello naturale un invaso artificiale, situato più in basso rispetto al livello del mare. Ciò permette di sfruttare il potenziale quale che sia il livello della marea in un dato momento, il che consente di gestire in modo più flessibile la produzione trattandosi, di fatto, di uno strumento di “stoccaggio” dell’energia.
Sviluppo e storia dell’energia mareomotrice
Evoluzione storica e progressi tecnologici
Storicamente, lo sfruttamento delle maree al fine di produrre energia non è di certo una novità. Già nel corso del Medioevo sono stati costruiti numerosi mulini nei luoghi nei quali il fenomeno è particolarmente importante. È però negli anni Sessanta del Novecento che si avviano i primi progetti di sfruttamento industriale ai fini della produzione elettrica.
Le tre nazioni che hanno maggiormente progettato o sviluppato sistemi di sfruttamento dell’energia mareomotrice sono la Corea del Sud, la Francia e il Regno Unito. Nella nazione asiatica, la centrale di Sihwa è stata inaugurata nel 2012 e presenta una potenza installata di 254 megawatt (per una produzione stimata di 550 gigawattora/anno). Una seconda centrale, più grande, è in fase progettuale a Incheon, sulla costa nord-occidentale. Essa dovrebbe raggiungere una capacità installata di 1.320 megawatt, simile a quello di una centrale nucleare), grazie a 44 turbine. Il costo per la costruzione è stimato in 3,4 miliardi di dollari (un quarto di quanto si spenderà, ad esempio, per il reattore nucleare Epr in costruzione a Flamanville, in Francia).
Proprio nella nazione europea è in funzione da decenni il citato impianto di Rance. Avviato nel lontano 1966 ha rappresentato il più grande del mondo del suo genere fino al 2011, quando è entrato in servizio quello coreano di Sihwa. Secondo quanto indicato dalla compagnia transalpina Edf sul proprio sito internet, il sito è in grado di rispondere alla domanda di 225mila abitanti della Bretagna.
Anche nel Regno Unito le maree sono particolarmente forti, e per questo si sta studiando la fattibilità di sfruttarne il potenziale. Nel marzo del 2015, il governo di Londra ha annunciato la costruzione di un bacino artificiale per una centrale nella baia di Swansea. Infine, anche la Russia aveva avviato degli studi in proposito, e in Canada e Cina sono presenti due impianti.
On parle souvent du général de Gaulle comme chef de guerre, mais on oublie qu’il a aussi été un grand bâtisseur, ici le 26 novembre 1966, en inaugurant l’usine marémotrice de La Rance, un fleuron énergétique, qui depuis 56 ans fournit du courant électrique à 225 000 Français! 🇫🇷 pic.twitter.com/XQDh1eu8CW
Ma non va dimenticato che anche altre nazioni potrebbero, in linea teorica, lanciarsi nello sfruttamento dell’energia mareomotrice: in questo senso Argentina, Australia, e India potrebbero essere dei paesi candidati. Il potenziale complessivo di produzione da tale fonte rinnovabile è stimato in circa 380 terawattora/anno, il che rappresenterebbe tra l’1,5 e il 2% della produzione mondiale di energia elettrica.
Vantaggi e svantaggi dell’energia mareomotrice
Benefici ecologici e impatto sul clima
L’energia mareomotrice, come detto, è rinnovabile. Pertanto, il suo impatto in termini di emissioni climalteranti è bassissimo, anche considerando la costruzione e lo smaltimento a fine vita degli impianti. La fonte è inoltre illimitata, per definizione, essendo appunto generata dall’attrazione gravitazionale di Luna e Sole. A differenza poi di solare e eolico, non dipende da condizioni meteorologiche e pertanto prevede una produzione di energia costante, in ogni momento.
È inoltre un’energia pulita, poiché non nuoce all’ambiente circostante né al clima. Gli impianti sono anche silenziosi, il che non disturba la fauna. Ed è soprattutto, come detto, un’energia prevedibile, poiché le maree – gli orari e le altezze – sono facilmente prevedibili: in questo modo è possibile anche prevedere il quantitativo di energia prodotta. La densità dell’acqua, infine, rende i sistemi particolarmente efficienti, e gli impianti non necessitano di manutenzioni costose o complesse.
Di contro, la costruzione delle centrali mareomotrici può comportare rischi per le specie vegetali e animali, anche in ragione del fatto che possono incidere sulla salinità e sulla qualità dell’acqua. A ciò si aggiunge un impatto visivo importante, dal momento che le strutture sono costruite sulle coste e dunque ben visibili. In termini economici, poi, l’energia prodotta è attualmente più cara rispetto ad altri tipi di fonti rinnovabili. Lo sfruttamento, infine, è possibile solo in alcune zone del mondo nelle quali le maree sono sufficientemente importanti.
Le sfide nell’utilizzo dell’energia mareomotrice
Ostacoli tecnologici e logistici
Va detto però che la più marcata efficienza delle turbine può migliorare sensibilmente il rendimento, e consentire perciò di abbattere sensibilmente i costi di produzione. Un’analisi di GreenFacts basata su dati dell’Irena, l’Agenzia internazionale per l’energia rinnovabile, ha sottolineato come attualmente “lo sviluppo delle tecnologie mareomotrici sia legata soprattutto a piccole e medie imprese”, spesso “sparpagliate” nel panorama economico. Ciò genera una “mancanza di coesione” e di cooperazione.
Dal punto di vista finanziario, invece, “il principale ostacolo è legato ai costi iniziali relativamente elevati per la costruzione di dighe e sbarramenti. La maggior parte dei progetti è sostenuta da fondi governativi”. In termini di infrastrutture, inoltre, secondo il documento ad aiutare la diffusione degli impianti per lo sfruttamento dell’energia mareomotrice potrebbe essere in realtà un concorrente: l’eolico offshore. Esso potrebbe comportare la diffusione di reti elettriche in loco e rendere più semplice il raccordo degli impianti.
Energia mareomotrice in Italia e nel mondo
La presenza dell’energia dalle maree nel mondo
Anche in Italia esiste la possibilità di sfruttare l’energia delle maree. Secondo la compagnia Acea, il nostro paese “si è dimostrato attento all’utilizzo di questa fonte di energia rinnovabile, al punto di progettare la realizzazione di diversi impianti, soprattutto in ambito portuale”.
Uno du questi è presente in Toscana, a Punta Righini (avviato nel 2013). Un altro a Ganzirri, nei pressi di Messina (una turbina ancorata al fondale con una potenza di 25kW). “Il porto di Civitavecchia, inoltre – prosegue Acea – ha predisposto l’installazione di due dispositivi: Rewec e Wavesax, per produrre energia elettrica sfruttando aria compressa dal movimento delle acque”.
Si tratta per ora di esperienze isolate e di impianti di piccole dimensioni. Tuttavia, l’Italia – pur non presentando coefficienti di maree come quelli dei paesi nordici, avendo a disposizione ben ottomila chilometri di coste può pensare di sfruttare tale possibilità. In particolare, la Sardegna è la regione che presenta le condizioni migliori.
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