Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Entro il 2030 potrebbero scomparire 170 milioni di ettari di foreste
L’allarme viene lanciato dal Wwf che ha individuato undici aree in cui si concentrerà l’80 per cento della perdita di foreste.
Immaginate un’enorme, lussureggiante foresta, estesa quanto Germania, Francia, Spagna e Portogallo messi insieme, per una superficie totale di 170 milioni di ettari. Entro due decenni questa superficie boschiva, ripartita chiaramente in diverse aree del pianeta, sarà rasa al suolo.
È quanto emerge dal rapporto “Living Forests Report: Saving Forests at Risk” del Wwf, presentato in occasione del “Tropical Landscapes Summit” in corso a Giacarta, in Indonesia. L’associazione ambientalista ha inoltre individuato undici aree nelle quali si concentrerà l’80 per cento della deforestazione prevista per il 2030.
Le aree verdi più a rischio sono l’Amazzonia, l’area della foresta atlantica e del Gran Chaco in Sud America, il Cerrado, una ecoregione del Brasile, la foresta pluviale del Choco-Darien, in Ecuador, il bacino del Congo, in Africa equatoriale, l’Africa Orientale, l’Australia orientale, la zona del Greater Mekong, in Tailandia, il Borneo, nel sud-est asiatico, la Nuova Guinea e l’isola indonesiana di Sumatra.
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La distruzione degli ultimi grandi polmoni verdi del pianeta avrebbe effetti catastrofici, queste antiche foreste offrono riparo e sostentamento a numerose comunità indigene, la cui vita è indissolubilmente legata all’ecosistema circostante, e ospitano la più ricca concentrazione di fauna selvatica al mondo, tra cui specie a rischio estinzione come oranghi e tigri, solo per citare le specie più carismatiche.
Il problema però non riguarda solo indigeni e animali, coinvolge ogni singolo abitante del pianeta. Le foreste immagazzinano infatti enormi quantità di carbonio che vengono rilasciate nell’atmosfera quando gli alberi vengono abbattuti.
Le cause della perdita di foreste sono molteplici ma sono tutte riconducibili all’attività umana, dall’espansione dell’agricoltura e degli allevamenti (le attività agricole oggi occupano il 38 per cento della superficie delle terre emerse), all’abbattimento finalizzato alla produzione di legname, fino all’estrazione mineraria e alla costruzione di dighe idroelettriche.
Secondo il rapporto del Wwf se non si inverte questa tendenza entro il 2050 saranno oltre 230 i milioni di ettari di foresta andati in fumo, la deforestazione deve essere ridotta quasi a zero entro il 2020 per evitare cambiamenti climatici pericolosi e gravi perdite economiche.
Un cambiamento serve e serve ora e passa necessariamente da un’intelligente pianificazione territoriale e da un’agricoltura sostenibile, non dimenticando mai che alla sopravvivenza delle foreste è legata la nostra esistenza.
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