Perché si torna a parlare di eolico offshore in Italia

Nelle scorse settimane sono almeno due i progetti presentati, al largo delle coste riminesi e siciliane. Il potenziale è enorme, ma la macchina burocratica resta farraginosa.

Grandi turbine quasi a pelo d’acqua che sorgono al largo delle coste e producono energia elettrica alimentando la rete nazionale, arrivando nelle nostre case, uffici, automobili (elettriche). Così si presenta un impianto eolico offshore, già operativi da decenni in altri paesi – soprattutto nel nord Europa – che potrebbe vedere la luce anche al largo delle coste italiane. Il condizionale è d’obbligo perché, a parte un primo impianto confermato al largo delle coste tarantine, per ora si è solo alla fase progettuale degli altri possibili impianti che potrebbero vedere la luce non prima di cinque o sei anni.

eolico offshore
Due i progetti che dovrebbero sorgere al largo delle coste italiane, a Rimini e Marsala © Peter Macdiarmid/Getty

Nelle ultime settimane si è infatti tornati a parlare di due progetti in particolare: il primo che dovrebbe sorgere al largo di Rimini e realizzato dalla società Wind 2000; il secondo, chiamato 7Seas Med, dovrebbe invece sorgere nel Canale di Sicilia, al largo di Marsala e, una volta completato, sarà il primo parco eolico galleggiante del Mediterraneo.

A Rimini 59 turbine di eolico offshore per un massimo di 300 MW

Lo scorso marzo è entrato nel vivo l’iter autorizzativo per la realizzazione dell’impianto con la richiesta della concessione demaniale al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, mentre nel 2019 la società aveva già avuto l’autorizzazione da parte di Terna per l’incremento della connessione da 200 a 330 megawatt (MW).

Il prossimo passo sarà quello di avere le autorizzazioni dagli altri ministeri coinvolti (Mise e Mattm) e il parere positivo da parte della Valutazione di impatto ambientale, per poi giungere all’Autorizzazione unica. “Purtroppo l’iter di autorizzazione durerà ancora molto, ci vorrebbero al massimo due anni, anche tenendo conto di tutti gli aspetti della Valutazione di impatto ambientale”, spiega Simone Togni a LifeGate, presidente di Anev, l’Associazione nazionale energia del vento. “Mediamente invece ci vogliono dai cinque ai sei anni”.

L’impianto, che già ha sollevato i primi pareri contrari da parte della Lega e di Italia Nostra, dovrebbe sorgere nel bacino del mare Adriatico tra la costa di Rimini e Cattolica. Avrà la forma di tre archi, due dei quali formeranno un’ogiva. Questa conformazione è stata scelta per ridurre l’area demaniale impiegata nel progetto. La distanza tra le turbine sarà di 680 metri mentre saranno installate su fondali che vanno dai 13 ai 32 metri di profondità. Secondo quanto si può leggere nel progetto sono previsti 59 aero-generatori che potranno sviluppare una potenza massima complessiva di 330MW.

Al largo di Marsala 25 pale galleggianti

Altro progetto presentato prima che scoppiasse la pandemia da Covid-19 e che vedrà un investimento di 741 milioni di euro, è quello sviluppato dalla società danese Copenhagen Offshore Partners con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partners.

7Seas Med, così il nome del progetto, sarà composto da 25 pale galleggianti da 10 MW ciascuna e sorgerà a una distanza di oltre 35 chilometri da Marsala e altrettanti dalle Egadi, quindi invisibile dalla costa. “Il programma prevede di avviare il cantiere nel 2023”, ha detto all’Ansa il progettista Luigi Severini, che ha firmato anche il progetto del parco eolico offshore di Taranto.

Già perché a dirla tutta il primo e l’unico parco eolico offshore in costruzione ad oggi è quello al largo di Taranto: il Beleolico, un impianto con una potenza nominale totale di 30 MW costituito da dieci turbine da 3 MW ciascuna, come confermato anche dal presidente di Anev.

Cosa sta bloccando lo sviluppo dell’eolico in Italia

Perché si è tornati a parlare di eolico proprio in queste settimane? Secondo Togni “in questo momento c’è un po’ di fermento perché siamo in attesa del decreto Fer 2 che dovrebbe incentivare le fonti rinnovabili meno competitive, eolico offhsore compreso”. Ma restano dei dubbi, dato che l’eolico fatica ancora oggi a decollare in Italia.

“Siamo in un’epoca storica in cui c’è uno scollamento tra le intenzioni della politica e l’assoluta mancanza di strumenti per raggiungerle”, sottolinea Togni. Basti pensare che secondo gli obiettivi del Pniec (Piano energia e clima) l’eolico offshore dovrebbe arrivare ai 300 MW entro il 2025 per triplicare nel 2030.

Mancano però “gli strumenti e i decreti attuativi per poterli raggiungere. Manca la semplificazione dell’iter autorizzativo, una situazione che porta l’Italia a fare molta fatica a raggiungere quegli obiettivi dichiarati dallo stesso governo”.

Oggi in Italia abbiamo raggiunto i 10 GW di potenza installata, che potrebbe essere più che raddoppiata entro il 2030. Secondo Togni, sfruttando l’eolico esistente e puntando anche sull’offshore, si potrebbe arrivare ai 25 GW di potenza installata. Contribuiendo in questo modo a decarbonizzare il settore energetico e riducendo ulteriormente le emissioni di CO2 del nostro paese.

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