Nel nord dell’Iraq si festeggia la vittoria al referendum sull’indipendenza del Kurdistan. Bagdad: “Avete 72 ore per fare retromarcia”.
Erdogan stravince. La Turchia è nelle sue mani
Il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha vinto, contro ogni pronostico, le elezioni parlamentari che si sono tenute domenica 1 novembre. Tutti i sondaggi, infatti, davano l’Akp poco sopra il 40 per cento, mentre i risultati ufficiali danno al partito di Erdogan il 49,4 per cento
Il Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) del presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha vinto, contro ogni pronostico, le elezioni parlamentari che si sono tenute domenica 1 novembre. Tutti i sondaggi, infatti, davano l’Akp poco sopra il 40 per cento, mentre i risultati ufficiali danno al partito di Erdogan il 49,4 per cento dei voti consentendogli di formare un governo in autonomia grazie a 316 seggi ottenuti su 550. Per governare ne sarebbero bastati 276.
Per 14 seggi, l’Akp non è riuscito a raggiungere la soglia di 330 seggi che gli avrebbe consentito di indire un referendum per cambiare la costituzione. A quota 367 il governo avrebbe addirittura potuto modificarla direttamente. Al clamoroso successo del partito guidato da Erdogan è corrisposta una delusione cocente del Partito democratico del popolo (Hdp) che fa capo alla minoranza curda che, pur essendo riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10 per cento (10,7 per cento) per entrare in parlamento, non ha bissato il successo delle elezioni di giugno quando aveva ottenuto il 13 per cento. All’Hdp spettano 59 seggi. Stessa sorte è toccata anche al Partito del movimento nazionalista di estrema destra che ha preso circa il 5 per cento in meno di voti rispetto a giugno, ottenendo 41 seggi.
Not a single one of the pollsters showed AKP >45%. Either this is a huge upset or the early results are way off. pic.twitter.com/TuDcd2iq8N
— Isobel Finkel (@is_fink) 1 Novembre 2015
Le elezioni hanno mostrato che il popolo “preferisce l’azione e lo sviluppo alle polemiche e alle controversie – ha dichiarato Erdogan – dando prova del suo forte desiderio di unità e integrità”. La delusione dei sostenitori dell’Hdp ha dato vita a scontri con la polizia. Quegli stessi scontri che secondo gli analisti hanno consentito all’Akp di accaparrarsi i voti dell’estrema destra e all’Hdp di non sfondare come previsto. Alcuni avevano addirittura scommesso che il principale partito curdo avrebbe superato il 15 per cento. Così non è stato.
La strategia della tensione, dello scontro con i ribelli curdi scelta dal governo alla vigilia delle elezioni, in particolare nella città che i curdi definiscono la loro capitale, Silvan, ha portato i suoi frutti. Ma più che portare a un consolidamento dei simpatizzanti della causa curda intorno all’Hdp (il principale partito di centrosinistra – Partito popolare repubblicano, Chp – è rimasto fermo al 25 per cento), ha convinto gli estremisti di destra a credere alle parole di Erdogan, fatte di nazionalismo, unità e stabilità interna da raggiungere a ogni costo. Anche con la forza.
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