Vecchi e nuovi ogm sono sottoposti alle stesse regole, ma ora le cose potrebbero cambiare. Una petizione vuole evitare questo rischio.
Etichetta obbligatoria per i cibi Ogm
Forse un passo avanti nella battaglia ai cibi geneticamente modificati. Dopo un interminabile negoziato, il Consiglio dei ministri dell’Agricoltura UE, ha finalmente preso una decisione sull’etichettatura: d’ora in avanti, ha sentenziato l’Unione Europea, se la presenza di Ogm (nel caso in cui la coltivazione sia autorizzata) supera lo 0,9% sarà obbligatorio indicarlo al consumatore sull’etichetta.
Forse un passo avanti nella battaglia ai cibi geneticamente
modificati. Dopo un interminabile negoziato, il Consiglio dei
ministri dell’Agricoltura UE, ha finalmente preso una decisione
sull’etichettatura: d’ora in avanti, ha sentenziato l’Unione
Europea, se la presenza di Ogm (nel caso in cui la coltivazione sia
autorizzata) supera lo 0,9% sarà obbligatorio indicarlo al
consumatore sull’etichetta. I limiti si abbassano ulteriormente
(non è possibile andare oltre lo 0,5%) per gli organismi
geneticamente modificati non autorizzati: al di sotto della soglia
stabilita la presenza (per quanto vietata) si considera
“accidentale e tollerata”, mentre se viene superata il prodotto
transgenico non può essere messo in commercio.
Una tolleranza che, da subito, è piaciuta poco alle
associazioni ambientaliste che hanno giudicato “lassiste” le
decisioni prese a Bruxelles.
Anche per i ministri dell’Agricoltura italiano, francese e tedesco,
la soglia stabilita è troppo alta, ma resta comunque il
frutto di un difficile compromesso con la posizione ambigua del
commissario europeo ai problemi dei consumatori David Byrne (che
prospettava addirittura un limite dell’1% per i transigici non
autorizzati) e con i colleghi di altre nazioni. In particolare
della Gran Bretagna che ha votato contro l’accordo e che, al pari
(oltre i confini del Vecchio Continente) degli Stati Uniti, si
è sempre dimostrata molto più favorevole agli
Ogm.
E proprio per gli Stati Uniti si profilano tempi duri: le
importazioni di alimenti e mangimi made in USA (dove non esiste
l’obbligo di etichettatura e dove, anzi, i prodotti transgenici
sono coltivati di frequente) potrebbero risultare molto più
difficoltose.
Ora la parola passa al Parlamento Europeo che deve esaminare il
provvedimento in seconda lettura: ma sembra scontato che anche
Strasburgo darà il via libera al compromesso.
Roberta Marino
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