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In Europa, le imprese sociali d’inserimento fanno bene al lavoro
In Europa, le persone più svantaggiate possono contare sulle imprese sociali d’inserimento per ritrovare un impiego.
Trovare un posto nella società e nel mercato del lavoro per disabili, ex detenuti, disoccupati di lunga data, persone senza domicilio fisso: è questo il compito delle imprese sociali di inserimento lavorativo. Una missione che assolvono con particolare efficacia. È questo almeno che emerge da un’indagine realizzata dall’European network of social integration enterprises, struttura europea che raggruppa 27 reti nazionali e regionali di imprese di reinserimento presenti in 18 paesi europei per un totale di 2.500 imprese e 400.000 lavoratori.
Più di uno su due ce la fa a ritrovare un lavoro
L’indagine è basata su una griglia di quaranta indicatori e ha coinvolto 807 imprese sociali d’inserimento presenti in nove paesi europei fra cui l’Italia con la rete di cooperative bresciane Cauto e il consorzio veneto EVT. Analizzando le prospettive professionali di quasi 13.000 lavoratori a fine percorso in queste imprese è emerso che quasi la metà (il 48,5 per cento) ha trovato un posto all’interno della stessa struttura, in un’altra simile o in un’impresa tradizionale. Se si sommano poi quanti – il 17 per cento – hanno creato la propria attività o si sono iscritti ad un percorso di formazione, gli autori dell’indagine concludono che il passaggio da un’impresa di reinserimento è stato benefico per il 65 per cento del campione.
Le imprese sociali di Paesi Bassi, Croazia e Portogallo le più efficaci
Le imprese sociali di inserimento lavorativo sono presenti in tutta Europa sotto diverse forme legali e con caratteristiche differenti. In Italia, ad esempio, l’inserimento lavorativo è garantito per lo più da cooperative sociali che tendono a stabilizzare i lavoratori al loro interno mentre in Francia questa funzione è assolta da associazioni e imprese private che fungono da trampolino verso l’impiego sul mercato del lavoro tradizionale. Osservando le performance delle imprese d’inserimento paese per paese, le imprese più efficaci secondo l’inchiesta risultano quelle di Paesi Bassi, Portogallo e Croazia, dove la totalità dei lavoratori trova un impiego stabile. Fanalino di coda la Danimarca, dove l’inserimento ha successo per meno di un terzo dei lavoratori. Quanto all’Italia, l’indagine indica che il percorso dà buon esito per un lavoratore su due.
I limiti della ricerca
L’indagine di Ensie ha tuttavia alcuni limiti. Analizzando più nel dettaglio la composizione del campione si nota infatti come le ottocento imprese intervistate non siano equamente ripartite fra i nove paesi. Le imprese francesi, ben 500, rappresentano più della metà del campione seguite con ampio distacco dalle quasi 200 imprese spagnole e dalle 73 imprese olandesi. Francia, Spagna, Croazia, Romania e Paesi Bassi risultano quindi molto rappresentati, mentre la presenza di altri paesi è praticamente inconsistente. È il caso in particolare dell’Italia, dove le 12 imprese del campione rappresentano un misero 0,19 per cento delle nostre 6.389 realtà d’inserimento. L’efficacia delle imprese di reinserimento italiane e in particolare delle cooperative sociali è tuttavia già stata evidenziata da altri studi come l’ultima edizione dell’Osservatorio nazionale sulle imprese sociali di Isfol: per ogni euro investito nell’inserimento lavorativo di un soggetto svantaggiato attraverso una cooperativa sociale, la società ci guadagna quasi il doppio.
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