Gli esemplari di lemuri e tartarughe erano stati prelevati in Madagascar e portati in Tailandia. Quindici persone arrestate nei due paesi.
L’iniziativa per liberare l’Europa dalla crudeltà delle pellicce
Sono milioni ogni anno gli animali allevati e uccisi per ricavare pellicce. Le associazioni animaliste europee chiedono di fermare questa crudeltà.
File di gabbie metalliche, impilate le une sulle altre in stanze chiuse, senza finestre, sporche e con cumuli di escrementi sul pavimento. Il contesto è quello di un allevamento di cincillà in Romania, nella prima inchiesta mai realizzata su queste strutture. Gli investigatori di Humane society international/Europe hanno documentato la triste realtà di questi animali che ancora oggi vengono allevati e uccisi per la produzione di pellicce. I filmati mostrano cuccioli di cincillà che a fatica camminano sul filo metallico delle gabbie e scivolano attraverso le maglie, e cincillà adulti che masticano freneticamente le sbarre, un comportamento dovuto allo stress del confinamento. E ancora animali costretti a riprodursi di continuo e altri uccisi in camere a gas casalinghe.
La crudeltà legalizzata delle pellicce
Secondo i dati commerciali più recenti, tra il 2020 e il 2021 l’Italia ha importato dalla Romania pellicce grezze, conciate e articoli di abbigliamento e accessori di pellicceria per un valore combinato di oltre un milione e 200mila euro. Finché l’Italia continuerà a importare pellicce da Paesi come la Romania, continueremo a essere complici della sofferenza di questi animali. Le immagini raccolte durante l’investigazione di Hsi/Europe e questi dati sottolineano non solo la necessità per la Romania di vietare gli allevamenti di animali da pelliccia, ma anche per l’intera Unione europea di fare un passo avanti. Sebbene vigano tanti divieti nazionali, ogni anno nell’Ue ancora 18 milioni di animali selvatici (visoni, volpi, cani procione, cincillà) vengono allevati e uccisi al fine di ricavarne prodotti di pellicceria, liberamente commerciati. Questa forma di crudeltà legalizzata non può più essere tollerata.
Per questo motivo le associazioni animaliste di tutta Europa, rappresentate in Italia da Essere Animali, Humane society international/Europe, Ali – Animal law Italia e Lav, hanno dato avvio all’Iniziativa dei Cittadini europei “Fur free Europe” per chiedere l’introduzione di un divieto di allevamento di animali da pelliccia e di importazione e vendita dei prodotti di pellicceria in tutta l’Unione europea, compresi quelli provenienti da Paesi terzi. Al raggiungimento di un milione di firme convalidate di cittadini dell’Ue, la Commissione europea deve rispondere formalmente alla richiesta formulata. Si può firmare qui.
L’Iniziativa dei Cittadini europei (Ice) è lo strumento di democrazia partecipativa, previsto dal diritto comunitario, con il quale i cittadini dell’Ue possono invitare la Commissione europea a presentare una proposta di atto giuridico ai fini dell’attuazione dei trattati dell’Unione. A differenza delle comuni petizioni online, la raccolta delle firme di un’Ice è più complessa: deve avvenire entro dodici mesi di tempo, in almeno sette Stati membri e si richiede ai cittadini di fornire alcuni dati personali. Pertanto, non mancano gli inviti alla mobilitazione da parte delle tante associazioni promotrici. È così che nel settembre scorso, in occasione dell’inaugurazione della Settimana della moda a Milano, assieme alle associazioni Lav, Ali – Animal law Italia ed Essere Animali, Hsi/Europe ha proiettato sull’edificio della Camera nazionale della Moda italiana, un messaggio importante e urgente: “Act now for a Fur free Europe”.
La situazione in Europa
In Europa sono già tredici gli Stati membri che hanno formalmente messo al bando l’attività di allevamento di animali allo scopo di ricavarne pellicce (Austria, Belgio – dal 2023, Croazia, Estonia – dal 2026, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Olanda, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia); tra questi anche l’Italia con il divieto vigente dal primo gennaio di quest’anno. Sull’Italia è necessario aprire una parentesi: nel nostro Paese da un lato si festeggia una vittoria significativa per la protezione degli animali, dall’altro si constata che più di cinquemila visoni riproduttori sono ancora rinchiusi nelle gabbie, in attesa del decreto interministeriale che ne deciderà la sorte e ne disciplinerà l’eventuale cessione.
Gli ultimi aggiornamenti in merito risalgono al 12 ottobre, data in cui la Conferenza stato-regioni è stata convocata per esprimere il proprio parere allo schema di Decreto del ministro delle Politiche agricole, di concerto con i ministri della Salute e della Transizione ecologica recante “Criteri e modalità di corresponsione dell’indennizzo a favore dei titolari degli allevamenti di visoni, volpi, cani procione, cincillà e di animali di qualsiasi specie per la finalità di ricavarne pelliccia, nonché la disciplina delle cessioni e della detenzione dei suddetti animali”, e che era stato emanato con oltre sei mesi di ritardo, rispetto alla scadenza per legge del 31 gennaio 2022. Nel parere rilasciato, le regioni di fatto ritardano la possibilità di accasamento dei visoni proponendo di rimandare ad ulteriore Decreto interministeriale la regolamentazione dei requisiti strutturali e gestionali che le strutture dovranno garantire per essere ritenute idonee all’accoglimento degli animali.
Il divieto di allevamento di animali destinati alla produzione di pellicce in Italia è un traguardo storico, che eviterà, stando ai dati dell’ultimo ciclo produttivo negli allevamenti italiani (2019), lo sfruttamento di 60mila visoni l’anno. Ora è necessario che il governo porti a termine il lavoro. Al contempo le associazioni rivolgono un appello di solidarietà e civiltà anche ai cittadini italiani ed europei. Soprattutto con l’arrivo delle feste e il periodo degli acquisti, fomentato dal Black Friday, è essenziale riportare l’attenzione sul tema. Molti consumatori saranno in cerca dell’affare, soprattutto online, ed è bene ricordare, in occasione del Fur free Friday – la ricorrenza annuale di azione globale contro le pellicce – che un clic può uccidere, costando la vita agli animali allevati a tale scopo. Un clic però può anche salvare: firmando l’Iniziativa dei cittadini europei “Fur free Europe” è possibile creare un’Europa finalmente libera dalla crudeltà delle pellicce.
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