Mancano 3.700 GW per centrare l’obiettivo di triplicare le rinnovabili, secondo Ember. Ma ora c’è chi teme un rallentamento della crescita solare dopo anni.
Europa e rinnovabili, la transizione prosegue trainata da vento e sole
In Europa la transizione energetica è vicina, grazie a un mix di eolico e solare, ma infrastrutture e burocrazia rischiano di rallentarla
Già lo scorso novembre, il think tank energetico Ember aveva lanciato l’allarme. Le fonti rinnovabili stanno sì accelerando in tutto il mondo, ma non al ritmo sufficiente per triplicarne la capacità entro il 2030 a livello globale. Ma qual è la situazione in Europa? Quali paesi si stanno muovendo meglio e quali devono recuperare?
“Il sistema energetico europeo si muove rapidamente – assicura Chris Rosslowe, senior analyst Europe di Ember – specialmente a seguito del conflitto russo-ucraino, che ha messo in evidenza le criticità dovute alla dipendenza dell’Europa dal gas importato. Il mix energetico ha visto solare ed eolico crescere da una quota del 34 per cento nel 2019, anno di inizio del green deal europeo, al 44 per cento del 2023, e quest’anno aumenterà ulteriormente, rendendo gli ambiziosi obiettivi europei un faro della transizione”.
Solare ed eolico giocano un ruolo di primo piano, grazie alla loro complementarietà. “Contrariamente ad alcuni luoghi comuni – assicura Rosslowe – in Europa vento e sole abbondano. In particolare l’alternanza di eolico in inverno e solare in estate fanno sì che difficilmente ci siano periodi di bassa produzione da fonti rinnovabili. Per questo è fondamentale aumentare le interconnessioni tra i paesi, così da rendere le rinnovabili più convenienti. Il solare gioca un ruolo cruciale: per due anni di fila, ha avuto il più alto tasso di crescita nell’Unione europea e in molti paesi è anche la fonte di elettricità più economica”.
L’Italia è il punto di ingresso della transizione energetica europea
Solare ed eolico, insieme a idrogeno e storage energetico, sono quindi due pilastri del mix energetico europeo e sono al centro della strategia anche di Metlen Energy & Metals, operatore greco che ha piani di espansione molto importanti anche in Italia grazie alle partnership locali.
“La conformazione unica del paese, ideale per eolico e fotovoltaico, una legislazione favorevole, che pone l’obiettivo di raggiungere il 65 per cento di rinnovabili entro il 2030, e una domanda energetica robusta rendono l’Italia il punto d’ingresso naturale per la nostra espansione in Europa – assicura Aris Spiropoulos, regional managing director Italy & Eastern Europe di Metlen Energy & Metals –. Abbiamo 180 progetti in 15 regioni per 3,7 GW di energia complessiva. Collaboriamo con partner come Statkraft e Saint-Gobain focalizzandoci anche su tecnologie emergenti, come lo storage e la produzione di idrogeno verde, per le quali abbiamo progetti significativi in Sardegna, Puglia e Basilicata”.
In questo momento, il portafoglio italiano di Metlen prevede progetti solari per 2,3 GW. Un contributo significativo ai 79 GW di capacità solare complessiva previsti per il nostro paese entro il 2030. Nel resto d’Europa, Metlen ha piani di sviluppo per altri 8,2 GW, con Polonia, Romania, Bulgaria, Croazia, Spagna e Regno Unito in prima fila, sempre grazie a un mix di fotovoltaico, stoccaggio, eolico e idrogeno verde.
Burocrazia e instabilità di rete ostacolano lo sviluppo delle rinnovabili in Europa
In questo scenario positivo, non mancano tuttavia le criticità. “Il ritmo di sviluppo di tecnologie e infrastrutture è ancora insufficiente – segnala Rosslowe di Ember –. L’eolico viaggia intorno ai 16 GW l’anno dal 2022, ma dovrebbe raddoppiare il suo sviluppo da qui al 2030. L’Europa necessita maggiori capacità di stoccaggio energetico e una certa flessibilità della rete anche per sfruttare al meglio l’abbondante disponibilità di energia solare, che risente della carenza infrastrutturale e delle lungaggini burocratiche”.
Gli fa eco Metlen. “Molti progetti di rinnovabili in regioni ad alto potenziale come il sud Italia devono affrontare la congestione di rete o un’insufficiente capacità di trasmissione dai siti produttivi verso il nord. Questi colli di bottiglia spesso rallentano l’integrazione di nuovi progetti rinnovabili. Altri ostacoli sono di natura burocratica, in quanto i processi autorizzativi possono durare anni e impediscono lo sviluppo rapido di progetti già finanziati, malgrado comprendiamo l’importanza per l’Italia di assicurare che i nuovi impianti non compromettano un patrimonio paesaggistico e culturale molto ricco”.
Per far fronte a queste problematiche, Metlen investe anche in sistemi di storage energetico e per la modernizzazione della rete, anche favorendo accordi tra nazioni diverse. “Lavoriamo su strategie a lungo termine allineate agli obiettivi europei e le nostre collaborazioni con partner industriali e operatori, in particolare in Italia, cercano non solo di aumentare la capacità rinnovabile, ma anche di favorire la resilienza della rete, sull’esempio della Scandinavia, che ha una rete affidabile e un buon sistema di energia verde. Per esempio, uno dei progetti principali che ci vede impegnati, l’Eastern Green Link 1 (EGL1), riguarda l’interconnessione sottomarina al largo del Regno Unito, in joint venture con GE Vernova. Questo progetto infrastrutturale giocherà un ruolo chiave nella decarbonizzazione britannica e nella transizione energetica in generale”.
Anche un osservatore come Ember non ritiene che le difficoltà tecniche possano essere una barriera insormontabile, come dimostra sempre l’esempio del Regno Unito, che dal 2025 sta pianificando di alimentare la rete con sole fonti non fossili. In Irlanda il 75 per cento dell’energia proviene da eolico e solare, e il paese ha in programma di aumentare questa quota. Il Regno Unito ha anche individuato nello strumento finanziario del contratto di differenza (Cfd) una soluzione idonea per sviluppare l’eolico offshore nonostante l’instabilità del vento. “Il fatto di delineare un percorso realistico di uscita dalle fonti fossili con tempi certi, come hanno già fatto 23 paesi europei per il carbone, è il fattore più importante nella transizione, anche per rassicurare le comunità sulle ricadute in termini occupazionali. Le ultime aste in Belgio e Olanda incentivano i potenziali sviluppatori a evidenziare il proprio approccio socio-ambientale”, conclude Rosslowe.
Insomma, la transizione verso le energie rinnovabili in Europa ha il vento a favore, nonostante il percorso non sia completamente lineare.
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