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Idea degli economisti: tassiamo carbone e petrolio per colmare il buco Brexit
Una tassa sui combustibili fossili come toccasana per la transizione energetica e per il bilancio dell’Unione europea. La proposta arriva da 19 economisti.
Lo scenario che i vertici dell’Unione europea hanno di fronte a sé non è certo facile. Da un lato, si trovano a fare i conti con la ferita (economica, oltre che politica) della Brexit. Dall’altro lato, devono trovare le risorse per finanziare la colossale transizione verso l’energia del futuro; una transizione che, per risultare sostenibile anche a livello sociale, passa anche per il sostegno ai cittadini e all’occupazione. Che fare, dunque? Secondo un gruppo di 19 stimati economisti, un grosso aiuto può arrivare da una tassa sui combustibili fossili.
Come ricavare 50 miliardi l’anno da carbone e petrolio
Con una lettera aperta alle autorità comunitarie, gli esperti suggeriscono di imporre una tassa sui combustibili fossili che per i primi cinque-sette anni potrebbe essere molto leggera: già solo con un contributo di 5 euro per ogni tonnellata di CO2 emessa in Europa bruciando carbone, petrolio e gas naturale, infatti, si arriverebbe a incassare circa 17 miliardi di euro l’anno.
Ma le proposte non finiscono qui. L’Europa, secondo gli economisti, dovrebbe valutare anche l’aumento delle accise sul diesel. Oppure, intervenire in modo mirato sul trasporto aereo, tramite una tassa sul kerosene o un’importa sul valore aggiunto da applicare ai biglietti. Così facendo, gli introiti si aggirerebbero sui 50 miliardi di euro l’anno.
Ma come si può rendere accettabile, a livello sociale e politico, questa tassa sui combustibili fossili? Semplicemente, continuano gli economisti, sfruttando i suoi proventi per una transizione energetica sostenibile per la società. Ciò significa, per esempio, creare un fondo europeo dedicato ai lavoratori maggiormente coinvolti nel cambiamento; erogare contributi alle città che devono rinnovare e migliorare il sistema di trasporti pubblici; sostenere la lotta alla povertà, nel Vecchio Continente e non solo.
Con questa presa di posizione forte su carbone e petrolio, per giunta, l’Europa si svincolerebbe gradualmente dalla propria dipendenza dalle importazioni di energia. Infine, lancerebbe un importante segnale agli investitori, incoraggiandoli a farsi parte attiva della transizione verso le rinnovabili.
Leggi anche: Il testo integrale della lettera, pubblicato da Qualenergia
L’Unione europea alle prese col bilancio
La proposta arriva attraverso una lettera aperta inviata al presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, al commissario per il bilancio e le risorse umane Günther Oettinger e ai ministri delle Finanze dei paesi dell’Unione. La giornata di oggi è particolarmente delicata per i capi di stato e di governo dei Ventisette, impegnati in un primo scambio informale di idee su quello che sarà il bilancio 2021-2027. Il progetto dovrà essere presentato il prossimo 2 maggio. Il nodo più importante da sciogliere è quello del budget, che attualmente rappresenta circa l’1 per cento del prodotto interno lordo ma potrebbe essere aumentato. Anche perché l’urgenza è quella di riempire il vuoto lasciato dall’uscita del Regno Unito, stimato in circa 10 miliardi di euro.
Chi insiste per la tassa sui combustibili fossili
La missiva è firmata da un gruppo di 19 economisti, tra cui Pascal Lamy, direttore del World Trade Organization (Wto) dal 2005 al 2013; Hans Eichel, ministro delle finanze dell’esecutivo tedesco guidato da Gerhard Schröder tra il 1999 e il 2005; il belga Paul de Grauwe, docente di politica economica e numero uno del dipartimento Europa alla London School of Economics; o ancora, il fondatore ed ex-direttore esecutivo del Global Compact Georg Kell. L’unico italiano è l’ex-presidente del consiglio Enrico Letta.
Foto in apertura © Lukas Schulze/Getty Images
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