Diritti umani

Suicidio assistito, svolta per Mario: deciso il farmaco da utilizzare

Un malato italiano si è visto riconosciuti i requisiti per l’eutanasia, e dopo 15 mesi di lotta è stato approvato anche il trattamento da utilizzare.

Ultimo aggiornamento dell’11 febbraio 

Per l’associazione Luca Coscioni “è una giornata storica”: oggi infatti l’Asur, Azienda sanitaria unica regionale delle Marche, dopo ha stabilito che il farmaco scelto da Mario, marchigiano di 43 anni rimasto tetraplegico a seguito di un incidente stradale, è corretto. Da oltre 15 mesi Mario sta tentando di far valere il proprio diritto di poter accedere all’aiuto suicidio medicalmente assistito in Italia, legale alla presenza di determinate condizioni indicate dalla Corte Costituzionale nella cosiddetta sentenza “Cappato\Dj Fabo”.  Finalmente, dopo l’ok solamente di principio che era arrivato lo scorso novembre dall’Asur, che aveva stabilito innanzitutto che il paziente si trovi nella piena facoltà di intendere e di volere, ora c’è anche l’indicazione delle modalità per procedere al suicidio assistito.

A novembre infatti il comitato etico dell’Asur aveva sollevato anche dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco chiesto dal paziente (il tiopentone sodico, nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato) e aveva dichiarato non essere di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità, demandando tutto al tribunale di Ancona. Oggi però la stessa Asur, dopo diffide e denunce, presentate dai legali dell’associazione Luca Coscioni, ha stabilito che il tiopentone va bene: secondo la commissione incaricata di esaminare il caso, infatti, il Tiopentone sodico “appare idoneo a garantire una morte rapida  (alcuni minuti) e indolore ad un dosaggio non inferiore a 3-5 grammi per una persona adulta del peso di 70 chili”. La modalità di somministrazione è quella dell’auto somministrazione mediante infusione endovenosa.

Verso nuove  svolte legislative

Il dibattito sul confine tra fine vita ed eutanasia è tornato prepotentemente di moda in questi giorni: mercoledì 9 febbraio, nel corso dell’udienze generale in Vaticano, Papa Francesco ha ribadito la posizione delle Chiesa, spiegando che “dobbiamo stare attenti a derive inaccettabili che portano a uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio”.

Nei prossimi giorni la Corte Costituzionale sarà chiamata a decidere l’ammissibilità di alcuni referendum tra cui quello sull’eutanasia, proprio mentre alla Camera è calendarizzato un disegno di legge sul fine vita che, criticato però dall’associazione Luca Coscioni che da anni si batte per l’eutanasia legale: “Sarebbe ora grave – dicono il tesoriere Marco Cappato e la segretaria Filomena Gallo – se il Parlamento insistesse a voler approvare delle norme che restringono, invece che ampliare, le regole già definite dalla Corte costituzionale”. Nel mirino c’è soprattutto il fatto che suicidio assistito previsto dalla legge concede solo la possibilità per il malato di autosomministrarsi la sostanza letale, fornita da un medico che non è punibile, e non che vi sia l’aiuto attivo del medico.

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Per la prima volta in Italia è stato riconosciuto a un malato il possesso dei pre-requisiti per accedere al suicidio assistito. Il comitato etico dell’Azienda sanitaria locale delle Marche infatti ha stabilito, caso senza precedenti nel nostro paese, che Mario (il nome è di fantasia per tutelare la privacy), tetraplegico e immobilizzato a letto da dieci anni, ha il diritto di decidere di porre fine alla propria agonia irreversibile con l’aiuto dei medici.

Era stato lo stesso Mario, lo scorso agosto, in una lettera aperta al quotidiano La Stampa, “a chiedere alla politica di aiutarlo a vedere riconosciuto il suo diritto al suicidio assistito” ricorda il giornale torinese. L’ok, di principio, invece è arrivato direttamente dall’Azienda sanitaria locale, che ha stabilito innanzitutto che il paziente si trova nella piena facoltà di intendere e di volere.

Si tratterebbe del primo caso in Italia di via libera al suicidio medicalmente assistito, dopo la sentenza Cappato-Dj Fabo emessa dalla corte ostituzionale nel 2018 che chiedeva al parlamento italiano di dotare il paese di una legge sull’eutanasia, in modo urgente.

La parola di nuovo al Tribunale di Ancona

Tutto bene dunque? Non è proprio così: la decisione è “di principio” perché la Regione Marche ha chiarito che il parere del comitato etico non porterà direttamente alla messa in atto del suicidio assistito per Mario: sarà nuovamente un tribunale, questa volta quello di Ancona, a decidere se il paziente potrà effettivamente avere diritto al suicidio medicalmente assistito.

Il comitato etico sollevato dubbi sulle modalità e sulla metodica del farmaco che il soggetto avrebbe chiesto (il tiopentone sodico, nella quantità di 20 grammi, senza specificare come dovesse essere somministrato) e ha dichiarato non essere di sua competenza l’eventuale individuazione di altre modalità.

In effetti, ha replicato l’Associazione Luca Coscioni, il problema è che la responsabilità di definire delle procedure tecniche “non è del malato, ovviamente, ma del servizio sanitario, che però si rifiuta di farlo”. Per questo la parola spetta adesso a un giudice, per l’ennesima volta dall’inizio del dibattito su fine vita, eutanasia, suicidio assistito. Sperando che sia l’ultima, grazie alle novità in arrivo, come quella del referendum.

Eutanasia, un dibattito lungo anni 

Era il 25 ottobre del 2018 infatti quando la Corte costituzionale si esprimeva così, dichiarando non punibile il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, Marco Cappato, per il caso di Dj Fabo, accompagnato a morire in Svizzera il 27 febbraio 2017.

“La corte costituzionale ha rilevato che l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale all’udienza del 24 settembre 2019”.

Risultato: il 2022 è alle porte e la legge non esiste ancora, bloccata dai veti incrociati delle maggioranze politiche che si sono avvicendate nel triennio trascorso.

La spinta del referendum sull’eutanasia legale

Al suo posto, un cospicuo numero di realtà della società civile con in testa proprio l’Associazione Luca Coscioni ha recentemente concluso la raccolto firme necessaria per la richiesto di un referendum popolare: il quesito per la parziale abrogazione del reato di omicidio del consenziente ha raccolto oltre un milione di adesioni, una cifra record e raggiunta in piena estate – ricordano i promotori – per un obiettivo sul quale il parlamento italiano non è stato finora in grado di prendere alcuna decisione, nonostante i richiami della Consulta: il diritto a scegliere di essere aiutati a porre fine alla propria vita.

“È possibile che la decisione del comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi – ha spiegato Filomena Gallo, codifensore del paziente e segretario della Coscioni –. Ma è certo che per avere regole chiare che vadano oltre la questione dell’aiuto al suicidio e regolino l’eutanasia in senso più ampio sarà necessario l’intervento del popolo italiano, con il referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente”.

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