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Il popolo indigeno degli evenki scrive a Putin, contro le miniere d’oro in Russia
L’espansione della maggiore società russa di estrazione dell’oro minaccia la salute dell’ambiente e il futuro delle popolazioni indigene.
- La maggiore società russa per l’estrazione dell’oro progetta di espandere le proprie attività in Yakutia, dove vivono gli evenki, uno dei circa cinquanta popoli indigeni della Russia.
- Secondo gli evenki, l’aumento delle attività estrattive minaccia pesantemente l’ambiente e con esso il futuro di queste popolazioni.
- Per difendere il proprio territorio, hanno inviato una lettera di protesta a Putin firmata da 164 persone.
“La polvere chimica gialla proveniente dalle miniere d’oro si deposita ovunque: sui licheni in estate. Sulla neve in inverno. Le renne non mangiano più, si allontanano alla ricerca di cibo e i pastori sono costretti a percorrere lunghissime distanze per seguirle. E poi i pesci che muoiono. Le foreste tirate giù. I nostri luoghi ancestrali che stanno sparendo…”. Zhanna Poluektova è un volto noto nel villaggio Tyanya, nella Repubblica di Sakha (Yakutia). Un territorio dell’Estremo oriente russo dove da secoli il popolo indigeno degli evenki vive di caccia e allevamento di renne, spostandosi da una parte all’altra della taigà dietro alle mandrie che brucano licheni, tra boschi di larici e cespugli di mirtilli.
Conosciuti anche come “tungusi” e detentori di una lingua il cui alfabeto scritto è apparso appena un secolo fa, furono proprio gli evenki in passato a guidare i cercatori d’oro russi verso le ricchezze del sottosuolo, contribuendo così allo sviluppo industriale dell’Unione sovietica.
Per gli evenki la natura è tutto. Da sempre vivono in armonia con essa e da essa ne ricavano le risorse necessarie per vivere. Ma adesso la loro terra è seriamente minacciata dallo sviluppo industriale e soprattutto dall’estrazione dell’oro: la società Nord Gold sta progettando in questa zona una nuova miniera. E per salvarsi, gli evenki hanno inviato una lettera di protesta direttamente al presidente russo Vladimir Putin, firmata da 164 persone.
La minaccia delle miniere d’oro in Russia
“Siamo estremamente preoccupati per l’ennesimo sequestro delle nostre terre, dove viviamo tramandando le nostre tradizioni ancestrali”, si legge nella lettera indirizzata non solo a Putin ma anche alle autorità regionali competenti. “Questa è l’ennesima espansione delle miniere della compagnia Nord Gold. Proprio l’intensa estrazione dell’oro sta causando un impatto devastante sull’ambiente, minacciando l’esistenza stessa della nostra gente”.
Gli evenki lo dicono da anni: la Nord Gold, il colosso russo dell’estrazione dell’oro, che solo in quella zona possiede tre miniere (ufficialmente opera su una superficie di 65 km quadrati), sta distruggendo l’ambiente e con esso la vita della comunità. “Sempre più persone si ammalano di cancro, molte sono morte, e i nostri giovani ormai se ne vanno”, racconta Zhanna Poluektova, insegnante e attivista sociale. “I funzionari vendono le licenze alle compagnie che sfruttano il sottosuolo e ci mettono davanti al fatto compiuto”.
Di proprietà del miliardario russo Alexej Mordashov, che nel 2021 guidava la classifica di Forbes degli uomini più ricchi del Paese, la Nord Gold estrae ogni anno più di venti tonnellate d’oro, concentrando un quarto della sua produzione proprio in Yakutia, un altro 22 per cento in Burkina Faso e un 17 per cento in Guinea. Nel 2021 ha dichiarato un utile netto di 374,5 milioni di dollari su un fatturato di 1,82 miliardi.
Quella degli evenki è una lunga battaglia
La battaglia degli evenki non è iniziata adesso. “Questo conflitto con la Nord Gold va avanti ormai da tempo”, ha spiegato Sargylana Kondakova, attivista e co-fondatrice della fondazione Free Yakutia . “E non è la prima volta che gli abitanti del piccolo villaggio di Tyanya scrivono a Putin: oltre all’oro, lì vengono estratti anche l’argento e altri metalli”, ha aggiunto.
All’inizio degli anni Duemila gli evenki, a suon di proteste, erano riusciti a ottenere la firma di alcuni documenti che imponevano alla Nord Gold di monitorare lo stato di salute del territorio e della popolazione, e di valutare i danni ambientali. Accordi, secondo gli abitanti del posto, regolarmente violati.
Nell’agosto 2020 il leader della comunità nomade di Tyanya, Arsentij Nikolaev, ha pagato a sue spese la lotta contro il colosso Nord Gold a difesa della popolazione indigena: la Neryungri-Metallik, una controllata della Nord Gold, lo ha accusato di corruzione ed estorsione, portandolo a processo. Nikolaev è morto nel novembre 2021 per malattia dopo essere rimasto undici mesi agli arresti domiciliari: la gente della sua comunità è convinta che il processo penale abbia profondamente compromesso la sua salute.
“L’appetito della Nord Gold è cresciuto di anno in anno e adesso stanno progettando la quarta miniera”, ha detto Sargylana Kondakova. “Agli abitanti della zona non resta altra scelta che protestare”.
Gli evenki nella guerra in Ucraina
Una protesta che tuttavia non va contro la linea del Cremlino. Anzi, la cavalca per rafforzare le proprie pretese. “Difendiamo gli interessi dello stato russo e oggi il nostro piccolo popolo sostiene la politica del presidente e della Russia”, si legge nella lettera che i 164 rappresentanti del popolo evenki hanno firmato e spedito a Putin.
Anche noi evenki stiamo partecipando all’operazione militare in Ucraina. Ma siamo giunti alla conclusione che l’espansione delle attività industriali e l’impatto sull’ambiente circostante stiano minacciando l’esistenza stessa del nostro popolo
Secondo l’Associazione dei piccoli popoli indigeni del nord, della Siberia e dell’Estremo oriente, oggi in Russia si contano appena 35mila evenki (ai quali si sommano alcune migliaia che abitano in Cina e in Mongolia). Circa la metà di questa popolazione si è trasferita in città, soprattutto i giovani. Gli altri vivono ancora adesso nelle tende tradizionali chiamate “čum”, si nutrono prevalentemente della carne degli animali che vengono cacciati e allevati, e mettono in tavola frutta e verdura solo quando qualcuno torna nella taigà dai centri abitati. Se c’è bisogno di riparare la motoslitta o di acquistare il carburante, gli evenki commerciano corna di renne: ottocento cinquanta rubli al chilo. Poco meno di dieci dollari.
Per continuare a vivere come hanno sempre fatto i loro antenati, ovvero di allevamento di renne, gli evenki hanno bisogno del territorio. “Le renne non sono mucche, non possono stare ferme in un recinto: migrano e per questo hanno bisogno del territorio”, ha spiegato Sargylana Kondakova . E paradossalmente, se nella parte più settentrionale della Repubblica di Sakha l’allevamento delle renne è ormai quasi del tutto scomparso, in questa zona resiste, e la gente lo vuole tramandare ai figli e ai nipoti.
La risposta della Nord Gold
La risposta della Nord Gold alla lettera inviata a Putin non si è fatta attendere. “Smentiamo le accuse su un presunto scontro tra la compagnia mineraria dell’oro e gli evenki, comprese le accuse di ‘sequestro di terreni’, violazioni ambientali e di altro tipo, si legge nel documento.” Accuse e calunnie che sono state diffuse anche attraverso agenti stranieri e risorse vietate sul territorio della Federazione Russa”. La società ha quindi ricordato gli accordi bilaterali siglati con gli evenki e il sostegno che l’azienda sta dando ai progetti per preservare la lingua dei popoli indigeni, le loro tradizioni e la memoria storica. E ha concluso, minacciosa: “La Nord Gold è pronta a utilizzare ogni mezzo per proteggere il proprio onore e la reputazione aziendale”.
Indignata la reazione della comunità. “Come possono chiamarci agenti stranieri? Noi che abbiamo figli, fratelli e mariti che stanno difendendo la patria nell’operazione militare in Ucraina. Noi, che abbiamo inviato circa sessanta pelli di renna e carne essiccata ai soldati e abbiamo sempre offerto attivamente il nostro aiuto per la vittoria del Paese. La risposta della Nord Gold distorce i fatti e ci fa passare per bugiardi. Il loro materiale è deliberatamente fuorviante”, ha detto Zhanna Poluektova.
Ora bisognerà vedere dove porteranno le proteste degli evenki. La Repubblica di Sakha infatti è una regione dove si continua a manifestare: a gennaio 2024 decine di persone erano scese in strada nel capoluogo Yakutsk dopo l’uccisione di un residente locale per mano di un cittadino tagiko.
“La Nord Gold si vanta di aver sborsato tre milioni e mezzo di rubli negli ultimi due anni, ma noi non abbiamo visto questi fondi, ha detto Poluektova. “Adesso corre voce che dopo la lettera a Putin vogliano addirittura cancellare i programmi sociali previsti per la zona. Per noi è importante preservare le nostre terre, i nostri fiumi, i pesci e le renne per tramandare il nostro stile di vita tradizionale alle future generazioni. Ma ciò sarà possibile solo se riusciremo a preservare la natura. Senza un ambiente pulito nessun programma ci salverà. L’ecologia è la risorsa più preziosa che lasceremo ai nostri discendenti”, ha concluso.
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