Nel 2023, gli Stati Uniti sono già stati colpiti da 23 eventi meteo estremi che hanno provocato danni superiori al miliardo di dollari ciascuno.
Nonostante ciò, sono tra i protagonisti dell’espansione della produzione di gas e petrolio pianificata da qui al 2050.
Nonostante la scienza dimostri in modo incontrovertibile quanto sia urgente abbattere le emissioni di gas serra per metterci in salvo dalla crisi climatica, c’è ancora chi trivella terre e fondali marini per estrarre gas e petrolio. Per la precisione, appena 20 stati sono responsabili di circa il 90 per cento delle emissioni di CO2 derivanti dai nuovi progetti estrattivi da qui al 2050. Primi fra tutti, gli Stati Uniti. Che stanno già pagando il prezzo di questa ostinazione per le fossili, visto che subiscono in prima persona l’impatto di eventi meteo estremi sempre più frequenti e sempre più devastanti.
Nel 2023, già 23 eventi meteo estremi dai danni più che miliardari
Uno dei più recenti è l’uragano Idalia che si è abbattuto sulla Florida alla fine di agosto, devastando soprattutto le zone rurali, rimaste isolate e senza elettricità per lunghe ore. Ma in tutto sono stati 23 gli eventi meteo estremi che si sono abbattuti sugli Stati Uniti a partire dall’inizio del 2023, provocando danni superiori al miliardo di dollari ciascuno. Finora l’anno peggiore era stato il 2020, con 22 eventi dal bilancio a nove zeri. Mancano ancora quattro mesi alla fine dell’anno, e questo record è già stato superato.
(1 of 5) JUST IN: The all-time highest number of billion dollar disasters on record occurred.
I dati sono ufficiali perché arrivano dalla Noaa, l’agenzia federale per l’amministrazione degli oceani e dell’atmosfera (National oceanic and atmospheric administration). È sempre la Noaa a far sapere che, a partire dal 1980, sono ben 371 i disastri climatici costati più di un miliardo di dollari ciascuno. Sommando tutti i danni, si arriva al vertiginoso totale di 2.615 miliardi di dollari.
Gli Stati Uniti sono (e resteranno) tra i maggiori produttori di gas e petrolio
Tutto questo, però, non sembra ancora sufficiente per convincere gli Stati Uniti ad abbandonare una volta per tutte le fonti fossili, prime responsabili del riscaldamento globale di origine antropica (e degli sconvolgimenti climatici che porta con sé). Anzi. Proprio gli Usa sono i maggiori produttori di gas e petrolio del mondo e stanno facendo di tutto per mantenere questo primato. A loro, infatti, è riconducibile più di un terzo delle emissioni di CO2 che deriveranno dai nuovi progetti estrattivi di gas e petrolio pianificati tra il 2023 e il 2050. Aggiungendo anche Canada, Australia, Norvegia e Regno Unito, si arriva al 51 per cento dell’espansione della produzione. È quanto emerge da un report di Oil change international.
NEW: @PriceofOil report finds 20 countries responsible for almost 90% of planned oil + gas expansion. We're calling them "Planet Wreckers."
“È semplice: quando ti trovi in una buca, il primo passo è quello di smettere di scavare”, sottolinea Romain Ioualalen. Global policy lead di Oil change international e coautore del rapporto. “La crisi climatica è di natura globale, ma è atrocemente ingiusta. Una manciata di nazioni, tra le più ricche del mondo, sta mettendo a rischio il nostro futuro ignorando volontariamente le richieste di eliminare gradualmente i combustibili fossili. Nonostante la scienza ci dica chiaramente cosa c’è in serbo se superiamo gli 1,5°C, questi cosiddetti leader climatici stanno pianificando il caos climatico. Continuare ad aumentare la produzione di combustibili fossili ovunque non è compatibile con un futuro vivibile ed è stato giustamente definito come una ‘follia morale ed economica’ dal segretario generale delle Nazioni Unite Guterres”.
Finanza climatica, carbon credit, gender, mitigazione. La Cop29 si è chiusa risultati difficilmente catalogabili in maniera netta come positivi o negativi.