5 anni di carcere per 2 post sui social, il caso di una pensionata russa

Con l’avvicinarsi delle presidenziali, il Cremlino si accanisce contro chi è contrario alla guerra in Ucraina. Il caso della pensionata Evgenija Majboroda.

Evgenija Majboroda è una pensionata di 72 anni. Vive a Shakht, una città nella regione di Rostov a mille chilometri da Mosca, e il 29 gennaio 2024 è stata condannata a cinque anni e mezzo di carcere per aver ripubblicato due post sul social network Vkontakte. Uno riportava il numero di soldati russi morti nei combattimenti in Ucraina. L’altro era un “video emotivo”, come ha detto Majboroda, che sui social era solita condividere messaggi di pace e biglietti d’auguri ortodossi. L’accusa nei suoi confronti: diffusione di fake news sull’esercito russo con motivi di odio politico e incitamento all’attività estremista. Majboroda, che ha da poco perso il fratello che era rimasto intrappolato sotto le macerie di un palazzo bombardato nella città ucraina di Dnipro (le cause della morte non sono state rese note), è solo l’ennesima persona anziana condannata in Russia a vari anni di carcere per aver condiviso sui social dei contenuti critici nei confronti della guerra.

Le accuse e la condanna di Evgenija Majboroda

Il caso di Evgenija Majboroda non è isolato. Come lei, anche un pensionato della regione di Kaliningrad, Igor Baryshnikov, 61 anni, è finito dietro le sbarre con l’accusa di aver diffuso fake news sull’esercito. A incastrarlo sono stati alcuni post su Facebook con cui condannava i bombardamenti delle città ucraine di Bucha e Mariupol. Baryshnikov dovrà ora scontare sette anni e mezzo di prigione. Ma già durante il processo il suo medico aveva avvertito che Igor potrebbe non sopravvivere dietro le sbarre per via delle sue precarie condizioni di salute e di un cancro sospetto che dovrebbe essere accertato e curato. Come scrive il progetto indipendente per i diritti umani ODV-Info, da quando è in carcere, le condizioni di salute di Igor si sono ulteriormente aggravate.

Secondo ODV-Info, sono 825 le persone che dall’inizio dell’invasione in Ucraina sono state coinvolte in procedimenti penali per le loro posizioni “contrarie alla guerra”; 253 di loro sono già in prigione, come Aleksandra Skochilenko, arrestata per aver sostituito i cartellini dei prezzi con dei biglietti contro la guerra in un supermercato di San Pietroburgo. Anche lei ha problemi di salute e più di 400 medici hanno chiesto la sua scarcerazione con una lettera aperta indirizzata al presidente Vladimir Putin.

Negli ultimi ventitré mesi, cioè da quando è iniziata l’operazione militare in Ucraina, il governo russo ha cercato in vari modi di mettere a tacere le voci contrarie al conflitto. Lo ha fatto emanando ben 51 leggi repressive che limitano la libertà di espressione e manifestazione dei cittadini russi. E con l’avvicinarsi delle presidenziali di marzo 2024 che dovrebbero confermare Putin al potere per altri sei anni (nella lista dei candidati, infatti, non sembrano esserci concorrenti reali), la stretta nei confronti di chi non accetta la linea del Cremlino si fa sempre più dura.

Le nuove restrizioni in Russia

Nei giorni scorsi la Duma di Stato, la camera bassa del parlamento russo, ha adottato una legge che consente la confisca dei beni (denaro e proprietà) alle persone condannate per fake news sull’esercito secondo l’articolo 207.3 del codice penale della Federazione russa. Come scrive il giornale indipendente Meduza, la nuova legge contempla anche la confisca dei beni di coloro che sono stati condannati in base a diversi altri articoli, come quelli di attività contrarie alla sicurezza dello Stato, inviti pubblici ad attività estremiste e riabilitazione del nazismo. Secondo i sostenitori del nuovo provvedimento, il denaro e gli oggetti di valore potrebbero essere utilizzati per finanziare reati e altre attività lesive della sicurezza del Paese.

Prima dell’adozione di questa legge, il codice penale russo prevedeva già la confisca dei beni alle persone condannate in base a diverse decine di articoli, ma si trattava principalmente di articoli di natura economica o di reati gravi e particolarmente gravi.

Questo provvedimento è una misura per punire “i traditori che commettono crimini contro il loro Paese”, ha detto il presidente della camera bassa russa Vjacheslav Volodin. L’ennesima dimostrazione di come la repressione in Russia abbia raggiunto “un livello senza precedenti nella storia recente”, come ha denunciato l’autunno scorso l’inviato speciale dell’Onu Mariana Katzarova. Che ha detto: “Le progressive e calcolate restrizioni dei diritti umani in Russia negli ultimi due decenni sono culminate nell’attuale politica statale di criminalizzazione di qualsiasi dissenso, reale o percepito”.

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