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I ghiacciai ieri e oggi. Come sono cambiati nelle fotografie di Fabiano Ventura
Abbiamo incontrato il fotografo Fabiano Ventura per parlare della salute dei ghiacciai attraverso i suoi confronti fotografici.
“Come cambia il paesaggio, quali nuovi elementi nascono o spariscono, lo vedi tu”. Recita così la segnaletica che accompagna l’escursione fino al ghiacciaio Fellaria, in Valmalenco. Lungo il percorso, una serie di indicazioni rende impossibile ignorarne la storia. A causa della crisi climatica, i ghiacciai stanno scomparendo sempre più velocemente anche dalle nostre Alpi e basta restare dieci minuti vicino al Fellaria per sentire il rumore del ghiaccio che si rompe e i pezzi che cadono in acqua. Quasi due secoli fa, il ritiro della lingua glaciale ha liberato il fondovalle dal ghiaccio che poi nel ventennio dal 1990 al 2010 si è ritirato sempre più velocemente. Si è così formato un nuovo lago, la base è scomparsa, sono diventate visibili nuove rocce e il ghiacciaio si è spaccato in due parti. Quello che si vede oggi non è che l’ombra di com’era un tempo. Una cosa di cui ci si rende facilmente conto quando lo si visita e soprattutto quando si guardano gli scatti del fotografo Fabiano Ventura.
12 anni di confronti fotografici
Fabiano Ventura ha dedicato gli ultimi 12 anni a studiare e fotografare i ghiacciai della Terra per comprendere e documentare il loro stato di salute. Dal suo lavoro è nato Sulle tracce dei ghiacciai, un progetto fotografico-scientifico che realizza confronti visivi sulle condizioni dei ghiacciai del mondo, grazie al contributo di fotografi specializzati e di scienziati glaciologi. Alcuni dei luoghi campione analizzati, sono stati il Karakorum, il Caucaso, l’Alaska, le Ande, l’Himalaya e le nostre Alpi.
Dietro ogni confronto si cela un lungo lavoro di analisi che unisce le necessità estetiche della fotografia, allo studio dei luoghi, alla divulgazione scientifica. “Il lavoro di ricerca prima di ogni spedizione è la base di tutto. Senza le fotografie storiche non potremmo lavorare. Per questo passiamo mesi a cercare nei vari archivi pubblici e privati, fondazioni, musei, proprio per selezionare quelle immagini che poi andiamo a ripetere sul campo nello stesso periodo dell’anno, nello stesso luogo geografico, ma anche nello stesso momento della giornata”, ci spiega Ventura, che è anche un National geographic explorer. “Durante le spedizioni coinvolgiamo una serie di ricercatori soprattutto glaciologi e climatologi per estrapolare dati quantitativi sullo stato di salute dei ghiacciai”.
I confronti sono realizzati nello stesso periodo dell’anno, nello stesso luogo geografico e nello stesso momento della giornata.
In ultimo, viene organizzata una serie di eventi pubblici per diffondere e divulgare i risultati raccolti. Questo può tradursi in mostre itineranti, documentari, conferenze, video installazioni o vere e proprie mostre museali, come quella che verrà esposta in prima mondiale al Forte di Bard a giugno 2022.
Per Fabiano Ventura i ghiacciai sono i termometri terrestri
“Personalmente ho voluto creare questo progetto per realizzare una documentazione fotografica, unica e inequivocabile sul tema dell’arretramento dei ghiacciai”, ci spiega. “Questi confronti fotografici hanno un forte impatto emotivo e sono anche inequivocabili, fanno vedere appunto come le grandi masse, i grandi ghiacciai del mondo stanno arretrando”.
I ghiacciai sono considerati delle vere e proprie sentinelle del clima, dei termometri terrestri che vanno preservati, studiati e compresi, ci spiega. “Purtroppo, sulle Alpi c’è stato un aumento di due gradi rispetto a tante altre zone del mondo, praticamente doppio rispetto a tutte le altre catene montuose. Un po’ anche com’è successo in Caucaso e questo ha fatto sì che negli ultimi 40-50 anni abbiamo perso il 60 per cento dei nostri ghiacciai”.
Dalle sue parole, però, si capisce anche che il peggio non è ancora passato: “Se anche oggi riuscissimo a fermare i livelli di CO2 in atmosfera e le temperature restassero quelle che sono per 50 anni, i ghiacciai continuerebbero comunque a fondere e a collassare proprio perché oggi non c’è un equilibrio, non si è ancora trovato un equilibrio di stabilità per quanto è aumentata la temperatura. I ghiacciai hanno una forte inerzia, non è che in tre, quattro anni si stabilizzano”.
E se scomparissero?
Oltre che da un punto di vista paesaggistico, la loro scomparsa avrebbe enormi conseguenze anche dal punto di vista della sicurezza pubblica: lo scioglimento del permafrost all’interno delle montagne sta aumentando il pericolo di dissesto idrogeologico, motivo per il quale molti versanti stanno cedendo. Confrontando gli scatti di Ventura, infatti, si nota come un tempo non esistevano i laghi glaciali che sono visibili oggi. E quello del Fellaria è solo uno dei tanti esempi: “I grandi laghi sovra glaciali possono essere un pericolo perché possono collassare da un momento all’altro e provocare grandi inondazioni delle valli in pochi minuti”, ci spiega. “Si parla di tonnellate di ghiaccio e roccia che potrebbero cedere”.
Inoltre, la loro scomparsa condizionerebbe anche l’approvvigionamento di acqua potabile per le comunità vallive e la stagionalità dei fiumi europei come il Redano, il Danubio, il Reno, il Po, andando ad abbassarne sempre di più il livello. Un aspetto che avrebbe grosse ricadute per l’economia dei singoli paesi, dato che su questi fiumi c’è un grande transito di beni.
Non ultimo, potrebbe entrare nel dibattito anche un problema di confini, come è successo recentemente sul Plateau Rosa al rifugio Guide del Cervino che, a causa della fusione del ghiacciaio su cui sorge, si è spostato dall’Italia alla Svizzera, con tutti i rischi (anche fiscali e burocratici) che questo comporta.
L’arte sostiene la scienza e la scienza sostiene l’arte
“Ci stiamo sviluppando in maniera non sostenibile e questo ricade su di noi. Forse siamo l’unica specie che sta tagliando il ramo dove vive”, riflette. “Il livello dei mari crescerà sempre di più a causa dell’aumento della temperatura: un corpo riscaldato, occupa una massa maggiore rispetto a un corpo più stretto; è una questione fisico-chimica. È anche per questo che sta aumentando il livello dei mari: sta aumentando la loro temperatura, cosa che ha conseguenze drammatiche sulla biodiversità marina”.
Spesso si dice che dobbiamo salvare il pianeta. Il pianeta si salva da solo, la natura si rigenera da sola, non ha bisogno di noi. Siamo noi esseri umani che abbiamo bisogno della natura perché noi stessi siamo natura.
“Per questo il nostro è un approccio interdisciplinare che cerca di creare una coscienza nel più vasto pubblico possibile: l’arte sostiene la scienza e la scienza sostiene l’arte, ecco il nostro metodo di lavoro”, conclude.
Le fotografie di Ventura sono la prova di ciò che è stato e che ormai è perduto. Ma forse, un giorno, proprio grazie a queste foto, qualcuno potrà realizzare un terzo confronto per dimostrare che la nostra specie ha capito cosa stava succedendo. E ha agito.
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