Il 2024 è stato un anno difficile per l’auto e in genere per la mobilità. Notizie per la maggior parte negative. O forse no? Questa è la nostra lista di cose buone (e meno) successe quest’anno.
Perché sbarazzarsi del fact-checking (come vorrebbe Trump) potrebbe nuocere anche all’auto elettrica
Con l’imminente ritorno di Donald Trump le grandi aziende del tech come Meta stanno cambiando rotta sulla moderazione dei contenuti social; fra le possibili conseguenze, il dilagare di (ulteriori) fake news sull’auto elettrica.
Delle possibili conseguenze (negative) sulla diffusione dell’auto elettrica legate alla rielezione di Donald Trump vi avevamo diffusamente parlato. Dalla promessa di voler trivellare ovunque, (ricordate? al grido di “Drill, baby, drill!”), alla minaccia di annullare o eliminare molti standard sulle emissioni, fino alla cancellazione dei crediti federali per l’acquisto di un veicolo elettrico e alla battaglia contro le politiche ambientaliste della California. E fin qui… Oggi si aggiunge un altro “indizio”: la decisione della holding social di Mark Zuckerberg (Meta) di eliminare i fact-checker (definita “vergognosa” da Joe Biden) e di cambiare rotta sulla moderazione dei contenuti sulle sue piattaforme social non è che l’ultima delle spie d’allarme.
Cosa c’entra il fact-checking con l’auto elettrica
Semplice “la verità conta”, come ha sottolineato il presidente uscente Joe Biden, bollando come “vergognosa” la decisione di Meta di rinunciare alla moderazione sui social. Che il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca volesse dire un ritorno a posizioni più conservatrici era chiaro a tutti. Che anche società come Meta decidessero di seguire la linea politica di Trump annunciando l’intenzione di sbarazzarsi dei fact-checker deve far riflettere. Ancora più grave lo scioglimento del team di diversità, equità e inclusione, ma non è questa la sede. Perché invece questa è la sede per discutere della possibile deriva sulle fake news sull’auto elettrica? Semplice, perché buona parte dei problemi che affliggono la transizione ecologica dell’auto è legata proprio alla disinformazione o, peggio, alle fake news. Lecito chiedersi ora cosa accadrà e se, dopo Meta, altre Big seguiranno l’esempio.
Che rapporto c’è fra l’auto elettrica e il cambio di rotta sulla moderazione dei contenuti social
Ribadiamo, l’affermazione di Biden “la verità conta” vale evidentemente in tutti gli ambiti dell’informazione. Qui, nello specifico, cercheremo di capire perché rinunciare a combattere le fake news potrebbe complicare ulteriormente la transizione ecologica dell’auto, già afflitta da problemi strutturali, politici e di accessibilità.
In LifeGate con il progetto Bugie! abbiamo più volte sollevato la questione, un podcast e un libro che smontano i falsi miti per contrastare la cattiva informazione, realizzati in collaborazione con Jaguar Land Rover Italia. L’obiettivo? Diffondere una corretta informazione su tematiche fondamentali per il futuro attraverso i contributi di studiosi ed esperti. Ma facciamo qualche esempio concreto contenuto nella prima edizione della guida Bugie! pensata proprio per sfatare i falsi miti sulla transizione verde e sull’auto elettrica.
“Dall’auto elettrica non arriveranno nuovi posti di lavoro”
Prima bugia. La transizione alla mobilità elettrica nell’industria automobilistica italiana sta generando aspettative positive per l’occupazione, secondo un’indagine condotta dall’osservatorio Tea che ha coinvolto un campione di 217 aziende. Più di otto imprese su dieci prevedono un effetto neutro o addirittura positivo sull’occupazione a seguito della transizione. Per il 48,4 per cento delle imprese coinvolte, le trasformazioni nell’ecosistema automobilistico non avranno alcun impatto sulle loro linee di prodotti. Nell’intera Unione europea, si stima invece un incremento netto dell’occupazione pari ad almeno 500-850mila unità. Scenari, quello italiano ed europeo descritti, che potrebbero però involversi nel caso governi e industrie decidessero di delocalizzare in parte o totalmente la produzione di auto elettriche.
“L’Europa non ha un piano per l’approvvigionamento dei materiali necessari alla costruzione delle auto elettriche”
Seconda bugia. Partiamo dal presupposto che un’auto elettrica contiene in media 207 chilogrammi di minerali, tra cui grafite, rame, cobalto, terre rare, litio, nichel e manganese, contro i 33,6 kg di un’auto tradizionale. A stimarlo è il quinto Med & Italian energy report a cura del centro studi Srm e del Politecnico di Torino. Si tratta di materie prime critiche, la cui estrazione si concentra in una quantità limitata di paesi. Le quote più elevate riguardano il Congo per il cobalto (66 per cento), l’Australia per il litio (54 per cento), la Cina per la grafite e le terre rare (65 per cento). La Commissione europea ha elaborato il Critical raw materials act, delineando misure per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche.
“L’auto elettrica sarà penalizzata da un superbollo sul peso”
Terza bugia. È vero che le vetture elettriche pesano mediamente di più dei corrispettivi endotermici, ma è anche vero che l’impiego di batterie più grandi è capace di regalare ai veicoli un’autonomia maggiore. Non ci saranno sovrattasse da pagare per questo: le istituzioni europee sono state chiarissime. La vera sfida sarà quella di aumentare la densità energetica delle batterie, ovvero la loro capacità di immagazzinare energia, così da produrre modelli sempre più leggeri e compatti, accessibili dal punto di vista economico e veloci da ricaricare.
“Puntare sull’elettrico non serve perché il trasporto su gomma è ormai al capolinea”
Quarta bugia. La vera sfida è rendere gli spostamenti più sostenibili. Attualmente, il settore dei trasporti contribuisce al 26-27 per cento delle emissioni di gas serra, l’85 per cento delle quali è causato dal trasporto su gomma. Considerando che l’obiettivo europeo è di ridurle del 42 per cento entro il 2030 è chiaro che il settore dei trasporti su gomma deve dare il contributo più ambizioso. Da un lato, puntando sulla digitalizzazione, che può migliorarne notevolmente l’efficienza. Dall’altro, guardando alla mobilità elettrica, che può assicurare circa un terzo delle riduzioni necessarie al 2030. Gli altri due terzi saranno completati dai biocarburanti e da diverse modalità di spostamento.
“In autostrada non avremo mai abbastanza colonnine di ricarica veloce”
Quinta bugia. Con il lancio del programma Mercury e l’implementazione di sistemi intelligenti per il miglioramento della viabilità, Autostrade per l’Italia (Aspi) ha dimostrato di voler dare il proprio contributo alla transizione a una mobilità meno impattante. Free to X, società del gruppo Aspi che garantisce elettricità prodotta da fonti sostenibili, ha annunciato a novembre 2023 di aver completato l’installazione di 100 stazioni di ricarica veloce per i veicoli elettrici lungo la rete autostradale italiana (47 nel centro-sud e 53 nel centro-nord, per un totale di 582 colonnine, di cui 398 ad alta potenza). La presenza di aree di servizio attrezzate ogni 50 chilometri rappresenta un passo avanti significativo verso una più ampia diffusione delle auto elettriche.
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