Un gruppo di studenti universitari ha raggiunto la città di Kaifeng l’8 novembre dopo cinque ore di viaggio in sella a biciclette in sharing
Fahrenheit 9/11
Michael Moore cerca prova a svelare i perché dell’attentato alle Torri gemelle, le bugie dell’amministrazione Bush i veri motivi della guerra in Afghanistan.
Il regista cataloga, documenta, riporta fatti ed episodi che
mettono in luce come all’origine della guerra in Afghanistan e in
Iraq, prima dell’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre, vi
sarebbero stati motivi legati al petrolio; come la famiglia reale
saudita e i Bin Laden avrebbero avuto interessi economici con il
Presidente degli Stati Uniti e come non vi sia stato alcun
tentativo di evitare loro di lasciare il Paese all’indomani
dell’attentato.
Ma la scena più drammatica, carica di fortissima tensione
perché mista di incredulità e ridicolo, è
quella che ritrae George W. Bush, alla notizia dell’attacco alle
Torri Gemelle: intento a leggere un racconto, in una classe
elementare, alla comunicazione del primo attacco e, poco dopo, a
quella del secondo, il Presidente come risposta, avrebbe continuato
a leggere, il volto vuoto, inespressivo. Un volto sul quale Michael
Moore indugia durante tutto il film, mentre ritrae il Presidente
nei tanti momenti in cui va a caccia, a pesca, gioca a golf, un
volto che contrasta con quello disperato di una madre che ha perso
il proprio figlio, con quelli impauriti di molti soldati americani,
con quelli sfigurati dei feriti.
Si esce dalla sala indignati dopo aver visto Fahrenheit 9/11, ma
meglio indignati che all’oscuro.
Laura Vascellari
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