Dalle fake news nella pandemia alla propaganda della guerra: secondo il World press freedom index lo stato del giornalismo nel mondo peggiora. Anche in Italia.
Negli ultimi due anni, dominati dalla pandemia, il grande cancro dell’informazione sono state le fake news. Da qualche mese, invece, è il turno della propaganda, che poi altro non è che il modello delle fake news proiettato dall’alto. In generale, l’edizione 2022 del World press freedom index, con cui il network Reporter senza frontiere valuta lo stato di salute del giornalismo in 180 paesi e territori, mette in evidenza “gli effetti disastrosi delle notizie e del caos dell’informazione: gli effetti di uno spazio informativo online globalizzato e non regolamentato che incoraggia – appunto – le fake news e la propaganda”.
Secondo Reporter senza Frontiere, all’interno delle società democratiche crescono le divisioni dovute alla diffusione dei media d’opinione secondo quello che viene definito il modello Fox News – il network statunitense di destra che, a titolo d’esempio, ha sempre sostenuto Donald Trump in questi anni – e alla diffusione di circuiti di disinformazione amplificati dal funzionamento dei social media. E nemmeno l’Italia è stata risparmiata da questo fenomeno, al punto che il nostro Paese nel 2022 scende vertiginosamente in classifica, dal 41esimo posto del 2021 al 59esimo di quest’anno: alle spalle di paesi come Tonga, Armenia, Namibia, Gambia e Romania, e appena davanti al Niger.
A livello internazionale, le democrazie sono indebolite dall’asimmetria tra società aperte e regimi dispotici, i quali controllano i loro media e piattaforme online mentre conducono guerre di propaganda contro le democrazie. Con esempio lampante quello della guerra in Ucraina, mascherata dai media russi come “operazione speciale di denazificazione”, la polarizzazione su questi due livelli sta alimentando una maggiore tensione.
La guerra, un caso lampante di disinformazione
Non a caso proprio la Russia è uno dei paesi in coda nel ranking, solamente al 155esimo posto (l’Ucraina, a sua volta, è al numero 106, tra i più bassi in Europa). La Cina (175) usa il suo arsenale legislativo per confinare la sua popolazione e isolarla dal resto del mondo, in particolare la popolazione di Hong Kong (148), che è crollata nell’indice in seguito alla recente repressione da parte del governo di Pechino. Cresce il confronto tra “blocchi”, come si vede tra l’India (150) e il Pakistan (157) del nazionalista Narendra Modi. La mancanza di libertà di stampa in Medio Oriente continua ad avere un impatto sul conflitto tra Israele (86), Palestina (170) e gli Stati arabi.
Ma neanche l’Occidente se la passa benissimo. La polarizzazione dei media sta alimentando e rafforzando le divisioni sociali interne nelle società democratiche come gli Stati Uniti: il paese della libertà per antonomasia, nonostante l’elezione del presidente Joe Biden, è solo 42esimo. L’aumento della tensione sociale e politica è alimentato dai social media e dai nuovi media di opinione, soprattutto in Francia (26). La soppressione dei media indipendenti sta contribuendo a una forte polarizzazione in “democrazie illiberali” come la Polonia (66), dove le autorità hanno consolidato il loro controllo sulla radiodiffusione pubblica e la loro strategia di “ri-polonizzazione” dei media privati.
Quest'anno la giornata mondiale della libertà di stampa si celebra con l'estradizione di Julian #Assange dietro l'angolo. Non vedo l'ora di leggere le vanterie dei nostri giornalisti su quanto sia libera la stampa occidentale. 1) pic.twitter.com/4xVIWdPSDX
L’Europa rimane, generalmente, il posto più salubre per l’informazione. Il trio di paesi nordici in cima all’Indice – Norvegia, Danimarca e Svezia – continua a fungere da modello democratico in cui fiorisce la libertà di espressione, mentre Moldova (40) e Bulgaria (91) si distinguono quest’anno grazie a un cambio di governo e la speranza che ha portato a un miglioramento della situazione per i giornalisti anche se gli oligarchi continuano a possedere o controllare i media. Ma preoccupa il fatto che in molti paesi liberali e dalla democrazia consolidata, tra cui l’Italia, i giornalisti, visti in alcuni casi come un prolungamento della comunicazione istituzionale, hanno affrontato l’ostilità virulenta dei manifestanti contro le misure di salute pubblica volte ad affrontare il coronavirus. Da noi come in Germania (16esima), Francia (26esima) e Paesi Bassi, i giornalisti sono stati aggrediti fisicamente e hanno subito insulti e minacce di ogni genere.
E poi ci sono il Regno Unito (24esimo) che ha aperto la strada all’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti dopo oltre due anni di procedimenti giudiziari: (un caso che per RSF rischia di diventare “un pericoloso precedente per il giornalismo e la libertà di stampa in tutto il mondo”) e l’Ungheria, oggetto di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per la stretta sulla libertà di stampa.
La classifica dei peggiori al mondo
La situazione è classificata come “pessima” in un numero record di 28 paesi nell’indice di quest’anno, mentre 12 paesi, tra cui Bielorussia (153) e Russia (155), sono sulla lista rossa dell’Indice (che indica “pessima” libertà di stampa situazioni) sulla mappa. I 10 peggiori paesi al mondo per la libertà di stampa includono Myanmar (176°), dove il colpo di stato del febbraio 2021 ha riportato la libertà di stampa indietro di 10 anni, così come Cina, Turkmenistan (177°), Iran (178°), Eritrea (179°) e Corea del Nord (180°)
Il segretario generale di Reporter Senza Frontiere, Christophe Deloire ha spiegato che “la Fox Newsization dei media rappresenta un pericolo fatale per le democrazie perché mina le basi dell’armonia civile e del dibattito pubblico tollerante. Sono necessarie decisioni urgenti in risposta a questi problemi, promuovendo un New Deal per il giornalismo, come proposto dal Forum sull’informazione e la democrazia, e adottando un quadro giuridico adeguato, con un sistema per proteggere gli spazi di informazione democratici online”.
È realizzata ogni anno da Reporter senza frontiere, ma va letta con cautela. Quest’anno l’Italia ha perso 17 posizioni, classificandosi cinquattontesima al mondo. https://t.co/usDbYnSc2s
Le classifiche dell’Indice si basano su un punteggio che va da 0 a 100 assegnato a ciascun paese o territorio, dove 100 rappresenta il miglior punteggio possibile (il più alto livello possibile di libertà di stampa) e 0 il peggiore. Questo punteggio è calcolato sulla base di due componenti: un conteggio quantitativo degli abusi contro i giornalisti in relazione al loro lavoro e contro i media; un’analisi qualitativa della situazione in ciascun paese o territorio sulla base delle risposte di specialisti della libertà di stampa (tra cui giornalisti, ricercatori, accademici e difensori dei diritti umani) a un questionario RSF disponibile in 23 lingue. Soprattutto l’elemento qualitativo, da sempre, porta molte critiche circa l’effettiva attendibilità della graduatoria, che non si basa completamente su parametri oggettivi.
Come ogni anno, Reporter senza frontiere ha valutato le condizioni della libertà di stampa in 180 paesi nel mondo. Il quadro che ne emerge è problematico.
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