“Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare e migliorare la nutrizione e l’agricoltura sostenibile”. Sono passati ormai cinque anni da quando le Nazioni Unite si sono poste questa sfida epocale, che insieme agli altri sedici Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) compone l’Agenda 2030. Invece di diminuire, però, le persone che soffrono la fame sono sempre di più. E le prospettive per il futuro sono buie. A sostenerlo è la Fao (l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) nell’edizione 2020 del report “Lo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” (Sofi 2020).
690 million people suffer from chronic hunger. As more people go hungry & malnutrition persists around the🌎, achieving #ZeroHunger by 2030 is in doubt.
Quindici anni fa erano denutriti 852,2 milioni di individui, cioè il 12,6 per cento della popolazione mondiale. Questo numero è andato progressivamente a calare fino al 2014, quando ha raggiunto i 628,9 milioni e un’incidenza dell’8,6 per cento. A quel punto si è verificata una drammatica inversione di tendenza e la curva è tornata a salire. Oggi l’8,9 per cento dell’umanità soffre la fame, vale a dire 690 milioni di persone, dieci milioni in più rispetto all’anno scorso. Di questo passo si arriverà a 840 milioni entro il 2030, mancando clamorosamente l’obiettivo zero fame sancito dall’Onu.
Oggi una persona denutrita su due vive in Asia, ma questo dato va interpretato alla luce del fatto che si tratta dell’area più popolata del Pianeta. In realtà l’incidenza sugli abitanti del Continente risulta più bassa della media globale e rispetto al 2015 sono stati segnati importanti progressi, con 8 milioni di affamati in meno. Anche nella zona dell’America Latina e dei Caraibi la percentuale sulla popolazione è pari “solo” al 7,4 per cento, ma in questo caso la situazione è peggiorata nell’ultimo quinquennio. L’osservata speciale resta l’Africa, dove già oggi il 19,1 per cento della popolazione soffre la fame. Continuando a questo ritmo si arriverà a un abitante su quattro entro il 2030.
Hunger and malnourishment is increasing around the world as the coronavirus crisis pushes more people into poverty and limits access to healthy diets, the UN says https://t.co/MZNkVFGnU7pic.twitter.com/MUas8OkLPO
Non è finita qui, perché oltre alla fame vera e propria esiste anche l’insicurezza alimentare. Quest’ultima può essere moderata (quando in certi periodi dell’anno ci si trova obbligati a ridurre la quantità o la qualità del cibo per mancanza di denaro) oppure grave (quando per diversi giorni si esauriscono le scorte di cibo o si rimane addirittura digiuni). Prendendo in considerazione anche questo fenomeno si arriva 2 miliardi di persone.
Coronavirus, una crisi sanitaria ma anche alimentare
Questi numeri per giunta si riferiscono allo scorso anno, quando la pandemia da coronavirus non si era ancora manifestata con le sue pesantissime ripercussioni sociali ed economiche. Secondo le stime preliminari della Fao, già nel corso di quest’anno altri 83 milioni di persone saranno a rischio denutrizione – e questo se si ipotizza, con un certo ottimismo, che il pil cali di soli quattro punti. Nello scenario peggiore il pil scenderà di dieci punti e altri 132 milioni di persone soffriranno la fame.
Stime da interpretare con grande cautela, sottolinea l’ente, perché ci vorrà ancora tempo per comprendere la reale portata dei danni. Quel che appare certo è che la pandemia inasprirà le disuguaglianze già in essere. Esprime grande preoccupazione Azione contro la fame, che ha lanciato un allarme simile nelle pagine di un report pubblicato pochi giorni fa. In occasione della Giornata mondiale della popolazione dell’11 luglio, infatti, l’organizzazione umanitaria ha paventato la minaccia di una crisi alimentare imminente nei paesi già colpiti da emergenze umanitarie e ulteriormente messi alla prova dalla pandemia. “La situazione globale, senza precedenti, legata alla diffusione di Covid-19 ha determinato una riduzione complessiva degli scambi e ha influito sull’accesso ai mezzi di sussistenza da parte dei più vulnerabili”, dichiara il direttore generale Simone Garroni.
Oltre a lanciare l’allarme, la Fao propone anche un possibile campo d’azione. La fame infatti non è soltanto una questione di quantità di cibo disponibile. La qualità ricopre un ruolo altrettanto essenziale. Per questo gli Stati devono “trasformare il loro sistema alimentare per fare sì che chiunque si possa permettere una dieta salubre, che includa considerazioni di sostenibilità”. Tutto questo entro la scadenza del 2030.
Come fare? L’organizzazione guidata da Qu Dongyu propone di orientare gli investimenti pubblici verso le produzioni agricole e alimentari dal maggiore potere nutrizionale, incrementandone la resa e diversificando la produzione. I governi possono intervenire in molti altri modi. Per esempio abbassando le tasse sul cibo di qualità, finanziando i sistemi di irrigazione, sostenendo i programmi di ricerca e sviluppo, avvicinando i piccoli produttori alle nuove tecnologie, lottando contro lo spreco alimentare.
In Africa solo 15 stati hanno vaccinato il 10 per cento della popolazione entro settembre, centrando l’obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità.
I cani sarebbero più affidabili e veloci dei test rapidi per individuare la Covid-19 nel nostro organismo. E il loro aiuto è decisamente più economico.
L’accesso ai vaccini in Africa resta difficile così come la distribuzione. Il continente rappresenta solo l’1 per cento delle dosi somministrate nel mondo.
La sospensione dei brevetti permetterebbe a tutte le industrie di produrre i vaccini, ma serve l’approvazione dell’Organizzazione mondiale del commercio.