Due gruppi malavitosi deturpavano i faraglioni dell’isola di Capri per pescare datteri di mare. Devastando l’ecosistema marino. Così, sulla base della accuse mosse dalla procura di Napoli, sono state chieste e ottenute 19 misure cautelari nei confronti di altrettante persone. Per sei di loro, è stata disposta la custodia in carcere.
I datteri di mare tutelati da norme nazionali e convenzioni internazionali
Gli appartenenti ai due gruppi dovranno ora rispondere, secondo quanto riportato dall’agenzia Askanews, di “associazione a delinquere aggravata perché finalizzata alla consumazione di delitti ambientali, inquinamento e disastro ambientale, danneggiamento e ricettazione”. Il tutto a seguito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza.
È bene ricordare infatti che la cattura, la detenzione e la vendita di datteri di mare è vietata da convenzioni internazionali e dalla legge italiana. Ciò proprio per via dei gravi danni che vengono inflitti alle scogliere: per raggiungere i molluschi è necessario infatti fratturare la roccia. L’agenzia Agi indica che “i faraglioni, per i periti, hanno subito danni per il 48 per cento delle loro pareti sottomarine”.
I molluschi venduti anche a 200 euro al chilogrammo
Una catastrofe, insomma. Ma anche un business particolarmente fruttuoso: basti pensare che soprattutto nei periodi delle festività un chilogrammo di datteri di mare veniva venduto anche 200 euro. Il prezzo della distruzione di “interi tratti di scogliera campana”, a vantaggio di “numerosi ristoranti e pescherie della regione, nonché presso una variegata clientela, composta anche da esponenti di famiglie malavitose napoletane.
“Per un piatto di linguine ai datteri si distrugge un quadrato di fondale di 33 centimetri per lato, un gesto criminale che danneggia l’ambiente e mina la salute dei consumatori perché immette sul mercato prodotti ittici non tracciati”, ha commentato all’agenzia AnsaFedagripesca-Confcooperative. Che ricorda come il mollusco, per raggiungere 5 centimetri di lunghezza, impieghi da 15 a 35 anni.
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