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Bangladesh, fattorie galleggianti contro il riscaldamento globale
Con l’aiuto di un’organizzazione no profit un villaggio ha risolto il problema dei monsoni che allagavano i campi, grazie alle fattorie galleggianti.
In Bangladesh ogni anno la stagione dei monsoni semina distruzione, grandi masse di acqua nera travolgono senza soluzione di continuità case, raccolti e bestiame. Charbhangura è un piccolo villaggio di 2.500 persone particolarmente colpito da questo fenomeno climatico, le acque del vicino fiume Gumani si gonfiano a dismisura e sommergono i campi coltivati rovinando la principale forma di sostentamento degli abitanti del villaggio.
Tre anni fa però è arrivata una svolta per questo piccolo villaggio nel nord-ovest del Bangladesh e che potrebbe essere di esempio per molte realtà simili. Gli abitanti hanno iniziato a costruire fattorie galleggianti nelle quali coltivare ortaggi e allevare animali proprio sulle acque alluvionali. L’idea è stata data agli abitanti dall’organizzazione no profit Shidhulai Swanirvar Sangstha che ha insegnato loro come convivere con i monsoni mantenendo le caratteristiche forme di reddito.
Pollai galleggianti, recinti per i pesci e orti attraccati alla riva del fiume, le fattorie galleggianti sono sicuramente uno spettacolo bizzarro ma sembrano aver risolto il problema. Una fattoria galleggiante viene condivisa da diverse donne del villaggio e l’organizzazione Shidhulai fornisce loro semi, mangimi per anatre e pesci e altri materiali. Il cambiamento climatico minaccia di peggiorare l’intensità e la durata delle inondazioni nelle pianure del Bangladesh, le fattorie galleggianti possono permettere agli abitanti di convivere con il fenomeno.
Mohammed Rezwan, fondatore di Shidhulai, ha iniziato quattro anni fa a costruire fattorie galleggianti per gli abitanti, e in particolare per i poveri senza terra, per aiutarli a sbarcare il lunario durante i mesi di alluvioni. Ad oggi sono state realizzate 40 fattorie galleggianti nelle quali lavorano circa 300 donne. L’obiettivo di Rezwan è di crearne 400 entro i prossimi anni.
Le strutture sono lunghe circa 56 metri, possono ospitare fino a cento anatre, sono dotate di un piccolo pannello solare per illuminarne l’interno e galleggiano su barili di petrolio vuoti, contenitori di plastica e una piattaforma di bambù. Alla struttura sono collegati due recinti nei quali vengono allevati i pesci mentre in vecchie taniche di plastica vengono coltivati cetrioli, fagioli e zucche.
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