Il tifone Phanfone, il più violento dell’anno nelle Filippine, ha ucciso decine di persone e distrutto 378mila abitazioni.
Tifone Hagupit, come le Filippine hanno evitato la tragedia
Il tifone Hagupit ha colpito il 6 e 7 dicembre la provincia di Eastern Samar, nelle Filippine. Il bilancio è provvisorio, ma secondo la Reuters le vittime sono 27. Le case abbattute sono 13mila mentre quelle danneggiate sono circa 22mila. Nonostante questo, l’operazione di evacuazione messa in atto dal governo di Manila è stata un successo
Il tifone Hagupit ha colpito il 6 e 7 dicembre la provincia di Eastern Samar, nelle Filippine. Il bilancio è provvisorio, ma secondo la Reuters le vittime sono 27. Le case abbattute sono 13mila mentre quelle danneggiate sono circa 22mila. Nonostante questo, l’operazione di evacuazione messa in atto dal governo di Manila è stata un successo e ha contribuito a limitare in modo consistente il numero dei morti.
L’evacuazione. A conferma di ciò basta fare un paragone con il tifone Haiyan che nel novembre del 2012 ha causato la morte di settemila persone a parità di intensità (entrambi hanno raggiunto la categoria 5 nella scala dei cicloni tropicali). Le Nazioni Unite l’hanno definita la più importante evacuazione della storia in tempo di pace con 1,7 milioni di persone che nei giorni scorsi hanno abbandonato le loro case, soprattutto nella zona costiera, per mettersi in salvo.
Ora il tifone Hagupit è calato d’intensità diventando una tempesta tropicale e ha abbandonato l’arcipelago lasciandosi alle spalle uno scenario post bellico. Gli agricoltori sono i primi che stanno facendo ritorno nei luoghi colpiti dalla devastazione nel tentativo di raccogliere quello che è rimasto nei campi.
Le ultime da Lima. Nel frattempo alla conferenza sul clima in corso a Lima (Cop 20), in Perù, la delegazione delle Filippine ha promesso di voler ridurre l’utilizzo dei combustibili fossili con un doppio obiettivo: spingere le delegazioni degli altri paesi in via di sviluppo a seguire l’esempio e cercare di arginare la potenza degli eventi climatici estremi che inevitabilmente colpiranno l’arcipelago delle Filippine nei prossimi anni.
Nel 2012, durante la conferenza sul clima di Varsavia (Cop 18) è passata alla storia per l’intervento di Naderev Saño, capo delegazione delle Filippine. Un intervento al limite della commozione che chiedeva alla comunità internazionale di agire subito portando sull’altare del clima, le vittime e le sofferenze che in quel momento stavano vivendo i suoi connazionali a causa del passaggio di Haiyan: “Mi appello al mondo intero, ai leader di tutto il mondo affinché vengano aperti gli occhi di fronte alla cruda realtà che stiamo vivendo. Mi appello ai ministri. Il risultato del nostro lavoro non riguarda ciò che vogliono i politici. Riguarda ciò che ci chiedono sette miliardi di persone”.
Mai più. “Se non noi, chi, se non ora, quando, se non qui, dove” disse Saño due anni fa. Parole che non hanno perso di valore e significato oggi, ma che non sono state pronunciate invano e hanno permesso al governo filippino di studiare il modo migliore per cercare di prevenire un nuovo disastro in termini di vite umane.
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