Filippo Grandi, Alto Commissario ONU per i Rifugiati, è stato premiato come l’Alloro Olimpico durante la cerimonia di Apertura delle Olimpiadi di Parigi.
- Filippo Grandi, Alto Commissario della Nazioni unite per i Rifugiati, è stato premiato con l’Alloro Olimpico
- Grandi è tra i principali fautori della Squadra Olimpica dei Rifugiati
- A Parigi, la Squadra Rifugiati sarà la più numerosa di sempre della storia delle Olimpiadi
“Lo sport è un simbolo di speranza e di pace, che oggi purtroppo scarseggiano. La squadra dei rifugiati è un faro per le persone di tutto il mondo”. Così Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha espresso la propria soddisfazione mentre veniva insignito dell’Alloro olimpico, un premio del Comitato olimpico e paralimpico internazionale (Cio) che onora i risultati in materia di istruzione, cultura, sviluppo e pace attraverso lo sport, durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024.
Grandi è una figura di spicco sul piano internazionale, molto noto e apprezzato per le sua attività finalizzata a migliorare le condizioni di vita di tantissimi rifugiati, cioè persone costrette ad abbandonare le loro case per violenze, guerre e persecuzioni in giro per il mondo. E nel farlo, è sempre stato convinto che lo sport avesse un ruolo fondamentale, dato che, come ha ribadito lo stesso Grandi, “unisce le persone, giova alla salute fisica e mentale, offre ai bambini modelli di ruolo positivi e insegna preziose lezioni di vita”.
L’Unhcr, l’agenzia Onu che Grandi guida, collabora con il Cio e la Fondazione olimpica rifugiati per sostenere la presenza alle Olimpiadi dei rifugiati da tutto il mondo attraverso una squadra creata nel 2016 e che in questi Giochi, con 37 atleti, è la più numerosa di sempre.
Chi è Filippo Grandi, una vita dedicata ai rifugiati
Filippo Grandi è nato a Milano nel 1957, ha una carriera lunga oltre vent’anni all’interno delle Nazioni Unite. Ha lavorato in progetti legati ai profughi in Sudan, Turchia, Iraq, Yemen, Afghanistan, Kenia, Benin, Ghana e Liberia.
Nella lettera con cui nel 2010 commentò la sua nomina a commissario generale dell’Unrwa (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente), carica che ha ricoperto per cinque anni prima di passare all’Unhcr, ha descritto quel risultato come “un onore che non è concesso a un singolo individuo ma una missione da svolgere con e per i profughi di Palestina”.
L’Alloro olimpico ricevuto davanti agli occhi di tutto il mondo è la celebrazione di una carriera spesa per aiutare gli ultimi.
La squadra olimpica dei rifugiati a Parigi 2024
La squadra olimpica dei rifugiati è composta da atleti e atlete che per ragioni politiche, umanitarie e sociali non possono svolgere la propria attività sportiva nel paese d’origine, e quindi come rifugiati vengono accolti da una nazione diversa e che permette loro di allenarsi e di continuare la pratica sportiva.
Per queste Olimpiadi la squadra dei rifugiati è composta, oltre che dai 37 atleti e atlete, anche da quindici comitati olimpici nazionali diversi che li ospitano, e tra questi c’è anche l’Italia.
Gli atleti e le atlete gareggeranno in dodici sport differenti: atletica, badminton, pugilato, canoa, ciclismo, judo, tiro a segno, nuoto, taekwondo, sollevamento pesi e lotta.
Alle Olimpiadi di Rio 2016, le prime in cui i rifugiati erano presenti, la squadra era composta da dieci atleti, che sono diventati ventinove a Tokyo nel 2021.
La composizione della squadra olimpica dei rifugiati si basa in primo luogo sulle prestazioni sportive. Quasi tutti gli atleti selezionati ricevono delle borse di studio che sono pensate per aiutarli ad allenarsi sia con l’obiettivo di partecipare alle Olimpiadi ma anche per costruirsi un futuro. La squadra è scelta dal Cio, mentre le borse di studio sono gestite dalla Fondazione, istituita per fornire un sostegno costante ai rifugiati attraverso lo sport. Lo status di rifugiato dei membri della squadra viene verificato dall’Unhcr.
La squadra rappresenta tutte le popolazione in fuga e per questo nella sua costruzione si cerca di garantire un certo equilibrio di sport e genere, oltre che della distribuzione geografica dei paesi di origine degli atleti.
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