Filippo Tortu. Il segreto è vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e non smettere mai di riempirlo

Il periodo più bello della sua vita è stato anche il più difficile. È allora che ha capito che nulla l’avrebbe fermato: Filippo Tortu, primatista nazionale dei 100 metri piani, è uno che non si accontenta e ci spiega perché nessuno dovrebbe farlo.

È l’uomo più veloce d’Italia: ha corso i 100 metri piani in 9 secondi e 99 centesimi, battendo il record di Pietro Mennea che resisteva dal 1979. Ha realizzato l’impossibile ma non crede di essere una star, pensa sempre al nuovo obiettivo da raggiungere, al prossimo sogno da realizzare, ma non si sente in obbligo di soddisfare delle aspettative: corre soltanto per il piacere di farlo. Filippo Tortu risponde al telefono con la voce sincera ed entusiasta che solo un ventenne può regalare. Ci racconta dell’esame di maturità e del suo rapporto col padre, proprio come farebbe un ragazzo qualunque. Ed è orgoglioso di far parte del team di sportivi che con Toyota promuoveranno una società libera da discriminazioni e la democratizzazione della mobilità alle Olimpiadi di Tokyo del 2020 – evento che al solo pensiero accelera il battito cardiaco.

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Filippo Tortu
Filippo Tortu insieme al padre Salvino, che è anche il suo allenatore © Filippo Tortu

Quali sono i valori che ti ha trasmesso tuo padre?
Il più importante è mantenere la parola data. Quando si prende un impegno, a qualsiasi costo va rispettato. Poi ce ne sono tanti altri, quello che si sposa meglio con l’atletica è che bisogna lavorare sodo per raggiungere un obiettivo: nulla ti viene regalato ed è importante curare ogni minimo dettaglio.

Hai subito anche delle sconfitte, come nel 2014 quando ti sei infortunato alle Olimpiadi giovanili. Eppure c’è una bellissima foto che ti ritrae sorridente con le braccia ingessate. Sei uno che non si fa abbattere dalle difficoltà?
No, esatto, anzi: cerco sempre di trovare il lato positivo delle cose, di vedere il bicchiere mezzo pieno. Per ora ci sono sempre riuscito, in Cina quando mi sono rotto le braccia faceva anche un po’ ridere quindi, nella sfortuna, è stato persino divertente. L’anno scorso mi sono infortunato alla caviglia nel momento più importante della stagione: ho lavorato veramente sodo per riuscire a tornare a gareggiare, mi allenavo più o meno tre volte al giorno tra fisioterapia, nuoto e riabilitazione e nel frattempo ho preparato la maturità. È stato il periodo che mi è piaciuto di più in tutta la mia vita. Ho conosciuto aspetti di me stesso che non pensavo di avere, non sapevo di essere così determinato.

Filippo Tortu Mennea
Tortu è il primo italiano ad aver coperto i 100 metri in meno di dieci secondi. Quando corre, la sua mente è sgombra da ogni pensiero © Adam Nurkiewicz/Getty Images for IAAF

Quando corri, a cosa pensi?
In gara non penso assolutamente a niente. In allenamento penso a quello che sto facendo, rimango concentrato e devo prestare attenzione ad ogni minimo particolare. In realtà quello che mi piace molto dell’atletica è che quando si corre non si pensa, lo si fa solo per il piacere di farlo, è un modo per sfogarsi ed è bello per questo.

E cos’hai pensato quando hai battuto lo storico record di Mennea? Avresti mai immaginato di ottenere un risultato simile? Come ci sei riuscito?
È sempre rimasto un sogno, non pensavo di riuscirci. Sapevo di poterlo fare, perché comunque era già qualche gara che mi avvicinavo, però anche se sai di poter fare qualcosa, è sempre fantastico vederla realizzata. Nel momento in cui l’ho letto sul tabellone ho provato una gioia incontenibile, non riuscivo a stare fermo e correvo da tutte le parti. È stato un sogno che ho raggiunto, che avevo fin da quando ero bambino.

Sei giovanissimo: il fatto di essere già così famoso che effetto ti fa?
Non mi sembra di essere così famoso, se devo essere sincero la mia vita non la sento cambiata. Certo, adesso la gente mi riconosce più spesso quando mi vede, però son tutte cose che a me fanno piacere e mi rendono felice, vengono riconosciuti gli sforzi che faccio tutti i giorni. È sicuramente qualcosa di bello, di piacevole, non sento la pressione di dover per forza ottenere certi risultati e soddisfare le aspettative perché non è il motivo per cui corro, per cui faccio questo sport.

Fai parte del Toyota team e sei ambassador del progetto Start your impossible. Cosa significa? Perché pensi di essere una persona particolarmente adatta a ricoprire questo ruolo?
È un bellissimo progetto che ho intrapreso quest’anno e sono contento soprattutto di averlo fatto insieme ad altri grandi sportivi, due su tutti Zaytsev e Bebe Vio. È fantastico che l’obiettivo sia quello di arrivare insieme a Toyota a Tokyo alle Olimpiadi, che sono il sogno di ogni atleta e la manifestazione sportiva più importante al mondo, perché sono qualcosa che segna la storia. È un progetto di cui vado molto orgoglioso e sono contento di farne parte.

Anche tu senti di aver oltrepassato i tuoi limiti?
Più che sentire di aver oltrepassato i miei limiti, mi piace continuamente pormene di nuovi. Una volta raggiunto un obiettivo, mi viene spontaneo alzare subito l’asticella in modo da essere sempre stimolato. Secondo me è molto importante per uno sportivo non accontentarsi mai. Pur essendo soddisfatto di quello che ho fatto, il mio primo pensiero è quello di migliorarmi.

Anche ai Giochi del Mediterraneo ti sei fatto notare. Qual è il ricordo più bello che hai di questa manifestazione?
È una bellissima manifestazione perché è quasi come una sorta di Olimpiade, naturalmente più in piccolo perché le nazioni sono solo quelle del Mediterraneo, però ci sono molti altri sport. C’è un ambiente fantastico, molto piacevole e stimolante, conosci tanti altri sportivi. Il ricordo più bello riguarda il riscaldamento della staffetta: di fianco allo stadio di atletica c’era quello della pallanuoto e mentre ci stavamo riscaldando hanno suonato l’inno italiano perché stavano presentando la nazionale. Allora noi ci siamo fermati e l’abbiamo cantato.

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