La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
La finanza a impatto è competitiva. Parola di chi la vive in prima persona
La finanza a impatto e ciò che può fare per il nostro Pianeta: è il tema dell’evento organizzato da LifeGate a Milano, con Sella Gestioni e GIST Initiatives
Potrà sembrare una novità, forse fin troppo pionieristica. Ma la finanza a impatto – quella che vuole ottenere tanto un ritorno economico quanto un risultato in termini ambientali e sociali – funziona. È vivace, competitiva e di mese in mese cresce in modo tangibile. E questo lo dice chi ci lavora concretamente, da entrambi i lati della barricata: quello degli investitori e quello delle realtà imprenditoriali e del Terzo Settore che vengono finanziate. È questo il messaggio forte che emerge dall’evento “Impact investing, la chiave per un ritorno sociale, ambientale ed economico: le esperienze in Italia e nel mondo”, organizzato il 28 novembre da LifeGate in collaborazione con Sella Gestioni Sgr e GIST Initiatives sul rooftop del Fintech District.
LifeGate, @GISTinitiative e @sellagestioni insieme per lo sviluppo di investimenti sostenibili e #impactinvesting in Italia. Perché la sostenibilità passa anche dalla finanza. https://t.co/ORtbNjLG4y pic.twitter.com/BDnFb6yRZ7
— LifeGate (@lifegate) 1 dicembre 2017
Tutte le strade per lo sviluppo sostenibile
All’indomani della Cop23, caratterizzata da estenuanti negoziati, innumerevoli rinvii e dall’assenza ingombrante dei grandi leader politici (fatta eccezione per la padrona di casa Angela Merkel e per il presidente francese Emmanuel Macron), esistono ancora motivi solidi e concreti per sperare in un cambiamento concreto nel nostro modello di sviluppo. Motivi che arrivano dalla società civile, sempre più attiva e protagonista; da quei governi, compreso il nostro, che hanno stretto un’alleanza per la fine del carbone entro il 2030; e dal mondo della finanza, delle imprese e delle fondazioni, che hanno a disposizione canali sempre più efficaci per sostenere le pratiche virtuose e renderle vincenti dal punto di vista economico. Con queste parole Enea Roveda, amministratore delegato di LifeGate, introduce il dibattito.
A che punto è la finanza a impatto
Ma ad oggi quanto è diffusa la finanza a impatto? Tra le fondazioni e i family office, che gestiscono i grandi patrimoni, è una realtà ormai affermata. La ricerca Investing for global impact, realizzata dal Financial Times in partnership con GIST e presentata da Samir de Chadarevian, rivela che il 71 per cento dei multi-family office intervistati, il 56 per cento dei single-family office e il 57 per cento delle fondazioni hanno fatto il loro primo investimento a impatto tra il 2010 e il 2016. E tre intervistati su quattro hanno ottenuto ritorni finanziari superiori alle aspettative.
Il direttore di ETicaNews Luca Testoni, chiamato a descrivere la finanza a impatto in Italia, dipinge un quadro in cui la consapevolezza si fa avanti nel mondo finanziario e imprenditoriale. Il 2017 – dichiara – è stato l’anno in cui gli investimenti responsabili sono stati sdoganati come investimenti a pieno titolo, non opere di beneficenza. Csr e finanza responsabile vanno sempre più di pari passo e si rinforzano a vicenda.
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Misurare l’impatto sociale è complesso ma possibile
A contribuire a questa consapevolezza ci ha pensato anche chi, come Sella Gestioni, ha deciso di aprire il primo fondo a impatto quotato alla Borsa Italiana, con la precisa volontà di renderlo accessibile anche ai piccoli risparmiatori e non solo agli investitori istituzionali. Sviluppando, per giunta, un report d’impatto che traduce i risultati sociali e ambientali in indicatori comprensibili e immediati, collegandoli agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.
Proprio quello della misurazione è il tema cruciale, sottolinea l’avvocato Roberto Randazzo. Ad oggi, misurare l’impatto sociale è possibile: i parametri tra cui scegliere sono tanti, il che è comprensibile perché i progetti sono estremamente eterogenei tra di loro, ma ciò non deve impedire di mettere a sistema le esperienze migliori, in un’ottica di contaminazione reciproca. L’avvocato Randazzo conclude il suo intervento presentando Atandia, un veicolo di impact investing finanziato solo dalle famiglie e interessato soprattutto alle startup.
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Cosa si può fare, in concreto, con la finanza a impatto
Perché, in ultima analisi, la finanza a impatto ha una destinazione ben precisa: i progetti per l’ambiente e le persone. Gamil de Chadarevian ha raccontato quelli in cui GIST (di cui è presidente) ha partecipato in prima persona. Come KuanZa, che valorizza i piccoli agricoltori africani nella filiera e porta i loro prodotti sui mercati occidentali, cominciando dal cioccolato del Madagascar (già disponibile in diversi Paesi europei) per poi passare al miele dell’Etiopia e alle noci. O ancora Carbon Gold, che lavora per la diffusione del biochar, un fertilizzante organico naturale dalle ottime proprietà.
L’impatto sociale è anche quello che ottiene Jobmetoo, la prima piattaforma italiana di recruiting per persone disabili e appartenenti alle categorie protette. E tutto questo non va inteso in un’ottica assistenzialista, avverte senza mezzi termini il fondatore Daniele Regolo. Una persona disabile che entra nel mondo del lavoro è una persona realizzata, inserita nella società, un motore per l’economia. E l’azienda che non si limita ad adempiere passivamente al suo obbligo di assumere personale dalle categorie protette, ma ne approfitta per scegliere le professionalità migliori, è un’azienda più produttiva e competitiva. “L’impatto sociale non è un obbligo morale – conclude Regolo –. All’inizio è come un bambino che deve crescere, ma un giorno sarà capace di camminare sulle sue gambe”.
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