La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Cos’è la finanza sostenibile e quanto è diffusa in Italia e nel mondo
Tutto sulla finanza sostenibile: cos’è, quanto è diffusa e quali sono le strategie per investire il proprio denaro rispettando l’ambiente e le persone.
Per i non addetti ai lavori, di solito “finanza” significa solo una cosa: profitti a tutti i costi. Per fortuna, però, c’è anche molto altro. Facciamo il punto sulla finanza sostenibile, un mondo che fino a poco più di un decennio fa era sconosciuto o quasi, ma ormai è una realtà nota e consolidata. Una realtà capace di cambiare (in meglio) il mondo, spostando le risorse verso le attività responsabili nei confronti del Pianeta e delle persone.
- Cosa sono i criteri Esg
- Le sette strategie della finanza sostenibile
- Impact investing, guadagnare per il bene del Pianeta
- La sostenibilità fa bene ai rendimenti
- Quanto vale la finanza sostenibile in Europa
- Gli investimenti sostenibili nel mondo
- Chi lavora per la finanza responsabile in Italia e nel mondo
Cosa sono i criteri Esg
Con la crescita dell’interesse per la finanza sostenibile, e del volume di asset gestiti, si moltiplicano anche i prodotti finanziari sul mercato. Tutti, però, si possono ricondurre a un fil rouge ben preciso: integrano l’analisi dei dati finanziari con quella dei fattori ambientali, sociali e di buon governo (in gergo Esg, dall’inglese environment, society e governance). Ambiente significa valutare le scelte legate all’energia, l’impegno contro il cambiamento climatico e l’uso (ponderato o meno) delle risorse naturali. Sul versante della società entrano in gioco le condizioni di lavoro dei dipendenti e i rapporti con la comunità locale e il territorio. Un’azienda che ha una buona governance, infine, è trasparente ed equa in tutte le sue scelte, dalle retribuzioni ai legami con la politica.
I fattori ESG
Ambiente (E) | Società (S) | Governance (G) |
---|---|---|
Cambiamento climatico | Condizioni di lavoro | Retribuzioni dei manager |
Emissioni di gas serra | Rapporto con la comunità locale | Corruzione |
Sfruttamento delle risorse | Conflitti | Attività di lobbying |
Rifiuti | Salute e sicurezza | Contributi a partiti politici |
Inquinamento | Relazioni e diversità tra i dipendenti | Politiche fiscali |
Deforestazione | Lavoro minorile e forzato | Diversità all'interno del board |
Le sette strategie della finanza sostenibile
Gli investimenti sostenibili non sono tutti uguali: anzi, negli anni si sono fatte avanti tante proposte diverse, tra cui scegliere quella che più si avvicina alla propria sensibilità e alle proprie esigenze. L’Eurosif (Forum europeo per gli investimenti sostenibili e responsabili) ha voluto fare chiarezza, identificando le sette strategie per investire responsabilmente il proprio denaro.
- Investimenti tematici. I capitali vengono investiti soltanto in alcuni settori ben precisi: efficienza energetica, salute, energie rinnovabili e così via.
- Investimenti “best in class”. Si selezionano le società che ottengono le performance Esg migliori.
- Rispetto di norme e standard internazionali. Si investe solo nelle imprese e negli stati che aderiscono a determinate convenzioni dell’Onu o di altre sue agenzie (Unep, Unicef, Ilo ecc.).
- Esclusioni. Con quest’approccio, che storicamente è il più consolidato, si tagliano fuori dal proprio portafoglio i settori ritenuti poco etici. Di norma si tratta di tabacco, armi, pornografia, ma c’è chi esclude anche ogm, esperimenti sugli animali, energia nucleare.
- Integrazione delle istanze Esg nell’analisi finanziaria. Si allarga il campo della tradizionale analisi finanziaria, includendo le istanze Esg nelle decisioni di investimento e nei rendimenti attesi.
- Engagement. L’investitore cerca di avere un ruolo attivo nelle scelte ambientali, sociali di governance dell’azienda, dialogando con il management (soft engagement) o esercitando il suo diritto di voto nell’assemblea degli azionisti (hard engagement).
- Impact investing. Si investe in aziende, fondi e organizzazioni con l’intenzione dichiarata di generare sia un ritorno finanziario sia un impatto ambientale e sociale positivo, concreto e misurabile.
Impact investing, guadagnare per il bene del Pianeta
Quella dell’impact investing è l’ultima nata, ma è anche la strada più sperimentale e innovativa. Si tratta di qualcosa di molto diverso dalla filantropia: non donazioni a fondo perduto ma investimenti veri e propri, che in futuro dovranno portare un guadagno con tassi che possono essere inferiori o superiori a quelli di mercato. Tutto questo ottenendo un impatto positivo sul Pianeta e sulla società. A partire da novembre 2016, il primo fondo a impatto ha fatto il suo ingresso anche alla Borsa italiana.
La sfida non è certo semplice, ma i dati sono incoraggianti. Uno studio del Giin (Global Impact Investing Network) ha interpellato 209 investitori attivi nell’impact investing, scoprendo che nel 98 per cento dei casi gli investimenti hanno raggiunto o superato le aspettative in termini di impatto sociale e ambientale. Il 91 per cento degli intervistati dice lo stesso per quanto riguarda le performance finanziarie.
Senza dubbio, sottolinea uno studio condotto da Novethic, il nodo più delicato da sciogliere è quello della metodologia: su diversi fronti si lavora per trovare criteri solidi e oggettivi che distinguano gli investimenti che hanno un reale impatto positivo da quelli che, invece, sono sostenibili solo di facciata. Senza dubbio questo è un fattore cruciale per la crescita della finanza sostenibile.
La sostenibilità fa bene ai rendimenti
Quando si parla di etica e sostenibilità, bisogna scontrarsi con alcuni pregiudizi che sembrano davvero duri a morire. Il più radicato è senza dubbio quello per cui fare il bene del Pianeta sia un sacrificio. Nulla di più sbagliato, nemmeno nel mondo della finanza. E sono i dati a dimostrarlo.
Analizzando oltre 2mila studi accademici condotti dagli anni Settanta in poi, innanzitutto, un team di ricercatori ha scoperto che il 90 per cento delle ricerche riscontra una relazione “non negativa” tra l’attenzione ai criteri Esg e le performance finanziarie di un’impresa. Anzi, nella maggior parte dei casi le aziende più responsabili sono anche quelle più solide nel lungo periodo.
Alla stessa conclusione arriva Morningstar, la più celebre e autorevole società al mondo che fornisce ricerche finanziarie indipendenti, che nel 2017 ha introdotto un vero e proprio rating di sostenibilità per i fondi. Sulla base dei dati di migliaia di fondi di investimento tra il 2002 e il 2016, gli analisti non hanno rilevato discrepanze tra i fondi etici e tutti gli altri nel rating Morningstar, che valuta il rendimento corretto in relazione al rischio.
Sembra che questi numeri stiano iniziando a fare breccia tra gli addetti ai lavori. Solo il 35 per cento dei seicento investitori istituzionali interpellati da State Street Corporation, infatti, crede che considerare i fattori Esg significhi mettere a rischio il proprio rendimento. Anzi, tre su quattro sono sicuri di ottenere sovraperformance dai propri investimenti sostenibili nel giro di tre anni.
Quanto vale la finanza sostenibile in Europa
Ma quali sono i volumi della finanza sostenibile? Ci dà una risposta Eurosif, che ogni anno pubblica un approfondito studio sugli investimenti sostenibili in Europa. Dall’ultima edizione, pubblicata a novembre 2016, si scopre che nel nostro Continente il mercato degli investimenti sostenibili e responsabili ha fatto un balzo in avanti del 25 per cento tra il 2013 e il 2015. La finanza sostenibile non è più solo materia per banche e assicurazioni, se è vero che gli investitori retail (vale a dire le persone fisiche) sono sempre più protagonisti, passando dal 3,40 per cento al 22 per cento degli asset gestiti.
Tra i sette approcci della finanza sostenibile, a fare la parte del leone sono le esclusioni, che hanno superato la soglia dei 10mila miliardi di euro, segnando uno stratosferico +48 per cento in due anni. Ma anche tutte le altre strategie crescono, seppure con volumi complessivi più ridotti. Gli investimenti basati sul rispetto di norme e standard internazionali sono i secondi della lista con più di 5mila miliardi di euro, seguiti dall’engagement (cresciuto del 30 per cento in due anni) e dall’integrazione delle istanze Esg (oltre 2.600 miliardi di euro). A chiudere la lista, gli approcci più innovativi e complessi: best in class (493 miliardi), investimenti tematici (145 miliardi) e impact investing, con più di 98 miliardi di euro. Degli investimenti a impatto, però, stupisce la rapidissima crescita: solo nel 2011 erano fermi a 8,75 miliardi di euro e nel 2013 a 20 miliardi. Ciò significa che in soli due anni sono cresciuti del 385 per cento.
Gli investimenti sostenibili nel mondo
In materia di finanza sostenibile, l’Europa è reattiva e all’avanguardia: nel Vecchio Continente si trovano quasi metà degli asset “etici” su scala globale. Lo dimostra l’ultima edizione, pubblicata nel mese di marzo del 2017, del report biennale della Global Sustainable Investment Alliance (GSIA), l’unico studio che prende in esame l’universo degli investimenti sostenibili in Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda. Le fonti sono le singole associazioni che lavorano per la finanza sostenibile all’interno di ciascuna di queste macro-regioni; le differenze nelle cifre rispetto al report di Eurosif sono dovute alla diversa metodologia di analisi. All’inizio del 2016 la finanza sostenibile aveva raggiunto i 22.890 miliardi di dollari nel mondo, guadagnando il 25 per cento rispetto al 2014, quando si attestava a poco più di 18mila miliardi. Quasi ovunque è cresciuta anche l’incidenza della finanza responsabile sul totale degli asset gestiti professionalmente. Come in Europa, anche nel mondo la strategia più comune è quella delle esclusioni, mentre l’impact investing è la più piccola a livello numerico ma la più rapida nella crescita (+146 per cento in due anni).
Chi lavora per la finanza responsabile in Italia e nel mondo
Fino a poco più di un decennio fa, la finanza sostenibile era pressoché sconosciuta. Se ha raggiunto i risultati che abbiamo appena ricordato, è anche grazie al lavoro di una serie di soggetti che l’hanno regolamentata e promossa, a livello globale, regionale o nazionale. Ne citiamo alcuni.
Un Pri
Fondati nel 2005 per volontà dell’allora segretario generale dell’Onu Kofi Annan, gli Un Pri (United nations principles for responsible investments) sono un’iniziativa delle Nazioni Unite, in partnership con il Global compact e l’Unep fi. Si tratta di sei principi a cui gli operatori della finanza possono aderire volontariamente, dietro pagamento di una quota annuale, impegnandosi a pubblicare ogni anno un report sulle proprie politiche di investimento responsabile. In estrema sintesi, i membri si impegnano a incorporare i temi Esg nelle proprie decisioni e di farsene promotori in prima persona, tanto nei confronti delle società in cui investono quanto all’interno del mondo della finanza. A undici anni dall’entrata in vigore dei principi, si contano 1.748 firmatari in tutto il mondo, che gestiscono complessivamente circa 70mila miliardi di dollari. Gli italiani, per ora, sono soltanto 21.
Eurosif
L’Eurosif, che ha sede a Bruxelles, è il Forum europeo della Finanza sostenibile. È a quest’organizzazione che dobbiamo il report che aggrega ogni anno tutti i dati su scala continentale, oltre a una fitta serie di appuntamenti e iniziative per sensibilizzare gli operatori finanziari e l’opinione pubblica. Insieme ai suoi omologhi (lo statunitense Us Sif, l’asiatico ASrIA e così via) l’Eurosif è tra i fondatori del network globale Global Sustainable Investment Alliance. Tweets by Eurosif
Forum Italiano per la finanza sostenibile
In Italia, a promuovere la responsabilità sociale e ambientale negli investimenti è il Forum per la finanza sostenibile. L’appuntamento di punta è la Settimana SRI, in programma ogni anno a novembre: una serie di appuntamenti tra Milano e Roma, gratuiti e aperti al pubblico, per presentare dati aggiornati e condividere i trend più interessanti e promettenti.
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