Il 12 dicembre si è celebrato il quinto anniversario dell’Accordo di Parigi sul clima, l’architettura internazionale per ridurre le emissioni a livello globale. Il prossimo anno alla Cop 26 di Glasgow i paesi dovranno concludere tutti gli elementi procedurali ancora irrisolti (finanza, trasparenza) per far procedere a pieno regime l’Accordo.
Tuttavia secondo il report Five years lost, pubblicato da diciotto organizzazioni non governative internazionali, tra cui l’italiana Re:common, oggi esistono dodici mega-progetti fossili in fase di sviluppo che, se venissero realizzati, causerebbero il rilascio di atmosfera di 175 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Un volume di CO2 sufficiente a esaurire metà del budget di carbonio rimanente per restare al di sotto della fatidica soglia di 1,5 gradi Celsius. Così si rallenterebbero significativamente i processi richiesti dalla comunità internazionale. Dalla firma dell’Accordo di Parigi a oggi, le principali banche e i fondi di investimento mondiali hanno finanziato le società attive in questi dodici progetti con circa 3mila miliardi di dollari.
Quali sono i mega-progetti fossili in fase di sviluppo
Tra questi progetti sono annoverati l’esplorazione dei giganteschi giacimenti gassiferi in Mozambico, dove sono presenti la francese Total e l’italiana Eni; i giacimenti di petrolio e gas in Suriname; i campi di shale gas e oil nel bacino Permiano degli Stati Uniti; la nuova scoperta petrolifera dei campi Vaca Muerta, in Argentina; le miniere di carbone e gas nel Payra hub del Bangladesh; il boom di centrali a carbone in Cina sovvenzionato con fondi statali; l’esplorazione mineraria per estrarre carbone in India e nelle Filippine; i giacimenti di petrolio e gas e la costruzione di condutture nel Mediterraneo orientale.
++BREAKING++ 18 NGOs release a report today showcasing the 12 most devastating fossil fuel projects under development. These expansion projects alone would use up three-quarters of the total remaining carbon budget. #FiveYearsLost [1/x]
“Sono passati cinque anni dall’Accordo di Parigi, eppure il modello di business dell’industria fossile è rimasto immutato”, ha dichiarato Alessandro Runci di Re:common, tra gli autori del rapporto. “Società come Eni hanno continuato a espandersi, come in Mozambico, dove la scoperta di enormi riserve di gas si è trasformata in una maledizione per le comunità. Banche come Unicredit e Intesa Sanpaolo, quest’ultima tra le più fossili in Europa, devono smettere immediatamente di finanziare le società che stanno devastando il Pianeta”.
Le ong che hanno realizzato il rapporto ritengono che per evitare gli impatti più catastrofici della crisi climatica occorra interrompere immediatamente i finanziamenti per quelle società che continuano a realizzare nuovi progetti fossili.
Sotto la lente di Re:common lo sfruttamento del gas in Mozambico, guidato da Eni e dalla francese Total, che sta causando devastazione e violenze nella regione di Capo Delgado. Nell’area si vuole sviluppare il gnl (gas naturale liquefatto) per sfruttare riserve di oltre 100 trilioni di metri cubi di gas estraibile, che in pochi anni hanno portato il paese ad essere la terza riserva in Africa dopo Nigeria e Libia.
Nel Mediterraneo orientale un’altra società italiana, Edison, è tra le proponenti del mega gasdotto Eastmed, che dovrebbe collegare i giacimenti di gas della regione, molti dei quali controllati da Eni, con i mercati europei. Eastmed avrebbe un impatto importante sul clima: trasporterebbe combustibili fossili con un impatto climalterante pari alle emissioni annuali combinate di Francia, Italia e Spagna.
Quali banche hanno finanziato i combustibili fossili
Per quanto riguarda la finanza, i giganti americani Blackrock, Vanguard e Citigroup guidano la classifica dei maggiori finanziatori delle società coinvolte in questi progetti, seguiti dalle inglesi Barclays e Hsbc e dalla francese Bnp Paribas.
“Ad alimentare l’espansione fossile ci sono anche le italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit, che complessivamente, dal 2016 ad oggi, hanno finanziato con la cifra astronomica di 30 miliardi le società fossili che guidano i dodici progetti, con Eni in cima alla lista dei beneficiari”, spiega Luca Manes di Re:common.
Unicredit ha recentemente adottato delle politiche sui combustibili fossili che vanno nella giusta direzione; Intesa Sanpaolo però, che ha all’attivo un plafond di sei miliardi per l’economia circolare, è uno dei pochi istituti di credito europei a non aver ancora indicato una data per il phase-out del carbone.
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