Logiche, strumenti e obiettivi del Green Deal europeo in Italia. Un piano di transizione verde che, dopo la pandemia, diventa ancora più centrale.
Il Parlamento ha votato gli ultimi atti del pacchetto Fit for 55: delusione o soddisfazione?
Il Parlamento europeo ha approvato tre atti legislativi sulle emissioni del pacchetto Fit for 55. Per molti, però, si tratta di un accordo al ribasso.
- Il Parlamento europeo vota tre atti legislativi sulle emissioni che fanno parte del pacchetto Fit for 55.
- Il voto fa seguito alla bocciatura di un mese fa.
- Le parti politiche hanno trovato un nuovo accordo he in molti giudicano al ribasso.
Il Parlamento europeo ha approvato mercoledì 22 giugno la sua posizione negoziale su tre importanti atti legislativi dell’Unione europea che fanno parte del pacchetto Fit for 55, ovvero di quel pacchetto legislativo che ha lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, e conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il Parlamento è ora pronto ad avviare i negoziati con gli stati membri sulla forma definitiva da dare alle norme.
Riforma del sistema di scambio di quote di emissioni
Il primo dei tre atti riguarda l’obiettivo del Parlamento di incentivare le industrie a ridurre ulteriormente le loro emissioni e investire in tecnologie più verdi. I deputati hanno proposto di riformare il sistema di scambio di quote di emissione (Ets, Emission trading system) attraverso varie misure.
Tra queste, l’istituzione di un nuovo sistema di scambio, un Ets II, dedicato agli edifici e al trasporto su strada, con l’esclusione degli edifici privati almeno fino al 2029. Inoltre, il parlamento propone di aumentare al 63 per cento l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il 2030, che è più del 61 indicato dalla Commissione ma meno del 67 per cento proposto dai deputati della commissione ambientale del parlamento.
Il pacchetto votato comprende anche la graduale eliminazione delle quote gratuite dal 2027 e loro completa eliminazione entro il 2032: il sistema Ets, introdotto nel 2005, impone un prezzo ai cosiddetti “diritti ad inquinare”. Prezzo che però è stabilito secondo logiche di mercato e che a lungo è rimasto a livelli irrisori, facendo piovere critiche sull’efficacia dello stesso sistema Ets. Inoltre, finora è stata prevista l’assegnazione di quote gratuite tra il 2021 e il 2030 alle imprese per un valore pari a 160 miliardi di euro: tra queste figurano imprese legate all’acciaio, al cemento, alla chimica, cioè ad alta intensità energetica.
Il meccanismo di adeguamento delle emissioni alle frontiere
Il secondo voto ha riguardato il meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere (Cbam) che serve a sostenere la riduzione delle emissioni nei paesi non europei e prevenire la rilocalizzazione delle emissioni: le aziende europee, infatti, possono scegliere di delocalizzare la produzione, sfruttando proprio le regole più permissive adottate al di fuori dei confini comunitari. Il meccanismo vuole correggere questo comportamento.
Fra le proposte approvate figurano l’introduzione graduale e anticipata del Cbam entro il 2032 (anno in cui verranno eliminate le quote gratuite Ets) e l’estensione del campo di applicazione ai prodotti chimici organici, alla plastica, all’idrogeno e all’ammoniaca, nonché alle emissioni indirette. Inoltre, un importo equivalente alle entrate del Cbam nel bilancio dell’Unione europea verrà utilizzato per sostenere la transizione verde nei paesi meno sviluppati.
Fondo sociale per il clima
In ultimo, il Parlamento ha sostenuto la creazione di un Fondo sociale per il clima per aiutare le persone più colpite dalla povertà energetica a far fronte all’aumento dei costi della transizione energetica.
Per il parlamento, il Fondo dovrebbe includere misure temporanee di sostegno diretto al reddito (come la riduzione delle tasse e delle tariffe energetiche) per far fronte all’aumento dei prezzi del trasporto su strada e del combustibile per riscaldamento.
Oltre a questi sostegni, misure simili dovrebbero sostenere gli investimenti nella ristrutturazione degli edifici, nelle energie rinnovabili e in tutte quelle attività per passare dal trasporto privato a quello pubblico, al car pooling e car sharing e all’utilizzo di modi di trasporto attivi quali la bicicletta. Secondo il parlamento, le misure dovrebbero essere attuate tramite incentivi fiscali, voucher, sovvenzioni o prestiti a tasso zero.
Un accordo al ribasso o un compromesso?
Ora la posizione del Parlamento verrà negoziata con la Commissione, il Consiglio e gli stati membri europei. Ma intanto c’è chi ha criticato l’operato dei deputati: in effetti, un pacchetto più ambizioso in termini di emissioni era stato bocciato appena un mese fa dal Parlamento, soprattutto a causa dell’opposizione della destra. Così gli schieramenti hanno trovato un nuovo accordo, che molti giudicano al ribasso. Per altri si tratta di un compromesso naturale.
Questo riguarda soprattutto l’Ets: la proposta bocciata l’8 giugno chiedeva ai settori coperti dal meccanismo delle quote di puntare a una riduzione delle emissioni del 67-68 per cento. La destra non era d’accordo, perché temeva un contraccolpo per le aziende. Così si è arrivati al compromesso del 63. E poi c’è la questione della fine delle quote libere per l’industria, che verrebbe introdotta a partire dal 2027 e raggiunta nel 2032, con un ritmo molto lento nei primi due anni.
Questi compromessi negoziati al ribasso in relazione all’emergenza climatica mostrano quanto sia alta la posta in gioco e quanto lontani siano gli interessi di salvaguardia del pianeta (e con esso delle generazioni che verranno) di una certa parte politica.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Dopo le centrali a carbone, in Europa le industrie che emettono più CO2 sono quelle siderurgiche. Ora più che mai, il settore necessita di un profondo ripensamento in chiave sostenibile.
Il governo della Svezia ha annunciato un piano per azzerare le emissioni nette di gas ad effetto serra. “Compensiamo i passi indietro di Donald Trump”.
Con 610 sì, 31 astenuti e 38 no oggi il parlamento europeo di Strasburgo ha dato il suo consenso alla ratifica dell’Accordo di Parigi. Con questo voto viene ufficialmente superata la soglia dei 55 paesi firmatari che rappresentano il 55 per cento delle emissioni globali di CO2, rendendo il trattato internazionale giuridicamente vincolante. Un voto
Oslo è in prima linea nella riduzione delle emissioni climalteranti e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. L’amministrazione pubblica cittadina ha infatti approvato lo scorso mercoledì il primo “bilancio climatico”, una sorta di programma finanziario che permetterà alla capitale norvegese di dimezzare entro il 2020 le proprie emissioni di gas serra. “Conteremo la CO2 come contiamo
Fonti rinnovabili, risparmio energetico e crisi economica hanno consentito di tagliare le emissioni di CO2 di quasi un quarto rispetto ai valori del 1990.
La “carbon neutrality” verrà raggiunta in Norvegia entro il 2030, ovvero venti anni prima rispetto a quanto previsto inizialmente.
Stabilito un nuovo record nel mondo dell’eolico, questa volta in Scozia. Nel frattempo gli investimenti nelle rinnovabili continuano a crescere.
I capitali per gli investimenti necessari per assicurare sia la crescita economica che la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti sono già disponibili, così come le soluzioni tecnologiche e le innovazioni necessarie. I costi iniziali in più si riassorbono grazie alla riduzione dei rischi e alla salubrità dell’economia – oltreché dell’ambiente. Per far crescere l’economia inquinando