
Il colosso dell’energia ha approvato il piano di indennizzi previsto per la chiusura della più vecchia centrale nucleare transalpina.
La dirigenza della compagnia francese Edf ha rivisto al rialzo i costi del nuovo reattore Epr in costruzione sulla Manica: 10,5 miliardi di euro.
Jean-Bernard Lévy, amministratore delegato di Edf, società francese che gestisce la centrale nucleare di Flamanville, in Normandia, ha annunciato l’ennesimo ritardo per la messa in funzione del nuovo “Epr”, in costruzione dal 2007. Il primo reattore francese di terza generazione, fornito da Areva, non sarà pronto prima della fine del 2018. E il costo, che inizialmente era stato previsto pari a 3 miliardi di euro, raggiungerà la cifra stratosferica di 10,5 miliardi: il prezzo di una manovra economica.
A provocare l’ennesimo ritardo ha certamente contribuito il problema riscontrato lo scorso 7 aprile dall’Autorità per la sicurezza nucleare francese (Asn), che ha individuato alcune “anomalie” giudicate dal presidente dello stesso organismo di vigilanza “molto serie”. Ma aumenti dei costi e difficoltà si registrano sostanzialmente ovunque per i nuovi reattori di fabbricazione transalpina: una situazione che ha contribuito ad affossare il gruppo Areva, per il quale il governo ha dovuto ordinare, alla fine di luglio, un salvataggio d’emergenza (operato proprio da Edf).
Eppure Parigi appare decisa ad andare avanti. D’altra parte, lo stesso Lévy, secondo quanto riportato dal quotidiano Le Monde, ha definito il progetto “vitale”. Flamanville è, in questo senso, più di un cantiere: è una “testa di serie” con la quale si vorrebbe dimostrare che Edf, e con essa la Francia, sono ancora in grado di portare a termine grandi opere: “Il mondo intero osserva ciò che accade in Normandia”, ha ammesso il numero uno del gruppo, qualche mese fa, in un’intervista rilasciata alla radio Europe 1.
Malgrado le speranze dei nuclearisti francesi, tuttavia, i dati commerciali parlano ormai chiaro. Sono infatti passati più di vent’anni dal lancio del programma di costruzione di reattori Epr. Da allora, Areva ne ha venduti solamente quattro: oltre a quello di Flamanville, uno alla Finlandia e due alla Cina. Mentre altri quattro sono in ballo in Gran Bretagna (due a Hinkley Point e due a Sizewell).
Secondo il nuovo direttore della divisione nucleare di Areva, Bernard Fontana, quello made in France è “un ottimo reattore”, al quale occorre solo “dare una possibilità”. Secondo l’analisi di Le Monde, invece, il futuro della tecnologia Epr “è ormai un’incognita”.
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