Negli Stati Uniti è stato proposto l’inserimento della farfalla monarca tra le specie a rischio dell’Endangered species act per aumentarne la protezione.
Una nuova tecnica per monitorare il ritorno della foca monaca nel Mediterraneo
Una nuova tecnica, studiata dall’università Bicocca di Milano, permette di rilevare la presenza della foca monaca tramite il dna ambientale.
- La foca monaca era considerata estinta in Italia fino a poco tempo fa.
- Grazie all’analisi del dna ambientale è possibile rilevare la presenza della specie senza osservarla in maniera diretta.
Nel mar Mediterraneo si trova l’unica specie di mammifero pinnipede marino, la foca monaca. Estremamente minacciata, fino a poco tempo fa era considerata estinta nei mari italiani; tuttavia, alcuni avvistamenti hanno fatto ben sperare in un suo ritorno. Il gruppo di ricerca coordinato da Elena Valsecchi, ecologa molecolare del Dipartimento di scienze dell’ambiente e della Terra dell’Università di Milano-Bicocca, ha messo a punto una nuova tecnica, non invasiva, che permette di rilevare la presenza della foca analizzando il dna ambientale, o eDna, all’interno di campioni di acqua marina.
La popolazione di foche del Mediterraneo si è notevolmente ridotta nel Ventesimo secolo
La foca monaca del Mediterraneo (Monachus monachus) era presente originariamente in tutto il bacino, tanto da spingersi fino alle acque atlantiche. Purtroppo, come accaduto anche in altri casi, nel corso del Ventesimo secolo la sua popolazione ha subito una drastica diminuzione per colpa della caccia e degli incidenti con i pescherecci. La perdita di individui si è verificata in tutto il Mediterraneo – al punto che, salvo qualche sporadico avvistamento, la specie in Italia era considerata estinta.
Analizzare la presenza della foca monaca con il dna ambientale
In che modo è possibile osservare la presenza della foca attraverso il dna ambientale? Oggi, grazie alle moderne tecniche di analisi molecolare, è possibile analizzare le tracce di dna rilasciate da tutti gli organismi in mare, il cosiddetto eDna. I ricercatori hanno selezionato delle regioni target del dna mitocondriale della foca – sequenze che appartengono solo a questa specie – per poi realizzare delle “sonde” che permettessero di identificare tali tracce in mezzo alle altre presenti.
Per verificare l’efficacia di queste “sonde”, gli studiosi hanno testato diversi campioni di acqua marina; in più hanno esaminato dei campioni di controllo provenienti dalle acque dell’arcipelago di Madera, in Portogallo, dove la presenza della foca monaca è certa. In questa regione, infatti, è presente una popolazione stabile di circa trenta individui.
Risultati che fanno ben sperare
I risultati delle analisi hanno portato ottimi dati che fanno ben sperare. Il dna della foca monaca è stato rilevato per il 47,2 per cento nei campioni prelevati nel Tirreno, mentre per il 66,7 per cento nei campioni prelevati nell’arcipelago siciliano delle Pelagie. Un’ulteriore conferma dell’efficacia di questo metodo di analisi è arrivata dagli avvistamenti e dalle segnalazioni, avvenute nei giorni successivi, di esemplari di foca monaca proprio nelle aree prese in considerazione.
Il progetto Spot the monk
L’attuale distribuzione della foca monaca rimane ancora difficile da definire con certezza. Alcune femmine sono monitorate costantemente poiché sono fedeli al luogo dove partoriscono. Tuttavia, grazie a questo straordinario metodo di analisi è possibile sia tenere sotto controllo le popolazioni già conosciute, sia monitorare delle aree in cui l’ambiente rispecchia le caratteristiche dell’habitat ideale per la foca. L’ambizioso obiettivo del progetto Spot the monk è il campionamento di diverse aree del Mediterraneo, grazie anche a diversi programmi di citizen science, per la tutela e la conservazione della foca monaca. Speriamo che questo splendido animale torni a popolare abbondantemente il nostro mare.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
La raccolta delle migliori fotografie naturalistiche del National Geographic scattate nel 2024, il mondo animale attraverso l’obiettivo della fotocamera
Siamo stati tre giorni tra borghi, vallate e foreste dell’Appennino centrale, per vedere le misure adottate per favorire la coesistenza tra uomini e orsi marsicani.
Per la prima volta le giraffe stanno per essere inserite nella lista delle specie protette dall’Endangered species act, una mossa per la loro salvaguardia.
La Cop16 di Cali, in Colombia, è stata sospesa per il mancato raggiungimento del quorum necessario per lo svolgimento della plenaria finale. Tempi supplementari a Roma, nel 2025, sperando che le parti trovino le risorse per tutelare la biodiversità.
Si tratta di un’area di 202 chilometri quadrati nata grazie agli sforzi durati 16 anni delle comunità locali e nazionali a Porto Rico.
Ha 300 anni e può essere visto persino dallo spazio. È stato scoperto nel Triangolo dei Coralli grazie a una spedizione della National Geographic society.
La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
Tre puntate speciali di News dal Pianeta Terra per parlare del legame tra biodiversità e transizione energetica, con il supporto di A2A.