
Diminuire, o escludere, le proteine animali dalla nostra alimentazione non solo fa bene ma è anche semplice.
Il docufilm Food for profit svela il legame tra industria della carne, lobby dell’agroalimentare e potere politico e chiede di fermare i sussidi pubblici agli allevamenti intensivi.
Lo scorso novembre, in questa intervista, Giulia Innocenzi ci aveva annunciato in esclusiva l’uscita a febbraio di un documentario sugli allevamenti intensivi e così è stato: il 27 febbraio, nella sala gremita del Cinema Beltrade di Milano, abbiamo assistito alla proiezione di Food for profit, il risultato di un’inchiesta che la giornalista ha condotto per cinque anni raccontato con l’approccio cinematografico di Pablo D’Ambrosi.
90 minuti che tengono incollati alla sedia con un ritmo incalzante attingendo allo stile ora del film politico, ora di quello d’azione, ma che rendono difficile, anche alle persone meno impressionabili, reggere lo sguardo davanti a certe immagini. Il documentario investigativo è il primo a mostrare in modo indipendente il filo che lega l’industria della carne, le lobby e il potere politico. Al centro ci sono i miliardi di euro di fondi pubblici – 387 per la precisione – che l’Europa destina agli allevamenti intensivi attraverso la Politica agricola comune perpetuando così un sistema insostenibile.
Con l’aiuto di una squadra di investigatori che ha lavorato sotto copertura – c’è chi si è fatto assumere come operaio negli allevamenti intensivi e chi si è finto un lobbista nei palazzi della politica europea – Giulia e Pablo raccontano, attraverso un viaggio per l’Europa, i maltrattamenti e la sofferenza inferta agli animali, ma anche lo sfruttamento dei lavoratori, l’inquinamento provocato dalle produzioni con conseguenze sulla salute delle persone e sulla biodiversità, i rischi dell’utilizzo di antibiotici e dello sviluppo degli organismi geneticamente modificati, il potere esercitato dai lobbisti nel Parlamento europeo. Non solo un racconto della realtà: Food for profit vuole essere soprattutto una call to action perché tutto questo venga fermato.
Il documentario inizia nel Polesine, sul delta del Po, dove gli allevamenti intensivi di polli si sono moltiplicati negli ultimi decenni e dove gli animali che non crescono abbastanza per lo standard di mercato sono solo “scarti” da uccidere a bastonate o contro tubi di ferro, sistemi che nella maggior parte dei casi li lasciano agonizzanti. Dall’Italia alla Germania, la situazione per quanto riguarda il benessere animale non è diversa: in un allevamento di mucche da latte vengono somministrati antibiotici illegalmente per curare mastiti provocate dalla scarse igiene.
Si scopre poi che a Zuromin, in Polonia, l’espansione degli allevamenti di polli con le loro ingenti emissioni di ammoniaca ha reso impossibile la vita alla comunità che abita il territorio rendendo l’aria irrespirabile e svalutando i prezzi delle case; ancora in Spagna, nella Murcia, i cumuli di letame degli allevamenti di maiali inquinano il suolo e le falde con nitrati provocando morie di pesci, mentre la telecamera nascosta negli allevamenti documenta condizioni indicibili per gli animali.
E, di nuovo, in Italia, poco distante da Roma, tacchini mezzi morti e mezzi vivi spinti nel maggior numero possibile e in minor tempo possibile sul camion diretto al macello perché così tutto “è veloce ed economico”. In tutto questo si parla di lavoratori sfruttati e frustrati, migranti che lavorano in nero, con assenza totale di assistenza per malattia e infortuni, anzi: chi si ammala perde il lavoro. “Non abbiamo scovato le mele marce – spiegano Giulia e Pablo – la situazione è uguale in tutti gli allevamenti perché è proprio questo sistema produttivo che genera questi orrori”.
I grandi produttori di carne non si assumono la responsabilità di quello che accade negli allevamenti da cui si riforniscono. La loro presenza si manifesta attraverso i lobbisti dell’agroalimentare che esercitano una forma di influenza ormai normalizzata nei palazzi di Bruxelles con i politici che perseguono gli interessi delle lobby in cambio di sostegno elettorale e di soldi, tanto da trasformare quella che dovrebbe essere una democrazia in una lobbycrazia.
In nome della produttività (e del denaro) vale tutto: il finto lobbista del documentario trova approvazione politica perfino quando mostra l’idea di produrre maiali a sei zampe geneticamente modificati così da ricavare più prosciutti da un solo animale. Il problema, dicono i politici, sarebbe limitato al massimo a come renderlo accettabile all’opinione pubblica, ma per questo ci sono le narrazioni costruite a tavolino negli incontri tra scienziati, giornalisti e lobbisti.
Tra le figure politiche avvicinate da Giulia Innocenzi, ci sono l’eurodeputato del Pd Paolo De Castro di cui vengono mostrati i conflitti di interesse, e Pekka Pesonen, soprannominato Mr.ogm e a capo di Copa-Cogeca, il sindacato degli agricoltori europei, ma anche la lobby più potente dell’agroalimentare europeo, che arriva a negare l’esistenza di allevamenti intensivi in Europa. E il fatto che nella legislazione europea manchi una definizione di allevamento intensivo – si sottolinea nell’inchiesta – non aiuta.
La comprensione di quanto mostrato è accompagnata dal commento di filosofi, scrittori, ambientalisti, mentre il documentario si conclude con tre richieste esplicite: lo stop ai sussidi pubblici agli allevamenti intensivi, la costituzione di assemblee cittadine che possano decidere come vengono spese le risorse pubbliche e una moratoria per fermare la realizzazione di nuovi allevamenti intensivi.
“Quello che possiamo fare noi da subito è scegliere cosa mangiare optando per la riduzione del consumo di carne e virando verso un’alimentazione vegetale – hanno sottolineato i rappresentanti della Lav, l’associazione ambientalista che ha coordinato le inchieste negli allevamenti – E poi ricordiamoci che l’8 e 9 giugno ci sono le elezioni per votare il nuovo Parlamento europeo”. A questo proposito la Lav suggerisce di visitare il sito voteforanimals.it per conoscere i 10 impegni a favore degli animali e le forze politiche che li sostengono.
Tutte le informazioni per vedere il documentario Food for profit o per organizzare una proiezione si può consultare il sito del progetto foodforprofit.com. Domenica 5 maggio alle 20:55 Food for profit andrà in onda per la prima volta in televisione, all’interno della puntata di Report trasmessa su Rai 3 e in streaming su RaiPlay.
Articolo aggiornato il 3 maggio 2024
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