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È la prima classifica che prende in considerazione la sostenibilità della piramide alimentare e analizza tutta la filiera: dalla produzione agricola fino alla tavola. È questo il Food Sustainable Index, ideato dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn) e realizzato da The Economist Intelligence Unit (Eiu) – il centro di ricerca del Gruppo
È la prima classifica che prende in considerazione la sostenibilità della piramide alimentare e analizza tutta la filiera: dalla produzione agricola fino alla tavola. È questo il Food Sustainable Index, ideato dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition (Bcfn) e realizzato da The Economist Intelligence Unit (Eiu) – il centro di ricerca del Gruppo The Economist.
https://www.youtube.com/watch?v=TePjPVNwFvY
Per la prima volta sono state analizzate le scelte alimentari del pianeta: non solo la qualità del cibo e dei prodotti agricoli. Ma un’approfondita analisi, di ben 58 parametri, del valore complessivo che il cibo rappresenta a livello globale.
Ecco allora che in cima alla classifica si posiziona la Francia, seguita da Giappone e Canada. In questi Paesi l’agricoltura è più sostenibile, si spreca meno il cibo (e si adottano politiche innovative per combattere lo spreco) e si mangia in modo più equilibrato, senza eccessi e carenze, attenti alla propria salute e a quella del pianeta.
“All’interno del Food Sustainable Index ci sono i Paesi che stanno lavorando bene per raggiungere i livelli di sostenibilità degli indici presi come riferimento: agricoltura, sfide nutrizionali e spreco di cibo”, spiega Maria-Luiza Apostolescu dell’Intelligence Unit dell’Economist. “Come la Francia che si trova ai primi posti per le politiche contro lo spreco alimentare, ma anche per le scelte alimentari: i consumatori sono più attenti a quello che mangiano, sia per la qualità del cibo che per la provenienza”.
Tra le 25 nazioni analizzate dal punto di vista dell’alimentazione sostenibile – che rappresentano i 2/3 della popolazione mondiale e l’87 per cento del Pil globale – l‘Italia si piazza al sesto posto. Buona infatti la sostenibilità del sistema agricolo, ma carente l’attenzione nei confronti dell’obesità infantile. “Per l’Italia i valori migliori si hanno nell’agricoltura”, sottolinea la dottoressa Apostolescu. “Il vostro Paese ha la maggior produzione di prodotti di origine biologica rispetto agli altri: si stima un 10 per cento di agricoltura biologica sul totale. Bene anche la recente legge sugli sprechi alimentari. Ma nonostante chiunque conosca la dieta mediterranea, ci sono molti problemi legati alla malnutrizione e all’obesità infantile”.
The FSI calls for policies that carefully balance encouraging healthier, more sustainable lifestyles, and overregulating consumption choices pic.twitter.com/5xT1RxgXZm
— BarillaCFN (@BarillaCFN) 7 dicembre 2016
Ma l’indice analizza anche gli aspetti che più impattano sul pianeta e su tutta la filiera del cibo: uso dell’acqua, utilizzo del suolo e di agrofarmaci. Produzione di gas serra, spreco alimentare e malnutrizione. Ecco allora che India, Arabia Saudita ed Egitto, si trovano agli ultimi posti perché costretti ad affrontare la doppia sfida dell’obesità e della malnutrizione. E perché ancora indietro nell’uso sostenibile delle risorse (acqua, soprattutto) e nella riduzione degli sprechi di cibo nella fase della produzione agricola.
“Pensiamo che questo indice possa aiutare la gente a capire qual è la situazione di oggi. E che quindi si possa agire di conseguenza. Non si tratta solo di una classifica, ma di una fotografia della situazione attuale”, sottolinea Adam Green senior editor dell’Economist. “Da una parte abbiamo la Francia che con le sue politiche è un esempio. Dall’altra l’India, nazione emergente che però ha forti problemi di malnutrizione e sostenibilità. Questo indice ci permetterà anche di monitorare i miglioramenti negli anni”.
E concorrere a risolvere le due grandi sfide e paradossi nutrizionali di oggi: il problema della fame nel mondo e della malnutrizione che cresce col crescere dell’obesità e del sovrappeso. Entrambi questi fattori comportano conseguenze a lungo termine come maggiori costi per il servizio sanitario, ma anche mortalità, aspettative di vita e della produttività economica. “Ci sono delle profonde interconnessioni tra cibo, crescita economica, cambiamento climatico e sicurezza alimentare”, conclude Green. “Nessuno può più ignorare questi problemi, né la politica, né le grandi compagnie”.
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