Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Al Food systems summit, una rete di biodistretti per lo scambio di conoscenze e di cibo sostenibile
L’idea del biodistretto della Valdera sviluppata con le università di Pisa e Torino sarà discussa al vertice sui sistemi alimentari delle Nazioni Unite.
Dalla Toscana all’Onu. Il Biodistretto Valdera parteciperà al Food systems summit delle Nazioni Unite in programma il 23 settembre a New York portando in discussione il progetto che ha ideato con le università di Pisa e Torino e che è stato selezionato tra oltre 500 idee provenienti da tutto il mondo. Dall’urgenza di creare sistemi alimentari sostenibili in cui “il cibo non sia più sfruttamento di risorse, umane e ambientali, bensì nutrimento, natura, lavoro, visione di comunità, mercati intelligenti”, il biodistretto propone “una nuova idea di filiera agroalimentare, basata sullo sviluppo di reti locali e di comunità resilienti”.
Nascita di un biodistretto
Il comitato del Biodistretto Valdera è stato fondato all’inizio del 2020 da un piccolo gruppo di attori del settore alimentare biologico della Val d’Era, in Toscana. Nonostante la concomitanza con l’esplodere della pandemia, il comitato ha dato vita a varie iniziative di autofinanziamento e di aggregazione dei vari operatori della filiera agroalimentare del territorio (tra cui produttori di vino, olio, formaggi, salumi, grani antichi), ma anche associazioni (come Slow Food) ed amministrazioni locali: oggi vanta 60 soci e il patrocinio di 10 Comuni dell’area.
Una rete di biodistretti, comunità autosufficienti e resilienti
La proposta elaborata dal Biodistretto Valdera con il dipartimento di Economia agraria dell’università di Pisa e il dipartimento di Scienze dell’informazione dell’università di Torino prevede la creazione di una piattaforma che metta in rete i biodistretti per produrre e scambiare esperienze, conoscenze e, soprattutto, mettere a disposizione alimenti sostenibili, capaci di dare conto del loro contenuto nutritivo, sociale e ambientale.
In questa visione, i biodistretti sono intesi come comunità resilienti, sistemi che – come ci spiega il presidente del Biodistretto Valdera Stefano Gonnelli – si reggono su alcuni pilastri come l’autosufficienza di cibo ed energia, la conversione delle pratiche agricole convenzionali con pratiche biologiche e rigenerative dei suoli, l’utilizzo di strumenti non speculativi per il finanziamento dei progetti di filiera agroalimentare locale e per consentire un equo accesso alla terra da parte dei giovani; l’utilizzo di strumenti digitali per mettere in relazione piccoli produttori e consumatori, con un equo compenso per i primi e prezzi più bassi per i secondi, la creazione di un laboratorio permanente di sostenibilità per generare consapevolezza nei cittadini del biodistretto e per la formazione dei nuovi agricoltori.
Certificazione olistica: alimenti misurabili e tracciabili dalla terra al piatto
Il cibo prodotto dal biodistretto andrebbe oltre la certificazione biologica: “Si tratterebbe più di certificare gli alimenti in modo olistico, ovvero di misurare e tracciare con specifici indicatori, la produzione di gas serra, il consumo di acqua ed energia, la produzione di rifiuti inquinanti, il contenuto sociale, il contributo al paesaggio, alla biodiversità e alla rigenerazione del suolo”.
E per la distribuzione di cibo si potrebbe fare affidamento sui gruppi d’acquisto solidale oppure sul delivery last-mile: “Si tratta di un nuovo concetto di delivery progettato da Share Italia per gestire le consegne tramite l’uso di piccoli magazzini di prossimità (locker) riducendo sprechi e spostamenti e coinvolgendo nel servizio anche persone svantaggiate favorendo così l’inclusione sociale”.
Passi concreti verso il 2030
Il 2030, la data fissata nell’agenda globale per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità, è vicino: “Al Food Systems Summit cercheremo finanziatori che credano nel nostro progetto per far partire una fase di sperimentazione della piattaforma di tre anni e consolidarne lo sviluppo nei successivi sei”, conclude Gonnelli. “C’è un dibattito globale in corso per capire se il biologico potrà sfamare il mondo. Io credo sia possibile, a patto però di cambiare alcune dinamiche, a partire dalle nostre abitudini alimentari così da arrivare a definire ‘migliore’ una dieta che consideri non solo i benefici nutrizionali, ma anche quelli che derivano dalle pratiche capaci di generare inclusione sociale e rigenerazione ambientale”.
Dopo la partecipazione al Summit, il 30 ottobre il Biodistretto Valdera organizzerà una conferenza sul tema della resilienza – che sarà trasmessa in streaming – a cui parteciperanno accademici locali e internazionali. Ad aprire i lavori sarà Molly Scott Cato, europarlamentare e professore di Green economies della Roehempton University di Londra.
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