Il volto tumefatto, le escoriazioni. Venti minuti di percosse, di violenza inaudita. Le immagini raccolte da una telecamera di sorveglianza e diffuse giovedì 26 novembre hanno scioccato la Francia. Michel Zecler, produttore di musica a Parigi, è stato fermato dalla polizia di fronte all’ingresso di uno studio nel 17esimo arrondissement. Non indossava la mascherina. Gli agenti, accusati di aver pronunciato numerose frasi a sfondo razzista, lo hanno bloccato e riempito di pugni.
“Quei poliziotti hanno infangato l’immagine della Repubblica”
Una scena che ha “infangato l’immagine della Repubblica”, ha tuonato il ministro dell’Interno Gérald Darmanin. I quattro poliziotti sono stati sospesi e saranno ascoltati dall’Ispettorato generale della polizia nazionale (Igpn), secondo quanto riportato dai mezzi d’informazione transalpini.
[Intervention à Paris 17ème] Je me félicite que l’IGPN ait été saisie par la justice dès mardi. Je demande au préfet de police de suspendre à titre conservatoire les policiers concernés. Je souhaite que la procédure disciplinaire puisse être conduite dans les plus brefs délais.
Ma cosa è accaduto quella sera? Secondo il verbale redatto dagli stessi agenti, che la radio France Info, ha potuto consultare, i militari hanno tentato di interrogare Michel Zecler: “Abbiamo provato a intercettarlo, ma ci ha costretti ad entrare nell’edificio”. Le immagini della telecamera di sorveglianza dello studio, che l’agenzia Afp ha potuto guardare, mostrano tre agenti entrare nel locale, bloccando l’uomo e percuotendolo violentemente con pugni, calci e manganellate alla testa.
Venti minuti di violenza contro Michel Zecler
Nel loro rapporto, i poliziotti scrivono che Zecler li avrebbe a più riprese colpiti, avrebbe tentato di impadronirsi delle loro armi e che per questo era stato considerato pericoloso. Ma dalle immagini sembra che l’uomo abbia solo tentato di proteggersi volto e corpo. Invano. Le urla hanno richiamato tuttavia alcune persone nell’atrio, e gli agenti a quel punto sono usciti. La porta si è chiusa ma successivamente i militari tentano di forzarla. Quindi hanno lanciato all’interno un lacrimogeno.
Altri video mostrano i poliziotti puntare le loro armi verso la porta e intimare a Zecler di uscire. “Mi hanno urlato ‘sporco n…’ mentre mi picchiavano”, ha affermato la vittima, che ha sporto denuncia. Nella giornata di venerdì i quattro agenti sono stati convocati dall’Ispettorato. Si tratta di militari inquadrati nella Btc, la Brigata territoriale di contatto, composta normalmente da giovani che dovrebbero vigilare per difendere la popolazione e rispondere alle emergenze.
Une pluie de coups et des mensonges : retour sur le passage à tabac du producteur de musique Michel Zecler par trois policiers https://t.co/7wqINmzKHr
Ma il governo vuole vietare la pubblicazione di video di agenti in servizio
La vicenda getta benzina sul fuoco di un dibattito estremamente attuale in Francia. È infatti in discussione una proposta di legge sulla “sicurezza globale”. Intenzione del governo guidato da Jean Castex è di rendere più difficile (quasi impossibile) la diffusione di immagini di forze dell’ordine durante i loro interventi. “Il mio cliente – ha spiegato l’avvocato di Zecler – è stato trattenuto in modo ingiustificato per 48 ore, sulla base di affermazioni false da parte dei servizi di polizia. Se non avessimo avuto a disposizione quei video, il mio cliente forse ora sarebbe in galera”.
Il testo della legge è stato già approvato dall’Assemblea nazionale, la Camera bassa del Parlamento francese. Ora dovrà passare al vaglio del Senato. Se anche quest’ultimo lo approverà, chi diffonderò immagini che possano identificare poliziotti o gendarmi in servizio, rischia un anno di prigione e 45mila euro di multa.
Un ragazzo di 17 anni è stato ucciso vicino Parigi durante un fermo della polizia mentre era alla guida di una macchina. Dalla sua morte, rivolte, scontri e violenze si ripetono in tutta la Francia e riaprono il dibattito sul ricorso alla violenza da parte delle forze dell’ordine e sulle leggi che la regolano.
Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.