Martedì 6 ottobre l’Assemblea nazionale francese ha approvato un progetto di legge che permette ai coltivatori di barbabietole da zucchero di reintrodurre in deroga i pesticidi neonicotinoidi, vietati da tempo per i loro comprovati effetti nocivi sulle api. La decisione, pensata per sostenere la filiera dello zucchero, si è attirata pesanti parole di condanna da parte di ambientalisti e scienziati. Ora la misura passerà al vaglio del Senato, per poi tornare all’Assemblea nazionale per un secondo voto.
🚨#neonicotinoïdes Malgré les preuves scientifiques et la pression de l’opinion publique, ce gouvernement continue d’encourager l’empoisonnement des sols, des animaux et des assiettes pic.twitter.com/xya1JeaBbg
Nel 2016 Francia era stata tra i primi paesi a mettere al bando i neonicotinoidi, con la legge sulla biodiversità approvata nel 2106. Un divieto addirittura più severo rispetto a quello che sarebbe stato poi imposto dall’Unione europea nel 2018, perché quest’ultimo è riferito soltanto a tre specifici insetticidi (imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam). In campagna elettorale, sottolinea Euractiv, il presidente Emmanuel Macron aveva garantito che questa misura non sarebbe stata messa in discussione.
Questa nuova disposizione, che segna un clamoroso cambiamento di rotta, non nasce da considerazioni di carattere ambientale bensì dalla volontà di sostenere la filiera dello zucchero, ha spiegato il ministro dell’Agricoltura Julien Denormandie nel suo intervento in Parlamento. La Francia infatti ne è il primo produttore europeo, ma quest’anno assiste a una congiuntura negativa su più fronti. Sono in flessione tanto la superficie coltivata a barbabietole (pari a 420mila ettari, il 5 per cento in meno rispetto al 2019) quanto le rese, diminuite in media dell’11 per cento con picchi negativi più severi nelle colture colpite da malattie. Il crollo del prezzo dello zucchero ha già portato alla chiusura di diversi stabilimenti. Per ridare slancio al comparto, quindi, il governo ha permesso ai bieticoltori di usare i neonicotinoidi in deroga fino al 1° luglio 2023.
I pesticidi neonicotinoidi minacciano le api e la salute
Numerosi studi scientifici ricollegano l’impiego dei neonicotinoidi alla morìa degli insetti impollinatori. Anche a bassissimo dosaggio, infatti, questi pesticidi interferiscono con il sistema nervoso delle api, intaccandone la memoria, il senso dell’orientamento e l’olfatto. Anche alterazioni minimali finiscono per compromettere la vita dell’alveare e la capacità degli insetti di riprodursi. La conferma in tal senso è arrivata anche dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che ha preso in esame oltre 1.500 pubblicazioni. Considerato poi che i residui dei pesticidi permangono nel suolo e nelle acque, molti studiosi esprimono preoccupazione per le possibili conseguenze sugli ecosistemi e sulla salute pubblica.
Insorgono scienziati e ambientalisti
Il Gruppo di lavoro sui pesticidi sistemici (Tfsp) nelle scorse settimane aveva provato a bloccare sul nascere questa deroga, tramite una lettera aperta indirizzata ad alcuni membri dell’esecutivo transalpino. Del team fanno parte circa sessanta ricercatori indipendenti provenienti da 24 Stati, dediti da più di dieci anni allo studio dei neonicotinoidi. La reintroduzione (anche temporanea) di questi pesticidi, affermano, è un “grave errore” associato a “un modello di agricoltura intensiva che non è sostenibile e che non si è voluto evolvere. Questo errore ci costringe a uscire dal nostro consueto riserbo e ribadire gli impatti disastrosi dei neonicotinoidi”.
Il loro appello, però, sembra caduto nel vuoto. “La storia ricorderà che, nonostante le evidenze scientifiche e la pressione dell’opinione pubblica, questo governo continua a incoraggiare l’avvelenamento del suolo, degli animali e del nostro cibo”, ha commentato tramite una nota Clement Senechal, portavoce di Greenpeace France.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
Diversi studi hanno rivalutato, nel corso degli anni, il valore delle vespe per la salute umana, grazie al loro contributo per un’agricoltura meno chimica.