Fridays for future Italia sciopera per il clima alla vigilia delle elezioni politiche. Gli attivisti raccolgono nuove istanze sociali, ma non faranno alcun endorsement.
È il giorno dei Fridays for future, nell’ultimo di campagna elettorale. Oggi gli attivisti di tutta Italia si riuniscono per partecipare allo sciopero globale per il clima. In numerose piazze d’Italia sfilano cortei e manifestazioni sull’onda della Global week for future, la serie di manifestazioni che nel 2019 impose prepotentemente all’opinione pubblica le istanze sollevate da Greta Thunberg. Per la prima volta dalla sua nascita in Italia, il movimento dei Fridays for future organizza lo sciopero alla vigilia di elezioni politiche e in un periodo in cui il tema della sicurezza energetica è dominante, mentre l’Italia ha vissuto un’estate contrassegnata da eventi meteo estremi mai visti prima.
Ci risiamo. Le ennesime elezioni in cui quasi tutta la politica si divide tra chi ignora la crisi climatica e chi finge di affrontarla.
Come rompere questo circolo vizioso? Con la partecipazione! In piazza con noi il 23 settembre. Il nostro voto se lo dovranno conquistare🔥 pic.twitter.com/8xJ8eJHrKz
Lo slogan che riecheggia dalle piazze è #PeopleNotProfit, che sintetizza la richiesta esplicita verso la classe politica di mettere al centro dei loro programmi le persone. Per tutta l’estate il movimento è entrato e uscito dal dibattito elettorale riguardo ai temi ambientali, senza tuttavia mai abbracciare il programma di nessun partito: “Non faremo endorsement”, ha raccontato a LifeGate Mathias Mancin, portavoce di Fridays for future Italia.
“Durante la campagna elettorale abbiamo cercato di imporre la nostra narrativa dall’esterno, senza prestare il fianco alla strumentalizzazione che la politica spesso opera sui nostri temi”. La settimana di avvicinamento allo sciopero non si è aperta nel migliore dei modi. C’è stato il caso delle due studentesse di Voghera portate in Questura e denunciate nonostante stessero manifestando pacificamente con dei cartelli per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione climatica. Manco fossimo in Russia.
Gli scioperi odierni sono il culmine di un percorso ben preciso intrapreso da Fridays for future negli ultimi mesi, “una politicizzazione senza diventare partito”, continua Mancin. Un percorso che ha preso forma nell’agenda climatica che rappresenta la risposta a chi chiede cosa vogliano i Fridays dalla politica. Cinque punti – trasporti, mobilità, lavoro, acqua e povertà energetica – collegati dal filo conduttore della partecipazione e della rappresentanza.
Il clima (estremo) della campagna elettorale
Le elezioni politiche del 2022 arrivano sul finire di un’estate molto travagliata per l’Italia e non solo. Dal punto di vista climatico il Paese ha dovuto affrontare caldo e siccità come non le si vedevano da settant’anni, immortalate drammaticamente dal distacco di un seracco del ghiacciaio della Marmolada che è costato la vita a undici persone e provocato un danno ambientale senza precedenti. A questo si sono sommati svariati eventi climatici allarmanti, come le trombe d’aria di qualche settimana fa a Civitavecchia e, soprattutto, l’alluvione che ha sommerso comuni dalla provincia di Ancona, nelle Marche.
“È vero, quest’anno sembra che molte più persone abbiano aperto gli occhi sui danni provocati dal clima. Anche a causa di ciò che è successo nelle nostre città hanno capito che qualcosa sta cambiando e che quanto successo in questi mesi non è un caso”, continua Mancin. Che però resta scettico su come questo si riversi davvero nelle proposte della politica: “Anche questi eventi vengono spesso strumentalizzati. Spesso la classe politica lo fa per dare credito alle proprie proposte. Abbiamo visto come come la tragedia della Marmolada sia stata il pretesto per il dibattito sui rigassificatori e ora sta succedendo lo stesso con l’alluvione nelle Marche. Si è detto che dobbiamo controllare le emissioni, ma non è più il tempo di controllare”.
Giustizia climatica è giustizia sociale
Lo sciopero segna anche il definitivo agganciarsi della lotta contro la crisi climatica alle istanze di natura socio-economica. Lo slogan “Non esiste giustizia climatica senza giustizia sociale” era diventato particolarmente attuale già a luglio, quando a Torino gli attivisti dei Fridays hanno abbracciato la causa dei cosiddetti Mapa – most affected people and area (persone e luoghi più colpiti) – termine con cui ci si riferisce ai paesi che risentono maggiormente delle conseguenze degli eventi climatici a fronte di un bassissimo contributo delle loro economie alle emissioni globali di gas serra.
“Nel 2018 il tema della giustizia sociale non era centrale quanto lo è oggi per noi. Da allora abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione dialogando con la società. Il nostro obiettivo futuro è di far convergere i nostri temi con le istanze della società civile“, continua Mancin. Dopo il caso dei Mapa (Most affected people and areas, le persone e le aree più colpite dalla crisi climatica, ndr) questo obiettivo è divenuto ancora più evidente con l’appoggio dato ai lavoratori della Gkn di Firenze, l’azienda produttrice di componenti per automobili in cui nel 2020 oltre 400 dipendenti sono stati licenziati con una mail, senza che fossero state predisposte adeguate misure come ammortizzatori sociali. L’intenzione degli attivisti per il clima è entrare, una battaglia dopo l’altra, nelle crepe di una società iniqua, proponendo la propria lettura dei fenomeni. Nelle scorse ore anche la Fiom – la Federazione impiegati operai metallurgici – ha dichiarato sciopero nazionale per partecipare alle manifestazioni. “Questo significa che l’istanza ambientale si sta legando sempre di più alle rivendicazioni sociali. Vogliamo continuare così, operando dall’esterno e mettendo di fronte alla politica un’opinione pubblica sempre più sensibile ai nostri temi. Una cosa che in Italia non si fa da molto”, conclude Mancin.
Si parla tanto di finanza climatica, di numeri, di cifre. Ma ogni dato ha un significato preciso, che non bisogna dimenticare in queste ore di negoziati cruciali alla Cop29 di Baku.
Basta con i “teatrini”. Qua si fa l’azione per il clima, o si muore. Dalla Cop29 arriva un chiaro messaggio a mettere da parte le strategie e gli individualismi.