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Nella città di Kochi, nello stato indiano del Kerala, c’è un ristorante che permette a chiunque di portare cibo per i più bisognosi. È il Pappadavada, locale gestito dalla ventottenne Minu Pauline che ha lanciato l’iniziativa proprio con il cibo del ristorante. La giovane ha installato un frigorifero fuori dal locale, riempiendolo con 50 pasti
Nella città di Kochi, nello stato indiano del Kerala, c’è un ristorante che permette a chiunque di portare cibo per i più bisognosi. È il Pappadavada, locale gestito dalla ventottenne Minu Pauline che ha lanciato l’iniziativa proprio con il cibo del ristorante. La giovane ha installato un frigorifero fuori dal locale, riempiendolo con 50 pasti al giorno destinati ai più bisognosi. Il frigorifero è utilizzabile gratuitamente 24 ore su 24, 7 giorni su 7. L’obiettivo è ridurre lo spreco di cibo e aiutare le persone in difficoltà. Non si tratta, dunque, di beneficenza, perché non si chiede alla gente di pagare di più, ma di sprecare meno.
Il video dell’iniziativa ha fatto il giro del mondo, raggiungendo cinque milioni di visualizzazioni e 100mila condivisioni.
Oggi il frigorifero viene riempito con prodotti donati dalla gente e dalle imprese locali. L’unica regola è quella di impacchettare il cibo e scrivere la data in cui viene messo nel frigorifero. Si stima che circa 200-300 pasti vengano messi nel frigorifero ogni giorno, un risultato incredibile per un’iniziativa lanciata dalla comunità per combattere la fame e ridurre gli sprechi. “I soldi sono vostri, ma le risorse appartengono alla società”. Il messaggio di Minu è chiaro: piccole azioni possono portare grandi cambiamenti.
From Frome to Kochi street fridges for the homeless are popping up all over the place https://t.co/JTaBj4aceb #communityfridge #Pappadavada
— FoodMadeGood (@FoodMadeGood) June 3, 2016
Un’iniziativa simile è stata lanciata anche a Berlino, in Germania. Ogni giorno la cooperativa e piattaforma digitale Foodsharing visita le panetterie, i supermercati e i negozi locali per recuperare i prodotti rimasti invenduti. Questi, vengono dati agli altri o messi nei 25 frigoriferi (Fairteiler) o armadietti disposti in tutta la città. Il cibo è quindi a disposizione di chiunque voglia prenderlo.
Ad oggi, grazie a Foodsharing quasi 4,5 milioni di chili di prodotti alimentari non sono stati buttati. Rispetto al progetto indiano ci sono alcune regole: niente carne, pesce o altri prodotti che hanno una data di vendita, accettando quindi solo prodotti con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro il”. Nessuno controlla il cibo, ma chi ne usufruisce è invitato a darne una valutazione online.
Il progetto del frigorifero della solidarietà a Galdakao, in Spagna, è promosso da Alvaro Saiz, che gestiva un banco alimentare per i più poveri nella città. Malgrado la crisi economica, la città basca ha approvato un piccolo budget di 5mila euro per pagare il frigorifero, l’elettricità e la manutenzione. Anche qui non sono ammesse donazioni di carne fresca, pesce o uova, e le pietanze fatte in casa devono essere etichettate e buttate quattro giorni dopo. I membri dell’associazione volontaria di Galdakao fanno a turno per pulire il frigorifero, che ha anche l’obiettivo di dare da mangiare ai più anziani. Il sindaco della città, Ibon Uribe, sostiene il progetto e una delle misure più importanti da lui prese è stata di dichiarare “l’indipendenza” del frigorifero, in modo che non si possa fare causa alla città nel caso in cui qualcuno si sentisse male.
Questi esempi ci mostrano che lo spreco di cibo sta diventando sempre più una questione politica e, allo stesso tempo, un modo per aumentare la consapevolezza dei consumatori e per sottolineare il bisogno di agire. In India, il paese con il maggior numero di persone al mondo che soffrono la fame (194 milioni nel 2015 secondo il rapporto annuale della Fao), questo problema uccide persone ogni giorno ed è evidente nelle strade di tutto il paese. Non sorprende che l’idea di un frigorifero per condividere e offrire del cibo sia ampiamente accettata e ben accolta. Tuttavia, ogni paese e cultura reagisce in maniera diversa. Negli Stati Uniti, ad esempio, le persone sarebbero più preoccupate per le intossicazioni alimentari o per eventuali denunce piuttosto che essere felici di aiutare le persone più bisognose.
Le soluzioni esistono e sono diverse dipendendo da ogni cultura. Ma l’importante è trovarle e fare del nostro meglio per attuarle, come e dove possiamo.
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