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Artigianato e design a Matera nell’edizione 2021 di Fucina madre
Fucina madre è il primo esempio di una regione italiana, la Basilicata, che pone design e artigianato come driver di promozione del territorio. L’expo si svolgerà a Matera dal 7 all’11 luglio.
La formula “artigianato e design” diventa un vero e proprio attrattore turistico, uno strumento chiave per l’Azienda di promozione territoriale (Apt) della Basilicata da promuovere tutto l’anno. Fucina madre propone, infatti, un itinerario godibile alla scoperta di luoghi, persone, manufatti, botteghe, laboratori, spazi di sperimentazione, forme e storie. Un viaggio nel segno della creatività antica e contemporanea e della bellezza diffusa che attraversa la Basilicata intera, borghi e città, per offrire un’esperienza autentica e stimolante, oltre ogni luogo comune.
Una best practice che ha tutte le premesse per diventare un modello ripetibile in altri contesti. Ce ne parla Palmarosa Fuccella, designer della comunicazione – definizione allargata che comprende la grafica, la comunicazione, ma anche il design degli oggetti e dei luoghi, dei sistemi allestitivi e delle interfacce – che ha ideato i progetti di Fucina madre e Basilicata design.
Fucina madre non è solo una mostra, ma ha la funzione di diventare un elemento fortemente attrattivo dal punto di vista turistico ponendo al centro i temi dell’artigianato e del design. Com’è nato questo progetto e qual è la sua filosofia?
Il progetto nasce nel 2017 ed è un’idea su cui lavoravo già da diversi anni. È stata fortunata la coincidenza di un mio contratto di consulenza con l’Apt Basilicata dove fui coinvolta nell’ideazione di progetti innovativi di sviluppo e promozione territoriale. Avevo fatto delle esperienze pilota di straordinaria audacia in periferia come la mostra del 1999 a Palazzo San Gervasio, un paese al confine nord della Basilicata dove c’è una grande collezione d’arte.
Lì c’è stato un mecenate, Camillo d’Errico, che nell’Ottocento ha creato una delle più ricche collezioni d’arte del sud Italia, circa 300 tele del ‘500, ‘600 e ‘700, di autori come Salvator Rosa, Brueghel. A casa sua transitavano personalità influenti e la collezione era nota anche in Europa. Nell’ambito di “palazzo Arte” feci una mostra portando artigianato e design, aprendo luoghi che erano chiusi da tempi immemorabili, come un grande frantoio pieno di detriti o palazzi disabitati e botteghe, facendoli diventare luoghi espositivi.
Da quel momento l’idea si è sviluppata fino a concretizzarsi con Fucina madre. Mi sono inventata questo nome pensando alla creatività al femminile, a questa “mater/materia” che contraddistingue istintivamente per me la creatività, la madre di ogni cosa che mi fa pensare al femminile. Fucina, invece, identifica un luogo di creatività sempre vivo. La Basilicata ha una tradizione che si rifà ai grandi repertori archeologici che rappresentano uno degli elementi più interessanti della nostra cultura materica. Ori, argenti, lavorazioni di pietre preziose. Mi piace l’idea di riprendere questa creatività che porta la memoria del tempo.
Su queste basi Fucina madre è diventata una piattaforma di sviluppo integrata per l’artigianato e il design della Basilicata. La mostra è solo uno degli elementi che la connota e ha tra gli obiettivi quello di creare una rete di artigiani, per farli innanzitutto conoscere tra loro e far sì che artigianato e design possano diventare motivo di attrattività turistica: una ragione in più per venire in Basilicata anche per visitare le botteghe e le produzioni. È stata un’idea pioniera, perché all’epoca c’era davvero poco, come l’esperienza di Italian stories (il sito che offre esperienze di viaggio per scoprire la bellezza dell’artigianato Made in Italy, ndr). Ho sviluppato il progetto e con i finanziamenti regionali trovati dal direttore dell’Apt nel 2018, Mariano Schiavone, abbiamo fatto una prima esperienza: creando il portale e l’expo, dando la possibilità ad artigiani e designer di esporre le loro creazioni, tutti insieme. Un’esperienza che ci ha regalato 15mila visitatori in cinque giorni.
Qual è il format di Fucina madre per dare nuova vita all’artigianato tradizionale e al design contemporaneo?
L’idea è che annualmente, oppure ogni due anni, si ripeta. Riprendiamo quest’anno dopo la sosta per la pandemia e sembra, nelle intenzioni dell’Apt e del suo attuale direttore, Antonio Nicoletti, che crede molto in questo progetto, che si possa dare continuità, anche perché si stanno raccogliendo molti consensi sull’aspetto più “politico” del progetto, sul suo valore sociale e culturale che coinvolge una grande rete di istituzioni e portatori di interesse, dalle strutture territoriali del Mibac alle università, fino alle associazioni di categoria.
Si comprende che questo è un settore dove davvero l’identità dei luoghi emerge e questo si collega anche al fatto che chiunque venga in Basilicata ha voglia di portare con sé un oggetto significativo che non sia il fischietto ripetitivo fatto in Cina e decorato in Italia, ma che sia frutto di un progetto e di un’idealità diversa. Per il G20 che si terrà a Matera a fine giugno, nell’ambito di Fucina madre siamo riusciti a far produrre un oggetto da regalare alle delegazioni dei vari paesi. È stato fatto un contest e sono stati scelti tre oggetti molto belli e in Fucina madre ci sarà la mostra di tutti i cadeau istituzionali che sono stati progettati per l’occasione, per aprire la porta all’art shop e al merchandising, ancora lettera morta nonostante la nostra sia una regione piena di musei soprattutto archeologici, ma non solo, molto visitati.
Cosa viene esposto in Fucina madre?
Le lavorazioni sono tutte presenti: abbiamo artigiani, designer e maker che lavorano dal legno alla cartapesta, dal ferro alla ceramica, dall’oro ai preziosi, come Manuela Telesca che ha creato anche gioielli ispirati alla cultura dell’antica Lucania; dalla pietra che ha una tradizione specifica e che, cosa rara, è lavorata anche da donne, ai tessuti e ai ricami, di cui c’è una tradizione antica. Ci sono anche le esperienze miste di integrazione tra i vari materiali, come ad esempio la terracotta con il tessuto o il vetro, come nel caso di Margherita Albanese che lavora nel cuore dei Sassi di Matera.
Nel campo della tessitura abbiamo una delle tradizioni più interessanti: la lavorazione dei tessuti realizzati con la fibra di ginestra nei paesi di origine Arbëreshe del Pollino (oggi cinque comuni in provincia di Potenza – Barile, Maschito, Ginestra, San Costantino Albanese e San Paolo Albanese – dove tra il XV e il XVI secolo si insediarono stabilmente comunità albanesi, ndr). Purtroppo, non c’è più nessuno che produce questi tessuti dai colori vivacissimi, perché richiedono un lungo processo di lavorazione, però ne esiste testimonianza viva nel Museo Arbëreshe a San Paolo Albanese.
Annangela Lovallo, invece, è una delle ricamatrici che ha mantenuto viva la tradizione di famiglia, che ha allestito un museo del costume aviglianese e fa dei medaglioni ricamati che sono delle straordinarie miniature di paesaggi. La metà dei 62 artigiani e dei giovani designer/maker che esporranno a Fucina madre è rappresentata da donne.
Ci parli del progetto Basilicata design.
Basilicata design è un progetto integrato di valorizzazione e promozione del design e dell’artigianato che coinvolge il sistema creativo e produttivo della Basilicata e i designer lucani che lavorano in Italia e nel mondo. È un progetto che ho ideato più o meno negli stessi anni di Fucina madre che nasce all’interno di Basilicata culture, un’associazione no profit di cui sono presidente che lavora per favorire la costituzione di nuove imprese di giovani nel settore della creatività e della valorizzazione dei beni culturali. Nel 2018 si è costituita una prima cooperativa che abbiamo finanziato per l’avvio delle attività, li abbiamo coadiuvati nella costruzione di un progetto finanziato dalla Regione Basilicata che ha dato vita al Mulabo, Museo laboratorio delle arti e del paesaggio.
Il museo nasce nel complesso architettonico di Santa Maria degli Angeli, chiuso da secoli. Lo abbiamo riaperto creando un museo multimediale, con all’interno spazi per co-working e una biblioteca, valorizzando anche il percorso esterno che va da questo complesso che è extra-moenia rispetto al borgo medioevale di Brienza dove stiamo mettendo a punto l’idea divertente anche di un parco tematico con grandi “mostri” ispirati alle marmitte dei giganti che ci sono lì lungo i corsi d’acqua. Struttureremo tre giganti in land-art per poi fare ogni anno un’iniziativa per costruire dei nuovi giganti.
Basilicata design vuol essere un luogo di confronto soprattutto tra artigiani e designer molto attivi che hanno voglia di costruire progetti insieme. Stiamo cercando, cioè, di creare una modalità di lavoro in cooperazione. Tra gli obiettivi futuri c’è quello di strutturare sulla piattaforma una sezione di e-commerce scegliendo degli oggetti iconici e significativi. E siamo in network con altre sei design week italiane – Udine, Venezia, Varese, Firenze, Ancona e Palermo – con cui stiamo mettendo a punto progetti condivisi per promuovere nel paese la cultura del design.
Quali altri progetti ha nel cassetto?
Stiamo lavorando al portale di Fucina madre che diventerà un luogo dove si potrà conoscere tutte le realtà che operano sul territorio e che sono aperte alla visita, ma anche alla realizzazione di laboratori in situ con la possibilità per gli utenti di prenotarsi direttamente non solo per una visita speciale, ma anche per poter usufruire di laboratori personalizzati se si ha voglia di fare un percorso di conoscenza dedicato. Dopo aver censito tutte le realtà presenti, da metà giugno il portale sarà online sul sito di basilicataturistica.it.
In più incontriamo i tour operator, iniziando da quelli del territorio e da Italian stories, la startup che mette a valore l’esperienza degli artigiani italiani soprattutto in chiave turistica. È un po’ quello che accade in agricoltura con la fattoria multifunzionale (con agricoltura multifunzionale s’intende quell’agricoltura che oltre ad assolvere la propria funzione primaria, ovvero la produzione di beni alimentari, è in grado di fornire servizi secondari, utili alla collettività, ndr). Oggi anche la bottega artigiana si deve ripensare, perché in questa nuova visione può avere dei benefici.
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