Qual è il futuro della convivenza tra la montagna e le piste da sci?

Cambiamenti climatici e impatto sull’habitat impongono di ripensare la vita in montagna. E il turismo, che resta un grande volano economico.

  • Una pista da sci su tre in Italia si sovrappone con habitat naturali di specie d’alta quota, e col passare degli anni gli impianti andranno sempre più in alto a caccia di neve fresca.
  • Intanto la Giornata internazionale della montagna di quest’anno era incentrata sulle soluzioni per un futuro più sostenibile, tra innovazione e adattamento.
  • Il caso Terminillo e la necessità di ripensare al modo di vivere la montagna, e di farla convivere con il turismo.

Negli stessi giorni in cui si celebra la Giornata internazionale della montagna, istituita dalle Nazioni Unite l’11 dicembre 2003 per sensibilizzare sull’importanza degli ecosistemi montani e sulle sfide che affrontano a causa della crisi climatica e dello sviluppo insostenibile, in tutta Italia stanno riaprendo, dove non hanno già riaperto nelle settimane precedenti, gli impianti sciistici per la stagione invernali. Facendo così ripartire il dibattito sulla sostenibilità delle strutture, a maggiore ragione nell’anno che si avvia a essere il più caldo di sempre, e in cui il tema scelto per la Giornata della internazionale della Montagna è sintomaticamente “soluzioni per la montagna per un futuro sostenibile: innovazione, adattamento e giovani”. Un titolo che rappresenta l’occasione per riflettere sul rapporto tra sviluppo turistico e conservazione ambientale, una questione particolarmente rilevante per le montagne italiane e non solo.

I rifugi climatici della montagna sotto assedio

Uno studio pubblicato su Biological Conservation dalla Lipu, la Lega italiana per la protezione degli uccelli, e Università degli Studi di Milano proprio in questi giorni mette in luce come le stazioni sciistiche, per esempio, minaccino i rifugi climatici delle Alpi, aree cruciali per la sopravvivenza delle specie d’alta quota: attualmente, una pista da sci su tre si sovrappone a questi habitat fondamentali. Ma con i cambiamenti climatici che incombono e in alcuni cose già irrompono, le piste saranno costrette a salire sempre più di quota in cerca di neve fresca, arrivando a minacciare fino al 72 per cento dei rifugi climatici entro il 2070.

Le specie più minacciate includono il fringuello alpino e la pernice bianca, due uccelli altamente adattati agli ambienti di alta montagna e già in declino a causa della perdita di habitat: questi rifugi climatici sono aree cruciali non solo per la biodiversità, ma anche per la stabilità ecologica delle Alpi. Secondo Claudio Celada, direttore Conservazione della Lipu, “le montagne stanno sperimentando un tasso di riscaldamento climatico superiore alla media globale e fli sport invernali, praticati in ecosistemi fragili, rischiano di compromettere habitat cruciali per la biodiversità e per la funzionalità degli ecosistemi montani”.

Secondo il rapporto, già oggi circa il 57 per cento della superficie dei rifugi climatici è idoneo alla costruzione di piste, ma la percentuale salirà al 69-72 per cento tra il 2041 e il 2070. E anche se lo studio si concentra sulle Alpi, il problema ma si estende anche ad altre catene montuose europee, dove gli ecosistemi d’alta quota sono sottoposti a pressioni analoghe, e a maggior ragione sulla nostra catena appenninica, dove la neve scarseggia ogni anno un po’ di più, come vedremo più sotto.

Naturalmente, la questione della fragilità della montagna non si ferma alla fauna che la popola, ma al terreno stesso: disboscamento, riscaldamento eccessivo e incuria hanno rappresentato infatti, negli ultimi anni, un mix spesso fatale che ha aumentato il rischio di dissesto idrogeologico e frane, con pericoli costanti per gli escursionisti ma anche a valle: Ispra calcola che due terzi delle 900mila frane censite in tutta Europa, siano avvenute sul suolo italiano. Crescono, da parte delle associazioni ambientaliste, le richieste di un adattamento appunto, come da titolo della giornata internazionale della montagna di quest’anno, anche da parte del turismo: meno sci, con tutto il suo carico di strutture pesanti e versanti di montagna spianati, più attività dolci e lente, anche con gli stessi sci ai piedi (scialpinismo, fondo) e magari anche estive, così da far vivere la montagna tutto l’anno, e non solo nei mesi innevati.

Il caso Terminillo: una questione nazionale

In Italia, il dibattito sulle piste da sci trova un esempio concreto e attualissimo nel progetto Terminillo Stazione Montana 2 (TSM2). Questa proposta mira a rilanciare il turismo nella zona appenninica del Lazio, ma è stato oggetto di forti critiche da parte delle associazioni ambientaliste, che dopo una lunga battaglia fatta anche di diverse modifiche al piano originario si sono viste respingere il ricorso dal Consiglio di Stato.

Il Terminillo è un’area di straordinaria biodiversità, classificata come Zona di protezione speciale (Zps). Il progetto prevede il recupero di alcune strutture dismesse e l’ampliamento delle piste esistenti, per esempio “lo scavalco” che ricongiungerà le piste del versante reatino con quelle del comune di Leonessa, creando un unico comprensorio ma, secondo le associazioni, rischiando di frammentare ulteriormente gli habitat naturali. Tra le specie minacciate nella zona, in questo caso, secondo le associazioni ci sono il lupo appenninico e l’aquila reale. Wwf, Italia Nostra, Cai, parlano di un piano che “rappresenta una visione antiquata dello sviluppo turistico”.

E sottolineano che  l’innevamento artificiale, necessario a causa delle temperature sempre più alte e del fatto che gli impianti si trovano tutti sotto i 1900 metri di altitudine, comporterebbe un elevato consumo idrico ed energetico, aggravando ulteriormente l’impatto ambientale. Inoltre le associazioni denunciano che il progetto non tiene conto dei cambiamenti climatici e delle necessità di conservazione. “Il Terminillo è una risorsa preziosa per la biodiversità del nostro Appennino”, spiega Alessandro Agnoletti, rappresentante del Cai. “Sviluppi come il TSM2 sono incompatibili con la tutela degli habitat”.

Le posizioni favorevoli al progetto

Non tutti, a dire il verso, sono d’accordo, perché il progetto ha anche sostenitori proprio tra gli ambientalisti. Legambiente Rieti, ad esempio, evidenzia come il Tsm2 non sia solo un’iniziativa dal potenziale impatto per l’economia del territorio, ma un piano per valorizzare la montagna tutto l’anno. Gabriele Zanin, rappresentante dell’associazione, spiega: “Avevamo i nostri dubbi, ma abbiamo incontrato i progettisti e verifcato che è stato adottato il principio della montagna vissuta per tutto l’anno, con un occhio di riguardo per il recupero delle aree già antropizzate”. Riguardo alle critiche, Zanin rassicura: “Molte strutture dismesse saranno recuperate e non ci saranno significative interferenze con habitat chiave come quello dell’orso, il cui areale, proprio come risulta anche dalle carte della Zps, si trova su montagne limitrofe ma non sul Terminillo, che al massimo è zona di sconfinamento”. E ci saranno, assicura Legambiente, anche progetti estivi, come nuovi trekking e percorsi di bike downhill.

Parole che tranquillizzano, salvo poi ascoltare quelle del presidente di Asm Rieti (l’agenzia comunale che si occupa di ambiente, salute e mobilità), Vincenzo Regnini che in una intervista Rieti in vetrina, nell’annunciare l’avvio della nuova stagione sciistica, ipotizza nell’ambito del Tsm2 la realizzazione di una pista artificiale “su cui sciare per tutto l’anno, come a Dubai”.

Un futuro sostenibile per le montagne

Il caso del Terminillo riflette una problematica globale: come conciliare lo sviluppo economico con la tutela degli ecosistemi montani? Zanin di Legambiente ricorda, a ragione, come “le case del reatino” in particolare le seconde case, “ormai si vendono a due lire, ogni nuova iniziativa viene vista con favore” e tra queste ovviamente anche il Tsm2. Il comune di Rieti (uno dei cinque, ma non il solo, su cui insisterà il nascente comprensorio) parla di una ricaduta di 120 milioni di euro l’anno per il territorio.

Ma è il tema della Giornata internazionale della Montagna 2024 a offrire una risposta possibile, enfatizzando innovazione e adattamento come chiavi per un futuro sostenibile. “Il cambiamento climatico aumenta la pressione delle attività umane sulle specie d’alta quota”, avverte Mattia Brambilla, professore associato di Ecologia presso l’Università di Milano. “Considerare questi aspetti è essenziale per uno sviluppo davvero sostenibile”. Le montagne, che coprono il 27 per cento della superficie terrestre e ospitano il 15 per cento della popolazione mondiale, garantiscono risorse vitali come acqua e cibo. E le aree montane devono diventare esempi di come il turismo possa evolversi verso un modello più responsabile, capace di proteggere tanto l’ambiente quanto le comunità che ne dipendono.

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